Silk Biomaterials: opportunità e sfide con 7 milioni in cassa

Pubblicato il 22 Apr 2016

La notizia è quella dell’investimento da sette milioni di euro da parte del fondo Principia III – Health nella startup Silk Biomaterials.

Cosa però significa questo investimento, il più importante in termini di ammontare registrato fino a qui in questo 2016 per una startup italiana, lo racconta a Startupbusiness Gabriele Grecchi, Ceo e co fondatore di Silk Biomaterials .

Prima di entrare nel dettaglio dello scenario e di come questo investimento si traduce per la startup in nuova crescita e sviluppo, è opportuno vedere ciò che Silk Biomaterials fa:

“l’aspetto interessante del progetto di Silk Biomaterials – spiega Grecchi –  è la versatilità della tecnologia che il team di ricerca sta sviluppando. In estrema sintesi, la seta è una proteina di origine completamente biologica, in quanto prodotta dai bachi da seta, la cui lavorazione, secondo alcune tecniche adottate dalla startup, consente di creare delle protesi impiantabili che stimolano la rigenerazione cellulare di tessuti propri dell’organismo ospite”. In pratica ciò consente di sviluppare medicina rigenerativa senza la complicazione di utilizzare farmaci o altri fattori estranei. Come se fosse un linguaggio di programmazione, questa tecnologia consente di creare diverse applicazioni per diversi bisogni clinici (da bypass vascolari a sistemi di rilascio controllato di farmaci), aumentando la possibilità di arricchire la valorizzazione della startup nel momento in cui riuscisse a raggiungere le importanti milestone cliniche (le quali aprirebbero le porte a possibili exit). Una piattaforma tecnologica pura.

grecchi
“Il risultato di questo closing da sette milioni di euro è legato innanzitutto all’impegno del team di Silk Biomaterials e dei business angel che ci hanno supportato nelle prime fasi. Il nostro percorso è stato per certi versi da manuale: avevamo una tecnologia in mano molto promettente, ma un mercato di riferimento ancora poco chiaro; abbiamo fatto quindi customer discovery, come insegna Steve Blank, e nel frattempo abbiamo cercato di raccogliere fonti non dilutive di capitale (vincendo per esempio il bando Horizon 2020). Una volta consolidato il progetto come business model e applicazioni target, abbiamo iniziato la campagna di fund raising, andando a parlare con tutti gli operatori del settore, nessuno escluso, e arrivando poi a scegliere Principia come partner. Le risorse messe a disposizione ci permetteranno di concentrarci interamente allo sviluppo della tecnologia e alla sua adeguata valorizzazione senza dover investire tempo in ulteriori raccolte di fondi (salvo le doverose partecipazioni a bandi e grant italiani e internazionali)”

Gabriele ha deciso di impegnarsi nello sviluppo di una startup ad alto tasso di complessità e che necessita di più tempo, rispetto a startup digitali per esempio, per poter andare sul mercato dopo avere accumulato esperienze di lavoro all’estero e così spiega la sua scelta: “Dopo quasi dieci anni di banca d’affari (Credit Suisse) e un MBA a INSEAD ho deciso di tornare in Italia perché ritengo che il settore delle scienze della vita sia al momento l’opportunità più interessante in questo Paese. Rispetto al mondo del digitale puro, nel comparto biotech e medtech c’è una grandissima disparità tra domanda e offerta d’innovazione. Per quanto riguarda quest’ultima, le barriere all’ingresso per chi vuole fare impresa digitale si sono sostanzialmente annullate (e quindi c’è forse un eccesso di nuove startup che nascono e muoiono velocemente, inseguendo gli unicorni…), mentre nel settore life science la generazione di nuove startup è ‘costretta’ alla fonte: non è così semplice produrre innovazione in quegli ambiti che coinvolgono la biologia e la medicina, e quindi traslarla al mercato. D’altro canto, la domanda per innovazione è ormai saturata nel mondo digitale (e lo si è visto nel calo delle valutazioni degli ultimi round negli Stati Uniti), mentre in quello della salute è in fortissima crescita: sia per le necessità di risparmio pubblico nei Paesi sviluppati, sia perché le grandi compagnie del settore hanno difficoltà a produrre internamente innovazione realmente disruptive. Rappresenta quindi un settore dove il nostro Paese deve assolutamente investire, sia in termini di risorse private sia di risorse pubbliche.

Questo lo scenario in cui Silk Biomaterials intende svilupparsi e proporsi, la startup fonde un team estremamente diversificato (e con già in partenza competenze diverse e complementari, cosa molto rara nel comparto life science), con una piattaforma tecnologica estremamente versatile (con la possibilità di generare molte applicazioni cliniche differenti) e un ecosistema del venture capital che è sempre più interessato al settore life science. “In Principia abbiamo trovato degli interlocutori molto competenti, che hanno iniziato ad aiutarci sin dalle prime fasi della nostra reciproca conoscenza, dimostrando un comportamento estremamente entrepreneur-friendly pur mantenendo le prerogative tipiche di un grande fondo di venture capital. Il nostro progetto, seppur nelle sue fasi ancora iniziali, spero contribuisca a dimostrare che questa Italia non ha più alibi: nel nostro Paese è possibile fare innovazione, è possibile trovare i capitali, è possibile raggiungere standard comparabili a quelli oltre oceano. Il settore delle scienze della vita è un comparto che meglio di tanti altri può valorizzare adeguatamente il capitale umano che è già presente nelle nostre università e nei nostri ospedali”. 

nanofibers

La storia del team di Silk Biomaterials, inizia con Gabriele Grecchi che dopo un MBA presso INSEAD nei campus di Singapore e Fontainebleau, una laurea in Economia e finanza internazionale e una in Scienze della comunicazione, lavora per quasi dieco anni come investment manager per il gruppo Credit Suisse a Milano e Dubai, occupandosi soprattutto di scenari d’investimento macroeconomici e geopolitici. Durante una mentorship per il percorso di accelerazione di SeedLab, promosso da TT Venture, conosce Antonio Alessandrino, Presidente del CdA e padre/promotore della startup sin dai suoi primordi. Antonio ha un percorso di studi e di ricerca in ingegneria dei materiali, e un dottorato al Politecnico di Milano che l’ha condotto a esplorare e approfondire sempre di più le tematiche relative alla seta e alle sue possibili applicazioni in ambito medico. Un ricercatore puro ma con il mindset da imprenditore, capace di costruire un business plan e come si coinvolge ed entusiasma un team attorno a un’idea tecnologica complessa e ambiziosa. Sempre sui banchi di SeedLab, Silk Biomaterials guadagna il supporto di Lorenzo Sala, ingegnere gestionale (anch’esso proveniente dal Politecnico di Milano) specializzato in processi regolamentari e certificazioni in ambito clinico: competenza fondamentale in tutte le fasi di sviluppo della tecnologia di Silk Biomaterials, che dovrà affrontare un percorso a ostacoli tra FDA (Food and drug administration) statunitense e regolamentazione europea. Completa il team Giuliano Freddi, ricercatore di lunghissima esperienza e tra i massimi esperti mondiali per le applicazioni biomedicali e biotecnologiche della seta: con oltre 140 pubblicazioni peer-reviewed su autorevoli giornali internazionali, arricchisce la startup della sua competenza e dei suoi contatti con numerosi centri di ricerca sparsi per il mondo.

Emil Abirascid

@emilabirascid

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