Venture capital: cosa deve fare l’Italia per entrare nel radar degli investitori internazionali?

Pubblicato il 15 Giu 2016

Dopo un primo articolo dedicato a “perchè in Italia non si investe in startup”, la nostra AMA (Ask Me Anything) Session continua con una domanda inviataci da un nostro lettore:

cosa deve fare il nostro Paese per entrare nel radar degli investitori internazionali?

Secondo l’ultimo Rapporto Aifi, che raccoglie i dati del private equity e venture capital in Italia, la situazione attuale è forse migliore rispetto a qualche anno fa, ma in definitiva nel comparto early stage (che già in Italia conta cifre ridicole rispetto ad altri Stati Europei, specificamente conta  nel 2015 74 milioni di euro spalmato su 122 operazioni)  solo il 2% è capitale che proviene da operatori internazionali. Cioè, stiamo parlando di briciole.

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Astraendoci per un attimo dallo scenario “startup”, quest’anno Censis ha rilevato che “cresce l’attrattività dell’Italia per gli investitori esteri“, benchè burocrazia, fisco, scarsa digitalizzazione continuino a essere i peggiori freni; ma quando si stringe l’inquadratura all’ecosistema startup, non siamo nemmeno lontanamente vicini alle caratteristiche di un ecosistema startup-friendly. 

Il tipo di ecosistema che attira anche gli investitori internazionali.

Abbiamo chiesto un parere ai vc italiani, ecco le prime risposte di 5 ricevute.

Nicola Redi – Vertis 

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<<Questo è un tema che va oltre il venture capital. L’Italia è da sempre, in Europa, fra i fanalini di coda per i FDI (Foreign Direct Investment). Non è per scendere nei luoghi comuni, ma in generale è l’inaffidabilità del sistema Italia a rendere il nostro paese poco attrattivo. Questa inaffidabilità si esprime sotto vari punti di vista: 1) incertezza e complessità dei processi autorizzativi della pubblica amministrazione; 2) bizantinismo e lunghezza del sistema giuridico; 3) mancanza di una reale cultura meritocratica, sostanzialmente osteggiata dal mondo sindacale e quasi totalmente assente in settori chiave come l’università e la pubblica amministrazione ; 4) assenza del concetto anglosassone di “give back”, dove chi ha molto ricevuto – anche per suoi meriti – difficilmente si mette a disposizione per supportare la crescita delle nuove generazioni.>>

Nicola Redi – E’ Investment Director Venture Capital presso Vertis Sgr. È stato Chief Investment e Technology Officer in TTVenture. Precedentemente ha lavorato per Pneumatici Pirelli e American Standard come capo della Project Management Office globale della R&S.

Elisabeth Robinson – Quadrivio (TT Venture)

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<<A mio avviso l’Italia è già entrata nei radar degli investitori internazionali. L’Italia è conosciuta in tutto il mondo per la sua capacità di produrre innovazioni nell’ambito della tecnica e rappresenta il secondo mercato in Europa per numero di imprese innovatrici nell’ambito di prodotti fisici e nell’ambito dei processi industriali (Eurostat 2013). Di recente abbiamo visto start-up italiane ricevere round di investimento anche importanti da importanti investitori europei. Ad oggi l’intera industria del VC in Italia è essa stessa in una fase di start-up e, a mio avviso, per uscire da questa fase serviranno di casi di successo che comprovino la nostra capacità di fare impresa ed essere leader in un mercato.>>

Elisabeth Robinson – E’ l’investment director del team venture capital in Quadrivio, dove è entrata nel 2014. Con oltre 20 anni di esperienza nel Venture Capital, è anche business angel associato IAG.

Lorenzo Franchini – Scale IT Capital

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<<Qualità, qualità, qualità e focus. Solo con la qualità riusciremo a far capire agli investitori internazionali che anche in Italia possono nascere e crescere ottime società tecnologiche e riusciremo quindi ad attrarre la loro attenzione, a posizionare positivamente l’Italia sulla loro mappa. Ogni volta che si presentano società italiana scadenti ai fondi internazionali, sia in Italia che all’estero, si fa fare un passo indietro a tutto l’ecosistema. Chi opera in questo ambito dovrebbe sentire il peso di tale responsabilità e dovrebbe far vedere agli investitori internazionali solo cose buone e in target per il loro focus di investimento. E’ inutile far vedere per esempio una startup in fase seed a un fondo che fa Series B o una biotech a uno che fa digitale.>>

Lorenzo Franchini – Si definisce “entrepreneur in the venture investing arena”. Business angel da oltre 10 anni e co-fondatore di IAG (la principale associazione italiana di business angel) di cui è stato a lungo MD, ha fondato da alcuni anni ScaleIt Capital che organizza l’evento di fundraising per scaleup Scale IT. E’ anche senior advisor del gruppo LVenture.

Francesco Mantegazzini – MGH7 Venture Capital, Global Startup Expo

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<<Per far entrare l’Italia nel radar degli investitori internazionali dobbiamo far conoscere a questi investitori le nostre migliori startup. Eventi come il Global Startup Expo, che per la prima volta ha visto investitori americani visitare le nostre startup, o come Scale IT di Lorenzo Franchini che porta le nostre startup più sviluppate al confronto con un selezionato gruppo di investitori internazionali, sono tra le migliori soluzioni per cercare di portare interesse verso le nostre startup.>>

Francesco Mantegazzini –  Investitore e fondatore di MGH7 Venture Capital, manager e fondatore della Global startup expo. E’ anche un business angel associato IAG. Esperto in business development, ha maturato la sua esperienza manageriale in grandi aziende come Gruppo Sole 24 Ore e Telecom.

Diana Saraceni – Panakes

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<<Proporre agli investitori internazionali di investire in startup in linea con gli standard internazionali. Per molte delle nostre startup è la vera scommessa. Da parte degli investitori internazionali non ci sono dei preconcetti particolari sull’Italia.>>

Diana Saraceni – Co-founder e general Manager di Panakes Partners. Diana ha contribuito a fondare (e vi ha lavorato per oltre 10 anni) 360 Capital Partners. In precedenza, ha forgiato la sua esperienza lavorativa in grandi banche d’investimento e M&A.

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