Incontri di menti e di cuori: cosa apprendere dalle botteghe rinascimentali

Pubblicato il 30 Giu 2016

Volontà e capacità di subordinare la prestazione individuale al disegno del gioco di squadra e la passione per ciò che si fa al posto dell’arroccarsi in modo possessivo al ruolo ricoperto sono due valori fondamentali da introiettare per riuscire a traghettare alla riva dell’imprenditorialità le proprie idee che hanno preso forma nella sponda dell’istruzione.

Stiamo attraversando gli anni in cui il suo spirito vive una stagione di fioritura delle iniziative pubbliche e private volta a favorire l’incubazione, la nascita e lo sviluppo di imprese nei più vari campi dell’attività umana. Nel contempo, letteratura scientifica e narrativa sul tema dell’imprenditorialità vivono anch’esse una stagione ricca di suggestioni. Per dare vigore al movimento, in numero crescente scienziati, scrittori, opinionisti, organizzatori di eventi e imprenditori si propongono di arricchire il loro bagaglio di conoscenza diversificandolo. Malgrado la vastità della conoscenza, seppur in qualche misura padroneggiabile grazie all’accesso alla società dell’informazione, il loro proposito è di acquisire esperienza in differenti aree disciplinari fino al punto di proporsi come esperti poliedrici. La figura di riferimento è il polymath che assurse nell’età rinascimentale al rango di personalità molto versatili, geni in una grande varietà di campi.

NextSpace in California e Campus – lo spazio che a Londra Google ha messo a disposizione dei “Googlers” intenzionati a creare imprese – ci riportano al cuore rinascimentale di Firenze il cui battito segnava il tempo della vita attiva, dall’arte e dalla scienza all’imprenditorialità.

bottega rinascimentale
Era quello il tempo delle botteghe rinascimentali, comunità di creatività e innovazione dove s’intrecciavano sogni, passioni e progetti di persone interdipendenti. Nella bottega convivevano apprendisti, maestranze salariate, ingegneri, artisti in erba e artisti ospiti – un’orchestra il cui direttore era l’artista di fama che aveva il nome di maestro. Da lui dipendeva la “qualità stilistica” del complesso dei partecipanti. Tra le più note botteghe rinascimentali, c’era quella del fiorentino Andrea del Verrocchio (1435-1488) – scultore, pittore e orafo. È nella sua bottega che si formarono dando libero sfogo al loro talento personaggi eclettici come Leonardo (1452-1519) e artisti del calibro di Botticelli (1445-1510), Perugino (c. 1446/1450 -1523) e il Ghirlandaio (1449-1494).

Dalle botteghe del Rinascimento cosa possono apprendere quanti sono desiderosi di creare ambienti di lavoro che siano innovativi e collaborativi e coloro che si trovano già alla guida di infrastrutture dell’economia della conoscenza quali gli incubatori d’impresa e i Fab Lab (laboratori di fabbricazione) per la progettazione e la produzione in forma digitale? Ideazione, dialogo e convergenza tra arte e scienza sono tre punti d’eccellenza delle botteghe rinascimentali. Da una loro rivisitazione i laboratori innovativi e collaborativi di oggi possono trarre spunti preziosi per proporsi come laboratori rinascimentali 2.0.

L’ideazione

Le botteghe rinascimentali non erano solo un terreno fertile di idee nuove. Esse si caratterizzavano soprattutto come un campo d’ideazione, nel senso che le idee si muovevano per raggiungere il traguardo dell’imprenditorialità. È come se quell’ambiente fosse dotato di una forgia per rendere le idee tanto incandescenti fino a trasformarle in imprese. Al pari delle botteghe rinascimentali, è dunque necessario che l’ambiente innovativo di oggi disponga di una fucina ideale che riscaldi intuizioni, spunti e rappresentazioni mentali per poi sottoporle al processo d’imprenditorialità. È così che nelle botteghe rinascimentali si forgiarono imprese innovative nell’arte, nella cultura, nella scienza e nei loro punti d’intersezione.

Il dialogo

In un ambiente collaborativo, la partecipazione si prepara con il lievito del dialogo. Nelle botteghe rinascimentali la comunicazione tra persone non separate da alte barriere di specializzazione avveniva con costanza e fluidità. La conversazione era un cum-versare, un girare o danzare insieme che facilitava la comprensione reciproca e permetteva di ridurre gli errori.

Il dialogo nelle botteghe rinascimentali consentiva anche lo scontro e il confronto tra visioni opposte. Il conflitto rimuoveva confini cognitivi, mettendo così in discussione verità date prima per scontate. Le parti in conflitto erano consapevoli delle rispettive differenze di prospettiva e si sforzavano di espandere la comprensione gli uni degli altri dovendo raggiungere un obiettivo comune. Insomma, le botteghe rinascimentali sono la prova di quanto per raggiungere il successo si debba attingere alle fonti delle idee opposte e delle opinioni controverse.

Convergenza tra arte e scienza

Come ci ricorda l’uomo vitruviano, la natura e il modo di rappresentarla fu nel Rinascimento il terreno di convergenza tra l’arte e la scienza. Proprio questo è il concerto che ha visto come protagonisti gli ideatori del Rinascimento cinquecentesco. Nelle botteghe rinascimentali erano gli artisti affermati a insegnare ai nuovi. Oggi vorremmo vedere nei laboratori la presenza di imprenditori innovativi che percorrono originali sentieri d’educazione per gli imprenditori futuri. Sostenuto dalla digitalizzazione per rendere disponibile online e nella ‘nuvola’ le risorse, un ambiente di apprendimento che prepara la mente alla comprensione di ignoranza creativa dischiude l’età dell’imprenditorialità creativa all’intersezione tra arte e scienza.

Per un verso Leonardo e Filippo Brunelleschi (1377–1446), la cui famosa cupola del Duomo di Firenze è il risultato della fusione tra arte, scienza e design, per un altro, Isabella d’Este (1474-1539), una figura prominente del rinascimento italiano sulla quale torneremo tra poco, personaggi di tale caratura contribuirono a segnare le botteghe rinascimentali con l’impronta dell’arte accoppiata alla scienza. Proprio il canone rinascimentale dell’arte e della scienza a braccetto è la terza lezione che i laboratori innovativi e collaborativi sono chiamati a far propria.

Contributor: Piero Formica – vedi anche il suo video sull’ignoranza creativa

Il professor Piero Formica, fondatore dell’International Entrepreneurship Academy, è Senior Research Fellow dell’International Value Institute presso la National University of Ireland (Maynooth, Dublin) e dirige un laboratorio di sperimentazione di startup innovative presso il centro di imprenditorialità della stessa università. È anche professore presso l’ISTEC di Parigi e le Università di Tartu in Estonia e di Tehran in Iran. È “Erudite Scholar” dell’Università di Calicut in India.
Nel 2014, è stato nominato membro del comitato scientifico di SCENT-School of Entrepreneurship presso l’Università degli Studi di Padova in Italia.

Piero Formica è anche Paul Harris Fellow, membro dell’Editorial Board delle riviste scientifiche Industry & Higher Education, International Journal of the Knowledge Economy e South Asian Journal of Management. Collabora con quotidiani italiani e stranieri.

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