La vitale (anche per le startup) battaglia per la trasparenza di Stato

Pubblicato il 08 Ott 2016

 Fare impresa in Italia è meno facile che in altri Paesi, compresi quelli molto vicini a noi come la Svizzera per esempio, e uno dei motivi è anche la mancanza di trasparenza da parte degli enti statali. Spesso ci si trova a confrontarsi con procedure inutilmente complesse, a sostenere costi assurdi e in molti preferiscono lasciare il Paese anche per fare la startup o per farla crescere. Il tema della trasparenza è quindi chiave per ognuno di noi e per ogni aspetto della nostra vita personale e professionale ed è un tema che va approfondito per comprendere gli attuali limiti e le effettive possibilità di miglioramento. A pensarci sono stati Ernesto Belisario e Guido Romeo che hanno scritto Silenzi di Stato, libro uscito da pochi giorni che attraverso la narrazione di casi reali illustra come quella per la trasparenza è una battaglia che va combattuta e che deve essere vinta.

romeo
Guido Romeo, giornalista, autore, attivista, specializzato in data journalism,  così illustra il suo lavoro a Startupbusiness: “Quanto costa la mancanza di trasparenza? Moltissimo, perché il diritto dei cittadini a conoscere ciò che fa lo Stato non è un banale adempimento amministrativo che si può dribblare o procrastinare senza pagare un prezzo economico e sociale altissimo. Lo dimostrano le dieci storie che, insieme ad Ernesto Belisario, avvocato ed esperto di accesso all’informazione, ho raccontato in Silenzi di Stato (disponibile sia in libreria sia come ebook ed edito da Chiarelettere, ndr). Sono dieci storie esemplari di trasparenza negata, una più vergognosa dell’altra, ma anche le storie di cittadini che non si arrendono. Perché accedere all’informazione è spesso vitale per sapere se la scuola dei nostri figli è a prova di terremoto, se l’aria che respiriamo e i prati dove giochiamo sono inquinati, ma anche le clausole di un contratto stipulato dallo Stato, dove vanno le nostre tasse e, per chi fa impresa, magari conoscere le tariffe di un incumbent contro cui si vuole competere. Moltissimi paesi, dalla Svezia agli Stati Uniti, al Messico e alla Gran Bretagna oggi possono vantare leggi per la trasparenza all’avanguardia. Per più di 150 anni l’Italia ha tergiversato sul tema, ma nel 2016 ha finalmente varato una legge ispirata al Freedom of Information Act statunitense. Quello della legge italiana è un testo ancora migliorabile, ma da guardare con attenzione. Entrerà in vigore a fine dicembre, ma proprio nelle prossime settimane Anac (Autorità nazionale anticorruzione, ndr) dovrà presentare le linee guida per regolare le eccezioni all’accesso. Un passo fondamentale sul quale si giocherà un bel pezzo della vista democratica e della competitività italiana. Perché un Paese più trasparente è un Paese più efficiente, più competitivo e, soprattutto, più giusto”.

copertina libro silenzi di stato
È vero che per chi fa startup ci sono molti ostacoli strutturali, e nessuno di questi deve diventare una scusa per non fare nuove imprese, come la ancora insufficiente disponibilità di capitali di rischio, come la pressione fiscale con la quale ci si deve confrontare ancora prima di avere fatto i primi utili o fatturati, ma è anche vero che l’opacità delle relazioni tra Stato e imprese (e cittadini naturalmente) rappresenta un altro elemento di criticità, si pensi agli appalti o ai bandi o ai progetti che si possono sviluppare attorno ai cosiddetti open government data. Ed è elemento che va risolto se vogliamo che cresca anche l’attenzione da parte degli investitori internazionali verso il nostro ecosistema. Potere accedere a informazioni pubbliche, prodotte, gestite, conservate da enti pubblici deve essere patrimonio di tutti, deve essere una possibilità che chiunque e in ogni momento deve poter avere sia per meglio costruire il suo business sia per meglio gestire la sua quotidianità.

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