Cagliari, ecco dove si fa l'innovazione

Pubblicato il 05 Mar 2014

Ecosistemi, startup, incubatori, acceleratori, investitori, imprese, territorio. Tutti termini che chi fa imprese innovative e chi le sostiene a vario titolo conosce bene, ma sono termini che trovano un senso compiuto solo se sono tra loro collegati, o meglio tessuti in modo da ottenere risultati che sono esponenzialmente maggiori rispetto alla semplice somma dei fattori. In sintesi per creare un ecosistema efficiente è importante mettere insieme tutti gli attori ma soprattutto è importante che vi sia una comune tensione verso la reale creazione del valore, di imprese, di ricadute sul territorio, di posti di lavoro.

Questa alchimia non è facile da ottenere perché si ha solo se ci sono persone che ne hanno compreso l’importanza e agiscono affinché si generi. Si sa che nel mondo di ecosistemi efficienti ce ne sono: Silicon Valley, Israele, Singapore i più noti ma anche in Italia esistono dei luoghi che stanno facendo molto bene e che si concentrano in modo totale sulla creazione del valore ponendosi nello scenario competitivo globale.

Uno di questi luoghi è Cagliari e la Sardegna. Storicamente Cagliari ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo e nell’adozione di internet e del digitale in Italia, è stata la città di Video On Line e di Tiscali, è la città del primo quotidiano italiano a sbarcare sul web, è la città che non si è mai posta ai margini delle dinamiche dell’innovazione nonostante le difficoltà logistiche date dall’essere su un’isola non sempre servita a dovere dal sistema dei trasporti.

Questo tessuto che è prima culturale che economico è oggi più vivo che mai, è in pieno fermento ed è carico di promesse. Ci sono alcuni perni, o meglio pilastri, che sostengono questo fermento e che agiscono come contrafforti dell’ecosistema. Questi sono l’incubatore The Net Value costruito, impostato, guidato da Mario Mariani, sono Open Campus, lo spazio di co-working all’interno della sede di Tiscali il cui deux ex-machina è Alice Soru, l’iniziativa Contamination Lab che ha concluso la sua prima edizione con un evento che ha premiato i migliori progetti allevati dalla sapienza di Augusto Coppola in seno all’Università di Cagliari che nella persona della professoressa Maria Chiara Di Guardo ha mostrato forte attenzione verso la creazione d’impresa e ha portato all’evento finale organizzato presso la Mediateca del Mediterraneo progetti interessanti e ben costruiti con alcuni che sono di certo promettenti come il vincitore Zhips che ha inventato le zucchine fritte da vendere come fossero patatine e che ha trovato un accordo con un produttore per realizzare il prodotto che, grazie a un altro accordo, è già in vendita presso un supermercato della città. Gli altri in gara: SnuPlace, Tyshare, LetsDoEat, MyGrace e Selfound hanno proposto idee che forse in qualche caso vanno un po’ raffinate ma sono tutte promettenti e fatte da team che hanno mostrato di sapere il fatto loro.

