Fashion-tech, le startup coreane a Milano per conquistare l’Europa

Pubblicato il 26 Nov 2018

Il Fashion Tech Accelerator di Milano (FTA) ha accolto una delegazione di startup della Corea del Sud che sviluppano progetto di fashion-tech e che sono pronte a espandersi e consolidarsi sul mercato europeo. Il programma è finanziato da Kocca (The Korea Creative Content Agency) che è l’agenzia del governo di Seoul a supporto delle imprese innovative, si chiama Launchpad, è dedicato alle startup che operano nei settori della moda, della musica e della cultura ed è giunto alla sua seconda.

“All’interno del programma si inseriscono i viaggi internazionali come quello qui in Italia con FTA – spiega a Startupbusiness Ashley Hong che è la responsabile del programma che è organizzato da YSK Media e ha una durata di due settimana – . Le startup che abbiamo portato qui sono già sul mercato in Corea e la ragione del programma è aiutarli a espandersi fuori dall’area asiatica e ovviamente Milano è una delle mete maggiormente attrattive per le startup faschion-tech”. Le startup sono state selezionate tra le tante che hanno fatto application anche con il contributo attivo di FTA: “siamo stati a Seoul e abbiamo incontrato le startup per meglio selezionare quelle che poi sono venute qui a Milano”, aggiunge Giusy Cannone, general manager di FTA.

Startupbusiness ha incontrato alcune di queste startup, ecco cosa fanno:

Realfake è il progetto di The Sudio K di cui Hyejin Hong è direttore creativo: “Realfake è uno strumento che consente di promuovere meglio i prodotti del fashion, io sono una fashion blogger anche e so quali sono i limiti attuali degli strumenti di promozione, con il nostro progetto intendiamo cambiare il modo che i fashion designer hanno di comunicare con i clienti”.

Hyejin, che nella sua carriera ha curato anche il design degli abiti del famoso video di Gangnam Style, è partita dalla considerazione che il costo per una sfilata si aggira attorno ai 15 mila dollari e richiede molto tempo e che quindi non è uno strumento che consente di arrivare a tutto il mercato. Ha quindi realizzato un’applicazione software che con il semplice uso di uno smartphone consente di riprodurre immagini tridimensionali dei capi indossati da modelli e modelle.

“Abbiamo realizzato una app con funzionalità tridimensionale olografica che riproduce le immagini su un prisma – spiega – le immagini possono essere di diverse dimensioni a seconda del dispositivo, se si usa un tablet per esempio, e l’utente deve seguire semplicemente le istruzioni per fare le riprese e ottenere così l’immagine tridimensionale. Il prisma è un semplice foglio di plexiglas opportunamente piegato e può essere realizzato da chiunque ma noi stiamo pensando di realizzare case per cellulari che lo possono integrare”.

La prima sfilata virtuale realizzata ha ottenuto 1,5 milioni di visualizzazioni in un mese e l’attenzione anche di celebrità e di Samsung con la quale l’ideatrice dell’applicazione ha avviato una collaborazione per sviluppare ulteriormente il prodotto.

“Pensiamo a un business model sia di tipo B2B sia di tipo B2C mantenendo la gratuità per gli utenti e un abbonamento mensile per i designer che intendono promuovere il loro prodotti e poi versioni in white label per ogni tipo di utilizzo, quindi non solo per l’industria del fashion. Al momento siamo ancora in fase di prototipo e prevediamo di arrivare sul mercato a settembre del prossimo anno con la consapevolezza che la nostra tecnologia non è difficile da replicare ma ciò che fa la differenza è la modalità di utilizzo che abbiamo impostato e la nostra conoscenza del mercato”.

Ha invece messo a punto un nuovo materiale la startup Leolab guidata da Cho Sung Ah che da 15 anni fa la stilista occupandosi soprattutto di abbigliamento sportivo e outdoor e che parla anche un perfetto italiano avendo studiato a Firenze: “la nostra innovazione è un materiale basato sul principio della evaporazione dell’acqua che ha la capacità di raffreddare il nostro corpo quando le condizioni atmosferiche sono caratterizzate da alte temperature. Stiamo già vendendo tramite e-commerce soprattutto in Corea e in altri Paesi dell’area Asia-Pacifico e abbiamo anche fatto una campagna di crowdfunding for rewarding, ovvero di pre-vendita, che è andata molto bene, abbiamo raccolto 40mila dollari in due mesi vendendo 1800 pezzi”.

Leolab è disponile in tagli da polso e da collo, è sufficiente immergerlo nell’acqua per circa 10 minuti per ottenere freddo per circa tre ore: “indossandolo si abbassa la temperatura di circa 2 gradi – spiega la Cho Sung Ah – lo vendiamo anche su Amazon a prezzi che partono da 34 dollari e lo abbiamo già brevettato in Corea e ora stiamo estendendo il brevetto in tutto il mondo perché il nostro obiettivo ora è entrare nel mercato europeo e ci servono quindi nuovi fondi sia per farci conoscere sia per creare la rete dei distributori”.

