I nativi digitali non esistono: come crearli e far vincere il Paese

Pubblicato il 19 Dic 2013

Si dice che molto debba esser fatto dal punto di vista infrastrutturale per ridurre il digital divide e migliorare la connettività del Paese. Poco invece si parla, e male, di quella rete invisibile di competenze, necessità e informazioni essenziali a ogni cittadino per poter essere al passo con i tempi in un’epoca di trasformazioni intense e rivoluzioni invisibili.

Eurostat segnala in Italia livelli di competenze digitali tra i più bassi d’Europa: quasi il 40% della popolazione non ha mai usato un computer, meno del 50% possiede le abilità di base nell'utilizzo degli applicativi d'ufficio. E in particolare gli studenti, il nostro capitale umano più prezioso, sono a rischio secondo un'indagine dell’Università Bicocca di Milano: possiedono strumenti e dispositivi di ultima generazione ma non hanno la minima idea di come funzionino o di cosa ci sia dietro, sia in termini informatici sia a livello di business. Insomma, pare proprio che i «nativi digitali» non esistano, ma che possano senza dubbio essere formati.

Per questo motivo nel 2011 ho lanciato GSE, un progetto no-profit per la divulgazione tecnologica. Si tratta di eventi di due ore, tenuti direttamente nelle scuole superiori, per parlare ai ragazzi di innovazione e consapevolezza ambientale. Qualche numero e risultato, rapidamente: in poco più di due anni, un team di due persone con fondi zero ha raggiunto otto scuole, oltre tremila studenti, ricevendo oltre 150 commenti in feedback scritto positivo; l’ idea è risultata la più votata della Consultazione Pubblica per l’Agenda Digitale del 2011, sezione Smart Cities e Smart Communities.

Il progetto è stato menzionato personalmente da Arianna Huffington su HuffPost USA nel suo coverage della Global Shapers Community del World Economic Forum, di cui sono uno dei più giovani rappresentanti in Italia e in Europa; tra i finalisti del GJC 2012, concorso internazionale sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e del Ministero degli Affari Esteri. È stato presentato al VEGA, all’iSchool Event di Roma, al Digital Experience Festival di Torino e al Parlamento Europeo a Bruxelles. È palese che GSE non sia altro che una goccia nell’oceano delle iniziative volte a stimolare la popolazione scolastica italiana.

Un po’ come per le start-up, progetti come questo necessitano di una struttura di supporto di natura logistica, burocratica ed economica per raggiungere la scalabilità nazionale: il ritorno a fronte di un investimento contenuto sarebbe non soltanto nell’ottica di una forte corporate social responsability, ma darebbe ai partner un vantaggio competitivo nei confronti di uno specifico segmento di mercato, anche dal punto di vista del brand: entrare direttamente nelle scuole (valore aggiunto enorme, vista l’impossibilità legale di fare pubblicità a servizi e prodotti all’interno degli edifici scolastici) promuovendo un’iniziativa come ha come primo obiettivo rendere i ragazzi consapevoli, formati ed informati in relazione non solo alle sfide del presente, ma anche – e soprattutto – a quelle del futuro.

Andrea Latino è fondatore del Progetto GSE

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