E il punto è proprio in queste idee, abbiamo visto quali sono in contrafforti dell’ecosistema, che trova la sua sintesi nel progetto Startup Cagliari che oltre a quelli citati trova il supporto di tantissimi altri partner come Sardegna Ricerche, il Banco di Sardegna, le amministrazioni locali, il Crs4, che però non funziona se tali contrafforti non sostengono l’edificio fatto dai reali contenuti che sono appunto i progetti innovativi. Ed è qui che si mostra in modo deciso la forza e la capacità di creare ecosistema: se Daniele Calabrese decide di installare a The Net Value un team di 15 persone della sua Soundtracker che è nata negli Usa, se il team di MarinaNow, una sorta di AirBnb per i posti barca, ha la sede nell’incubatore di Mario Mariani con il suo team internazionale, se anche l’imprenditrice Sardo-spagnola Antonella Arca occupa uno spazio nell’incubatore le cui finestre si affacciano sul centro e sul porto di Cagliari, significa che la capacità di attrazione è forte. Se poi ci si sposta a Open Campus e si incontrano startup come AorB, Nordai, Paraimpu che stanno sviluppando progetti che vanno da applicazioni divertenti per i sondaggi, alla domotica per tutti passando per sistemi per la gestione del territorio, e che lavorano accanto a professionisti, ad aziende già più consolidate e a startup lanciatissime come è il caso di Jusp (che recentemente ha portato a casa una serie di successi come la presentazione della nuova versione dell’app insieme a Nokia al Mobile World Congress di Barcellona, l’espansione internazionale con particolare attenzione ad Australia, Sudamerica ed Est Europa e l’accordo con un gruppo assicurativo europeo per il pagamento delle polizze) il senso di solidità di un ecosistema che funziona accresce. Open Campus non è però un semplice co-working space ma è anche un generatore di business come spiegano quasi in coro Alice Soru e Stefano Casu che sono le anime del progetto: “il fatto di stare nella pancia di una grande azienda come Tiscali è certamente un elemento che aiuta l’avvicinamento tra le nuove imprese e il mondo industriale ma va sottolineato che è già successo che realtà esterne siano venute da noi a chiedere competenze, supporto, tecnologie servizi e per rispondere a queste richieste e avviare questi business abbiamo messo in comune le competenze delle diverse startup, aziende e professionisti che abitano a Open Campus”. Insomma il co-working che diventa una sorta di ‘rete d’imprese’, di ‘centro di competenza’ capace di mixare le diverse professionalità per rispondere a specifiche richieste che giungono dal mercato.

Uno dei grandi problemi che ha sempre afflitto i centri di ricerca e i laboratori è stato quello della mancanza dello sviluppo dell’indotto, quindi di imprese capaci di fare leva sui risultati delle ricerche e sulle competenze dei ricercatori per realizzare prodotti e servizi, questo fenomeno si è particolarmente sentito in passato soprattutto per i centri di ricerca e i laboratori decentrati ma l’esempio di Open Campus mostra come questo gap può essere superato e offre un altro segnale importante di come l’ecosistema funziona solo se si crea vero valore, se ci si concentra sulla realizzazione delle imprese, se si coltivano i talenti senza lasciare spazio alle chiacchiere e alla retorica.

Torneremo a scrivere delle startup che stanno a Cagliari (anche di quelle non citate in questo articolo), di Soundtracker abbiamo raccontato di recente, e torneremo a scrivere delle attività dei contrafforti che sostengono l’ecosistema (il prossimo mese di maggio ci sarà lo StartupWeekend Cagliari ospitato proprio da Open Campus), ma intanto è importante aggiungere qualche riflessione: Cagliari è certamente punto di concentrazione dell’innovazione in Sardegna sia per, come detto, ragioni storiche sia per le cose che si stanno costruendo oggi, ma è anche bandiera per tutto ciò che avviene anche in altre località dell’isola e che sempre più va valorizzato e integrato nell’ecosistema che sta dimostrando di funzionare così bene e poi il nuovo governo regionale guidato dal neo eletto Francesco Pigliaru ha già in programma azioni di sostegno all’innovazione, ma forse servirebbe anche qualcosa di più, servirebbe per esempio considerare l’ipotesi di fare della Sardegna un territorio ancora più fertile attuando azioni coraggiose che, giustificate dai limiti territoriali (il concetto di continuità territoriale è ormai di fatto obsoleto e inefficace) potrebbero tradursi in una politica di agevolazione fiscale che, se non proprio di vera e propria ‘zona franca’ almeno un po’ ci si avvicini anche se limitatamente alle imprese che fanno innovazione. In tal modo si darebbe ulteriore benzina a un motore che già marcia a regime e una grande spinta al processo di rinnovamento dell’economia sarda che per parte sua ha già mostrato di essere capace di tradurre le buone idee in imprese, di allevare e creare opportunità per chi ha voglia e talento e di attrarre persone e aziende anche da fuori, non solo dall’Italia continentale ma anche dall’estero.

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