Metriche della startup: l’indice di competenza linguistica

Una delle metriche della startup italiana con ambizioni globali da considerare è l’indice di competenza linguistica (no english, no business)

Pubblicato il 24 Feb 2017

L’inglese è la lingua del business e anche la lingua ufficiale dell’ecosistema startup nel mondo, come abbiamo sottolineato in precedenti articoli, evidenziando come sia ancora molto forte in Italia la tendenza a sottovalutare questa competenza linguistica che, qualora non vi sia, equivale a far partire la società “zoppa”: come si può presentare la propria startup a un pool di investitori internazionali o a un evento internazionale o a un potenziale partner internazionale? Portandosi dietro una traduttrice che parla al posto del founder/ceo , che sicuramente non potrà spiegare altrettanto bene e che entrerà in crisi al momento del Q&A? (è successo, lo abbiamo visto noi…)

Possiamo dire anche di più: la conoscenza di un inglese fluente deve essere diffusa tra i fondatori e i membri del team, dovrebbe essere considerata da una startup italiana una vera e propria metrica cui prestare attenzione e sulla quale lavorare se fosse necessario, al pari delle metriche di business, web, finanziarie. La startup è globale by definition, e non si può andare nel mondo senza conoscere l’inglese.

La suggestione ci arriva dal report EPI-c realizzato da EF Solutions che ha misurato l’indice di competenza linguistica per per la forza lavoro a livello mondiale, in 40 Paesi e in 16 industrie. L’evidenza emersa è che una migliore conoscenza dell’inglese nel team aziendale determina una maggiore competitività.

Workforce English skills correlate positively with indicators of innovation, transparency, and ease of doing business. These correlations illustrate how English shapes the business environment at both an organizational and national level.

Attualmente, secondo il report che ha analizzato sopratutto aziende e organizzazioni medio grandi, non startup (in cui generalmente il tasso di conoscenza dell’inglese è più elevato) l’Italia si è guadagnata nella gratuatoria il 20° posto,  a metà tra i Paesi Bassi, al primo posto, e l’Iraq, che chiude la classifica.  L’inglese è conosciuto meglio nei Paesi Scandinavi (Danimarca, Svezia, Norvegia, e Finlandia ), ma anche nelle Filippine ed Emirati Arabi, o tra le nazioni sorelle europee, nell’Estonia, in Portogallo, Germania, Spagna.

Stranamente, il settore information technology  (in teoria molto legato all’inglese, si pensi anche semplicemente a tutta la terminologia del settore) non ha una grande performance quanto a competenze linguistiche: i settori lavorativi in cui si è è registrata una migliore competenza linguistica sono stati la consulenza e i servizi professionali , il settore ingegneria e quello del food&beverage.  Al quarto posto troviamo contabilità, banche e finanza e IT solo al quinto; in fondo alla graduatoria, con un livello di inglese molto basso, il settore della difesa e della sicurezza, istruzione, il settore pubblico e, in ultima posizione, la logistica.

Per qualunque startup, dunque, il suggerimento è di non rimandare lo studio dell’inglese, trovate ogni modo possibile per migliorare questa competenza, per esempio potete stabilire che diventi la lingua di comunicazione interna del team; testate il vostro inglese al telefono o in una skype call; fate corsi, anche online e trovate occasioni per parlare, parlare, parlare e scrivere, scrivere, scrivere; rivolgetevi a aziende di formazione linguistica; trasferitevi all’estero per un periodo. Fatelo prima di andare dagli investitori a cercare soldi:  gli investitori, anche quelli italiani, quando si interessano di una startup valutano le metriche, ma valutano sopratutto scalabilità e  team, cioè se avete la capacità come founder e team di gestire il progetto e andare sui mercati internazionali, confrontandovi con una competizione globale.

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