Venture capital e corporation, il caso francese

Pubblicato il 11 Mar 2016

Avvicinare il mondo delle grandi imprese, e anche di quelle piccole e medie, a quello delle startup è operazione non semplicissima perché questi due mondi parlano ancora due lingue diverse.

L’approccio alla cultura dell’imprenditoria da parte di coloro che fanno imprese innovative oggi è infatti per molti versi del tutto nuovo rispetto a quello degli imprenditori delle generazioni precedenti e dei manager dei grandi gruppi industriali.

Non si può però rinunciare a che questo avvicinamento si compia perché solo così si possono generare opportunità e creazione di valore sia per chi è alla ricerca di innovazione sia per chi fa innovazione ed è alla ricerca di risorse.

Le strade sono molteplici: open innovation e corporate venture capital per esempio, ma una via più recente e intelligente nel modo in cui si sta sviluppando la relazione tra corporation e startup è in via di affermazione e coinvolge i fondi di venture capital.

In Italia è un fenomeno ancora poco visibile, ma qualche segnale c’è, in altri Paesi in Europa è invece già in fase di affermazione ed espansione come per esempio avviene in Francia.

Ciò che accade è l’ingresso di grandi gruppi industriali in veste di limited partner, quindi di investitori, in fondi di venture capital. Il fenomeno è interessante perché dimostra come le grandi imprese vogliano approcciare il mondo delle startup in modo strutturale affidandosi a chi conosce bene questo mondo e può agire come sorta di ‘intermediario culturale’ tra i due mondi, i vc appunto. Questa formula appare vincente anche perché dall’altro punto di vista, quello delle startup, è più efficace avere come interlocutore un fondo di vc, benché sostenuto da diverse corporation, piuttosto che direttamente la grande corporation che, per certi versi, può anche rischiare di intimorire gli imprenditori al debutto con una nuova venture.

Emanuele Levi, partner di 360 Capital Partners che vive e lavora a Parigi rileva come in Francia il fenomeno si sia sviluppato nell’ultimo anno e mezzo e come oggi stia portando sostanziale beneficio a tutti gli attori dell’ecosistema: “il 2015 è stato anno di grande crescita per l’ecosistema startup francese con oltre 1,8 miliardi di euro di investimento in 484 operazioni (secondo quanto rilevato dal ‘Baromètre du capital risque en France’, ndr), con Parigi che ormai si posiziona a livelli di Londra e di Berlino per dinamismo dell’ecosistema, con l’emersione di alcuni ‘unicorni’ made in France come Blablacar, Sigfox, Withings e con una straordinaria presenza al CES 2016 a Las Vegas con ben 190 società francesi presenti”.

“Negli ultimi 18 mesi – aggiunge Levi –  sono consistenti i nuovi fondi di venture capital che sono stati raccolti grazie alla partecipazione di grandi gruppi quotati e non; il fenomeno sembra essere trasversale a numerosi settori come quello assicurativo, per esempio MAIF, Allianz, CNP, Groupama; quello automobilistico e trasporti come Renault, SNCF; banche come Societe Generale, BNP Paribas, Credit Mutuel Arkea; media e retail con Publicis, Lagardere, Carrefour; e Information & Communication Technology: Cisco, Orange, Thales e altri, che hanno investito in fondi come Partech, Idinvest, Iris Capital e il nostro 360square”.

I grandi gruppi in questione cercano tramite questi investimenti puntuali di acquisire una migliore comprensione di come la digitalizzazione dell’economia impatterà i loro modelli di business, se possibile anticipandone le conseguenze; sviluppare competenze interne in grado di interloquire con il mondo delle startup, in ottica di business development e di sostegno a programmi di open innovation e anticipare e analizzare tendenze di fondo nell’evoluzione dei comportamenti dei consumatori come la ‘uberizzazione’ o unbundling nei diversi settori: “in Francia è esemplare il caso di SNCF, il gruppo che gestisce le ferrovie, che si è visto arrivare un concorrente del tutto nuovo con la crescita di popolarità di BlaBlaCar il cui maggiore successo è proprio sulle tratte tra 250 e 500 chilometri, mercato storicamente dominato dai treni ad alta velocità”, spiega il partner di 360 Capital Partners.

Questo fenomeno è il primo passo verso una reale rivoluzione nell’ecosistema delle startup francesi, perché potrebbe finalmente portare le grandi corporation europee a integrare più facilmente l’innovazione ‘naturalmente’ presente nelle startup. Se si guarda al mercato Usa, troviamo attori come Google, Facebook, Amazon e Microsoft che hanno costruito le loro strategie di diversificazione e sviluppo attraverso numerosissime acquisizioni di startup che permettono di integrare rapidamente tecnologie e competenze esterne – prosegue Levi -. Anche 360square, il fondo seed recentemente raccolto da 360 Capital Partners presso quattro principali corporation, Societe Generale, MAIF, Gruppo Yves Rocher e Thuasne, è la nostra scommessa su questo fenomeno che ci auguriamo possa replicarsi anche in Italia dove una presenza più attiva dei grandi gruppi, come recentemente annunciato da Cisco, contribuirebbe certamente a rinforzare un ecosistema che deve recuperare il ritardo accumulato rispetto ai principali hub del continente”.

Le grandi aziende quindi compiono un importante passo di avvicinamento verso le startup, lo fanno con i fondi perché hanno compreso che è la strada migliore per avvicinare le diverse culture dell’imprenditorialità, tendono a scegliere fondi che hanno operatività internazionale perché non si vogliono porre limiti territoriali troppo stringenti e iniettano capitale privato nell’ecosistema dei vc europei che così accrescono non solo la loro portata in termini di capacità di investimento ma anche il loro ruolo quali attori delle ricadute industriali che questo avvicinamento comporta.

Come accennato da Levi, in Italia la società Cisco, che in Francia ha investito in Partech e Idinvest, ha annunciato di recente l’accordo con Invitalia Ventures in cui investirà cinque milioni di euro.  Invitalia Ventures è però un fondo di Stato creato con soldi pubblici dei contribuenti e quindi la portata di questa iniziativa è molto diversa rispetto a quanto sta avvenendo in Francia, ma ci si aspetta che Cisco, così come magari anche altri grandi corporation, annunci a breve la decisione di investire anche in altri fondi italiani di carattere privato per porre enfasi su come questa strategia anche da noi è inequivocabilmente ed esclusivamente finalizzata alla creazione di valore industriale e alla volontà di iniettare capitali a sostegno del mercato degli investimenti in startup.

Nel frattempo attendiamo il prossimo 16 marzo per avere anche i dati di Aifi, l’Associazione italiana del private equity e venture capital, relativi agli investimenti in startup nel nostro Paese per il 2015 in modo da potere fare un opportuno confronto con i numeri pubblicati relativi alla Francia precedentemente citati.

Emil Abirascid

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