Brexit, il momento è giunto

Pubblicato il 18 Giu 2016

Il momento è giunto. Questa settimana la Gran Bretagna voterà se restare o lasciare l’Unione Europea. Si tratta di un referendum storico, un referendum che peserà molto sulla storia del Vecchio Continente e del suo processo di unificazione, un referendum che peserà sul sogno europeo con il quale la generazione degli adulti di oggi è cresciuta e che rischia di svanire lasciando un vuoto non solo strutturale ma anche ideale.

L’esito del referendum britannico avrà conseguenze forti sulla percezione che gli europei hanno dell’Europa, oltre che, naturalmente, sull’economia, sulla società, sulle relazioni e su come l’Europa si disegnerà dal 24 giugno in poi. Avrà conseguenze che si riverbereranno in tutto il globo e a tutti i livelli, qui su Startupbusiness abbiamo già parlato del rischio ‘brexit’ in questo articolo, ma ora ci si avvicina al momento ed è importante ribadire che l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea è tutto fuorché una buona cosa.

La nostra ‘sister magazine’ EconomyUp in questi giorni sta pubblicando una serie di articoli, di commenti, di interviste, di analisi sotto l’hashtag #startupnobrexit in cui si mettono in luce tutti i rischi che anche l’ecosistema europeo delle startup dovrebbe affrontare nel caso Albione abbandonasse. Rischi di mercato, rischi legati al flusso degli investimenti, rischi derivanti dalla capacità di trovare persone con le giuste competenze. In un ulteriore tentativo di scongiurare la brexit un gruppo di startup digitali europee ha anche lanciato la proposta del mercato unico delle startup, un tentativo apprezzabile anche se il mercato unico europeo dovrebbe valere per tutti e non solo per le startup .

La debolezza del sogno europeo è proprio li: si è costruita l’Europa della finanza, l’Europa della burocrazia, l’Europa dei vari livelli di integrazione a scelta dei singoli Paesi (Shengen, euro …), ma ancora non si ha la sensazione di vivere in un territorio che ha regole omogenee e che consenta ai cittadini europei di sentirsi a casa ovunque: all’abbattimento delle tariffe roaming per i cellulari ci stiamo arrivando solo ora e con fatica, le condizioni per comprare beni e servizi sono ancora troppo diverse tra i vari Paesi, i sistemi legislativi, i sistemi fiscali, i sistemi sanitari, i sistemi scolastici, sono ancora profondamente diversi e questo, se in alcuni casi può essere anche considerato un vantaggio perché crea competizione, certo non va nella direzione del ‘single market’ che sia per startup, che sia per tutti (e non solo per impedire lo sbiancamento dei calamari) .

Nel frattempo arriva la nuova classifica delle startup city europee fatta da EU-startup  e al primo posto, nemmeno a dirlo, sta Londra seguita da Berlino, Parigi, Amsterdam, Barcellona e poi ci sono Madrid, Stoccolma, Dublino, Copenaghen, il decimo posto è occupato da Milano che conferma la sua posizione anche rispetto al 2015, ci sono poi Helsinki, Monaco di Baviera, Lisbona, Varsavia, Zurigo. Come spiegano gli stessi autori dell’analisi si tratta di una classifica che non è certo definitiva né esaustiva, che impiega parametri definiti e che tiene conto del ruolo internazionale delle singole città. Tra le novità dell’edizione 2016 c’è il sorpasso di Berlino su Parigi al secondo posto, l’avvicinamento tra le due città spagnole, ma con Barcellona che mantiene un posto di vantaggio. Stoccolma ha superato Dublino (anche a causa del fatto che il WebSummit si è trasferito a Lisbona), il salto in avanti di Helsinki dal 13esimo all’11esimo posto grazie soprattutto a ruolo di eventi come Slush e Arctic15 e l’accelerazione di Varsavia che superato Zurigo. La classifica, benché non esaustiva, è però un interessante indicatore – come affermano gli stessi curatori – delle tendenze che si registrano in Europa. La ricerca è stata condotta negli anni 2011 e 2012, sospesa nel 2013 e nel 2014 e ripresa nel 2015, questa è quindi la quarta edizione e Milano, unica città italiana tra le prime 15, rivestiva la 11esima posizione nelle prime due edizioni e la 10 nelle ultime due, un buon segnale.

E Londra? Sempre prima, saldamente, inossidabilmente, largamente prima nelle classifiche di EU-startup, ma se dovesse esserci la brexit perderebbe il primato che verrebbe conquistato da Berlino che sempre di più inizierebbe a piacere anche alle startup italiane. E benché Berlino si prepari all’eventualità di divenire la nuova capitale continentale delle imprese innovative, come riporta la bella analisi fatta da Politico, la Germania si mostra decisamente anti-brexit sia per motivi economici ma anche per motivi politici derivante dal riequilibrio dei pesi all’interno della Ue qualora i britannici dovessero sciaguratamente abbandonare: Bbc  e Financial Times, lo spiegano bene.

Emil Abirascid

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