Tech industry post-brexit, come cambia la geografia dell’innovazione

2017, fuga da Londra. La tech industry post-brexit delinea scenari nuovi, rimodulando la geografia dell’innovazione, da Londra a Tokyo

Pubblicato il 27 Mag 2017

2017, fuga da Londra. Forse non è ancora proprio fuga vera e propria, ma la notizia che l’European investment fund (Eif) abbia deciso di sospendere i finanziamenti ai venture capital britannici a seguito della brexit appare come segnale sostanzialmente significativo. Ciò non solo perché arriveranno meno soldi a fondi come Seedcamp, Hoxton Ventures e Episode 1 Ventures (come riporta Business Insider UK ), ma anche perché la leva dell’Eif serviva ai fondi stessi anche per avere un anchor investor e quindi attrarre più facilmente altri investitori. Insomma non solo soldi ma una potenziale spirale negativa. E la portata di tale spirale, se tradotta in numeri, dice che, riporta sempre Business Insider, tra il 2011 e il 2015 Eif ha investito circa 2,3 miliardi di euro in 144 fondi di vc basati nel Regno Unito.

Fuggono anche le startup, come è per esempio il caso di Konetik che subito dopo avere chiuso un round di finanziamento da sei zeri ha annunciato lo spostamento del suo quartiere generale da Londra a Berlino come racconta Peter Kovacs  – che abbiamo incontrato a Blast 2017 e intervistato qui). Konetik ha sviluppato una soluzione per la gestione della mobilità che rende altamente efficiente l’impiego di flotte di veicoli a prescindere dal tipo di alimentazione, qui il loro sito .

Così,  mentre da Londra giungono notizie sempre più cupe a seguito della sconsiderata brexit e del pantano che ne segue, con un volo di 12 ore ci si sposta a Tokyo dove invece il mondo delle startup e delle aziende tecnologiche di nuova generazione sta iniziando a trovare terreno fertile. Il Giappone, la terza più grande economia del pianeta, ha iniziato a guardare con attenzione al mondo delle startup più tardi rispetto ad altri Paesi, ciò per via di una serie di fattori come per esempio la struttura del suo sistema economico e industriale popolato da molti conglomerati che hanno grandi dimensioni e operano in diversi settori e una propensione all’internazionalizzazione che appare ancora meno dinamica rispetto ad altre economie, ma che ci si attende subirà una accelerazione grazie ai prossimi giochi olimpici che si terranno proprio a Tokyo nel 2020 e che il governo nipponico intende sfruttare anche per, per esempio, accelerare la diffusione della conoscenza della lingua inglese presso la popolazione.

Tokio Tower POV – Kevin Dooley on flickr

Da Tokyo arrivano notizie di portata considerevole. Già la scorsa settimana abbiamo scritto dell’investimento da parte della giapponese SoftBank nella startup britannica Improbable (e qui vi è un caso, a questo punto estremamente significativo, di soldi internazionali che vanno verso la Gran Bretagna), un’operazione di portata significativa visto che l’investimento è stato superiore ai 500 milioni di dollari  . L’operazione Improbable è però stata solo l’inizio di una campagna di investimenti che il colosso nipponico ha sviluppato nelle ultime settimane e che ha visto chiudere operazioni di investimento in altre società come Guardant Health, Paytm, Nvidia, 99.

99 è una società di ride-sharing brasiliana in cui SoftBank ha messo 200 milioni di dollari, Nvidia è uno dei principali produttori di microchip al mondo specializzata in processori per la grafica e ha ricevuto da SoftBank 4 miliardi di dollari. 1,4 sono invece i miliardi, questa volta di euro, che SoftBank ha investito, sempre nel corso del mese di maggio, nella società indiana One97 specializzata in pagamenti digitali e proprietaria del marchio Paytm. E poi ci sono i 350 milioni di dollari investiti in Guardant Health che sta lavorando al sequenziamento del Dna dei tumori lavorando con un milione di pazienti affetti da cancro (tutto ciò è riportato da Siliconrepublic che definisce la strategia di SoftBank finalizzata a rendere il conglomerato giapponese come il più grande investitore del globo in aziende tecnologiche) .

A Tokyo c’eravamo anche noi la settimana scorsa, con 12 startup e scaleup italiane (Amyko, Cynny, Enerbrain, FacilityLive, Horus Technology, MyFoody, MoneyFarm, Pedius, Sailsquare, Senso Immersive, Veasyt e Wenda), con l’Ambasciata italiana, con Ntt Data e nel corso dell’Italian Innovation Day, ospitato da Ntt Docomo Ventures, abbiamo incontrato quasi duecento tra investitori e imprenditori giapponesi: dai grandi costruttori di Mori, ad aziende come Nikon, Innex, organizzazioni come GrJapan e Jetro (Japan external trade organization) a rappresentanti della stampa come The Nikkan Kogyo Shimbun e il popolarissimo Nikkei. Abbiamo anche incontrato un imprenditore italiano che ha realizzato la sua startup tecnologica in Giappone, si chiama Michele Guarnieri e la startup, che ormai è cresciuta, si chiama HiBot e realizza robot industriali per compiti specifici come l’ispezione e la riparazione di tubature o di linee elettriche aeree, a breve pubblicheremo la sua video intervista insieme anche a quella con Masaru Ikeda di The Bridge che ci racconta come l’ecosistema delle startup giapponesi sta evolvendo, quali le opportunità, quali i settori di maggiore interesse e quale il ruolo del grandi conglomerati nipponici. Nel frattempo vi suggeriamo anche di guardare e leggere il servizio realizzato dal corrispondente a Tokyo de Il Sole 24 Ore, Stefano Carrer che racconta la cronaca dell’evento .

@emilabirascid

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