Tre letture, numeri e riflessioni sul fenomeno globale delle start-up

Pubblicato il 21 Gen 2014

Nel mare immenso, e a volte anche un po’ complesso da navigare delle notizie, informazioni, analisi commenti che riguardano il fenomeno delle start-up tecnologiche e innovative si trovano tantissime cose. Si va da quelle che strizzano l’occhiolino al pettegolezzo – o gossip per chi preferisce – fino a vere e proprie perle che raccontano e provano a spiegare le dinamiche sociali, economiche, globali degli ecosistemi che nelle varie parti del mondo lavorano più o meno bene, più o meno alacremente per dare alla tecnologia e all’innovazione quel ruolo concreto di veicolo per costruire presente e futuro. C’è chi lo chiama nuovo rinascimento, chi nuova rivoluzione ‘industriale’, di certo c’è che il fenomeno è globale e che come tale deve essere visto, anche a costo di fare uno sforzo di de-provincializzazione cercando di pesare tutti gli elementi noti per cercare di comprendere quelli ancora non noti, quelli che ancora devono emergere e che contrassegnano la direzione in cui stiamo andando.

Tre di queste perle sono state pubblicate in questi giorni, sono tutte in inglese e in nessuna si fa cenno a ciò che avviene in Italia (in verità anche altri Paesi appaiono trascurati come per esempio il Canada o la Scandinavia o la Turchia e quindi non sarebbe giusto pensare che solo l’Italia è fuori dal radar quanto invece va tenuto in considerazione che si tratta di analisi dichiaratamente non esaustive dal punto di vista della copertura geografica). Lasciamo quindi da parte per un momento il fatto che l’Italia sia poco presente in queste analisi per concentrarci su quanto tali scritti comunicano e raccontano del fenomeno.

Due di questi scritti sono stati pubblicati dall’Economist. Si tratta del rapporto speciale sulle tech start-up intitolato ‘A Cambrian moment’ , titolo significativo perché enfatizza la profondità del cambiamento, il salto quantico che ha la portata del passaggio da un’era geologica all’altra, insomma uno sconvolgimento delle regole e degli equilibri che inevitabilmente deve diventare patrimonio di chiunque si appresti a cavalcare le nuove opportunità ma senza dimenticare ciò che di buono c’è che va conservato, alimentato e portato a nuova vita. Il rapporto Cambrian moment è un pdf di 16 pagine che l’Economist ha deciso di rendere liberamente disponibile a questo link. Il secondo documento è sempre dell’Economist, un articolo dal titolo ‘Coming to an office near you’, qui si analizzano gli effetti possibili delle tecnologie di cui già oggi disponiamo sul futuro del lavoro e l’autore non usa mezzi termini dell’affermare che nessun Paese al mondo è pronto per questa rivoluzione. Anche questo articolo è liberamente consultabile sul web, il link è questo.

Infine un’analisi di Startup Compass che si pone quasi come ponte tra i due documenti dell’Economist. Si tratta infatti di uno studio molto diretto e pratico che parte da una delle principali domande che oggi chi costruisce o finanzia una start-up si pone: quanto guadagnano i fondatori-imprenditori di una nuova azienda innovativa? Insomma se fate una start-up quanto guadagnate? Secondo lo studio di Startup Compass potete sperare di guadagnare circa 50mila dollari l’anno, un po’ di più se siete nella Silicon Valley ma comunque difficilmente più di 75mila dollari l’anno, un po’ meno se siete in India o in Europa. Niente stipendi da nababbi quindi e ciò è anche piuttosto logico soprattutto nei primi anni di vita della start-up, certo è che se poi si decolla verso business da miliardi di dollari la musica naturalmente cambia. I bravi analisti di Startup Compass hanno fatto anche interessanti raffronti tra diversi ecosistemi ed emerge una quasi impressionante similitudine tra i numeri rilevati a Berlino, Londra, San Paolo, Tel Aviv e Toronto, come detto meno bene l’India e un po’ meglio la Silicon Valley ma è interessante rilevare come anche in città con un diverso costo della vita la differenza tra i salari annuali medi sia quasi irrilevante.

Insomma 40-50 mila euro all’anno non sono certo un salario malvagio ma certo sono solo una frazione di ciò che si può sperare di guadagnare se la start-up ha successo, ciò che conta è però comprendere e apprezzare come il realismo e la concretezza del fenomeno start-up si manifesta anche in questi numeri. Lo studio di Startup Compass è pubblicato sul loro blog a questo indirizzo web. Startup Compass ha anche pubblicato i criteri di determinazione del salario dei fondatori di start-up prendendo in considerazioni aspetti come l'età del fondatore, l'età della start-up, la dimensione dello staff, anche questo studio che completa quello sulla valutazione dei salari medi è disponibile online, il link è questo.

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