Jun Young Jung è il Ceo di Ncode, società che ha realizzato d.code che è una piattaforma di e-commerce pensata per essere usata da dispositivi mobili che offre un altissimo livello di personalizzazione e che fa leva sul concetto di raccomandazione. “In Europa abbiamo già una cinquantina di clienti che producono capi di abbigliamento e abbiamo messo a punto un sistema basato su chat che è in grado di segnalare i prodotti migliori possibili a seconda delle specifiche richieste degli utenti. In pratica il nostro sistema è in grado di interfacciarsi con linguaggio naturale e di individuare i migliori prodotti possibili per ogni singolo utente scegliendo da quelli che sono disponibili, quindi tra quelli dei marchi dei nostri clienti il cui impegno verso di noi è riconoscere una fee del 25% sulle vendite senza altri costi”.

La piattaforma conta già oltre 100mila utenti in Corea e inizia a espandersi in altri Paesi asiatici con Cina e Giappone in testa e produce già circa 250mila euro di fatturato al mese.

“Abbiamo anche la funzione di pre-ordine come se fosse crowdfunding – spiega il Ceo – in questo modo introduciamo marchi che non sono ancora popolari in Asia consentendo ai produttori di testare il mercato e possiamo applicare questo principio a ogni nuovo modello offrendo alle aziende la possibilità di conoscere in tempo reale il successo potenziale e agli utenti la possibilità di comprare i prodotti che devono ancora uscire. Per i produttori è quindi un modo efficace per capire se una cosa può avere successo prima di produrla e siccome questo è un valore altissimo per i brand il costo di queste campagne ha una percentuale superiore al 25% delle normali fee sulle vendite, ma è un costo che i produttori pagano volentieri perché per loro è quello che possiamo definire come marketing predittivo”.

Naturalmente d.code raccoglie tutti i dati relativi agli utenti e sa per esempio chi sono, dove sono, quanto spendono e ora è alla ricerca di nuovi investitori per un round da 2,5 milioni di euro perché, anticipa Jun Young Jung, ha in programma di spostare il suo quartiere generale da Seoul all’Europa: “intendiamo traslocare entro il primo trimestre del 2019, ci piacerebbe venire a Milano ma stiamo ancora valutando le condizioni burocratiche e fiscali, le altre opzioni sono Amsterdam e Parigi, anche se per il business in cui operiamo Milano sarebbe la scelta migliore”.

Swatchon è invece l’azienda in cui Will Lee lavora come CTO e di cui è co-fondatore e che ha realizzato Fabrictime. Anche in questo caso si tratta di una piattaforma software e anche in questo caso di un’azienda già pienamente operativa.

“Abbiamo capito che i fashion designer cercano stoffe per le loro creazioni ma non è facile per loro individuare quelle più adatte e quindi approvvigionarsi di ciò che ci serve per realizzare le collezioni, ci sono si fiere specializzate ma durano troppo poco e non sempre sono visitabili e quindi noi siamo partiti dal fatto che in Corea esiste un distretto della produzione dei tessuti che si chiama Dong Dae Monn e che è sempre aperto, ciò che serviva era renderlo fruibile da professionisti della moda di tutto il mondo”.

Nasce così la piattaforma online Fabrictime che consente di selezionare i tessuti in modo efficace e preciso, per quelli che si ritengono più adatti è poi possibile ordinare i campioni, fino a 200 per ogni singola spedizione in modo da poterne verificare la reale consistenza e caratteristiche. “Siamo aperti da agosto 2017 – dice il co-fondatore – e abbiamo fino a oggi raccolto oltre mille ordini da 80 Paesi, raccogliamo inoltre tutti i dati e li associamo a intelligenza artificiale per capire meglio esigenze dei fashion designer. Puntiamo a un fatturato di 3mila euro per il 2018 che crescerà a 1,6 milioni nel 2019, e all’ambizione di portare tutto il mercato dei tessuti sulla nostra piattaforma”.

Fabrictime spedisce i campioni gratuitamente ma nella quasi totalità dei casi il cliente poi fa l’ordine dei tessuti e quando ciò avviene la piattaforma trattiene una percentuale, è un meccanismo che Swatchon ha ampiamente collaudato presso clienti di tutto il mondo i quali non solo trovano il servizio efficace ma si sono anche accorti dell’altissima qualità dei tessuti che vengono prodotti in Corea del Sud e venduti tramite la piattaforma.

“La qualità è molto importante per noi e per i nostri clienti ed è quindi un aspetto chiave della nostra offerta che, va sottolineato, si rivolge esclusivamente a professionisti del settore, quindi a fashion designer che sono già noti e operativi sul mercato, ma anche a quelli emergenti che magari si stanno facendo conoscere con i loro siti web e profili su instagram”.

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