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TechChill, ecco l’ecosistema dei Paesi baltici

L’evento di Riga, che annuncia di arrivare a Milano, è la finestre dell’ecosistema di Lettonia, Estonia e Lituania con attenzione a diversity e impact investment

Pubblicato il 03 Mag 2022

Iniziamo con i numeri: i Paesi baltici, Estonia, Lettonia, Lituania, hanno un ecosistema startup decisamente frizzante, in particolare quello estone che con i suoi dieci unicorni è un caso unico al mondo considerando le dimensioni del Paese. Complessivamente nel 2021 i tre ecosistemi hanno investito circa 1,6 miliardi di euro, una cifra molto simile a quella investita in Italia nel medesimo periodo ma va considerato che l’insieme della popolazione dei tre Paesi non arriva a contare sei milioni di persone. Come detto l’Estonia è la regina e da sola ha investito oltre 960milioni di euro spalmati su 86 deal e raccolti solo per meno del 6% da investitori locali, segue la Lituania con poco meno di 430 milioni di euro investiti di cui solo circa 26milioni di euro da investitori locali, per ultima la Lettonia con quasi 247 milioni di euro investiti nel corso del 2021.

Proprio a Riga in Lettonia si svolge ogni anno l’evento che maggiormente rappresenta l’ecosistema baltico delle startup e che si chiama TechChill. Si tratta di uno degli eventi che popolano l’ormai fittissimo calendario di eventi startup/tech che si svolgono in tutta Europa come per esempio Websummit di Lisbona, Slush di Helsinki, Vivatech di Parigi, TechBBQ di Copenhagen, ViennaUp, South Summit di Madrid, The Next Web di Amsterdam o Latitude59 di Tallin per restare nei Paesi baltici. TechChill offre un contesto dimensionalmente molto efficace che consente di incontrare le persone presenti e noi di Startupbusiness siamo andati a Riga per parteciparvi e abbiamo scelto di incontrare due investitrici che si occupano di impact investing Nora Bavey, general partner di Unconventinal Ventures e Agate Freimane general partner di Norrsken VC , una communication manager, Liuka Lobarieva che lavora per una startup che si sviluppa tra gli Usa e l’Ucraina che si chiama Datuum.ai e che ha deciso di mettere le sue competenze anche al servizio del suo Paese in questo momento storico drammatico, e poi abbiamo parlato con Federico Fini associate del fondo di investimento estone Karma Ventures che è italiano e lavora in quell’ecosistema e che egli stesso definisce come logicamente impossibile: “l’ecosistema estone è come il calabrone che per le leggi della fisica non potrebbe volare ma lui le leggi della fisica non le conosce e vola, ecco un Paese di un milione e mezzo di abitanti, di cui circa 400mila nella capitale, che riesce a produrre 10 unicorni è la dimostrazione che applicando le giuste strategie, la giusta cultura, le giuste politiche si può costruire qualcosa di unico”.

Nora Bavey

“Sono una founder che è diventata investitore – dice Bavey -, quando la fondatrice d Unconventional Ventures Thea Messel mi ha chiesto di affiancarla ho accettato perché la nostra organizzazione si concentra sull’innovazione che fa leva sul concetto di diversity ed è fondamentale che vi siano anche in Europa veicoli di questo tipo, quando cercavo soldi per la mia startup sono andata a cercarli anche in Usa dove devo dire per certi versi la sensibilità verso la diversità è maggiormente spiccata, qui nei nordics la faccenda era molto diversa, certamente per via della storia molto diversa tra qui e gli Usa ma ciò rende ancora più importante accrescere la sensibilità e per me è anche un tema personale perché benché oggi io viva a Stoccolma ci sono arrivata come migrante dall’Iran”.

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Una delle prime iniziative di Nora Bavey quando nel 2020 è diventata general partner di UV è stata quella di creare l’acceleratore per dare ancora maggiore forza alla diversity e alla imprenditorialità femminile: “anche i dati del report che facciamo sul funding gap che c’è tra la capacità di raccolta da parte di imprenditori con diverse caratteristiche sia di gender sia di etnia, per esempio solo lo 0,7% dei team di startup nei Paesi nordici e fatto da tutte donne, e si rileva anche che le imprenditrici riescono mediamente a chiudere round con valori inferiori, sia in fase di seed che late stage rispetto ai colleghi maschi, ciò benché, abbiamo anche rilevato, le aziende a guida femminile sono, sempre nell’area, mediamente 1,45 volte più profittevoli di quelle a guida maschile, quindi il tema è due volte interessante: una perché è fondamentale fare in modo che vi siano opportunità per tutti a prescindere dal gender, dall’etnia o dall’orientamento sessuale e due perché poi alla fine anche i numeri dimostrano che investire nelle aziende fondate da queste persone appare come una buona scelta anche dal punto di vista finanziario”.

Oggi UV ha nove aziende in portafoglio: due tedesche, una norvegese, quattro svedesi, due danesi e guarda principalmente agli ecosistemi di Regno Unito, Germania e Francia per via delle nutrite comunità di immigrati presenti in quei Paesi nei quali lavora in collaborazione con le organizzazioni che contribuiscono a costruire gli ecosistemi e si impegna per accrescere la consapevolezza che anche temi come la scarsità di talenti possono beneficiare da una visione più ampia e scevra da preconcetti.

Agate Freimane

“Il concetto di impact diventa perno della investment strategy anche per i vc più tradizionali e anche i grandi business si orientano in questo senso ma non sanno come farlo, come supportare il cambiamento e questo crea opportunità di business per le startup”, spiega Agate Freimane sottolineando come il fondo di cui è general partner è oggi molto attento a settori come l’elettrificazione o le soluzioni per la lotta allo spreco del cibo, gli investimenti si concentrano in Europa e hanno un taglio che va da 1 a 5 milioni di euro. “Oggi abbiamo 35 aziende in portafoglio e siamo molto attenti ad aspetti come il gender balance, anche noi stessi siamo 50/50 e stiamo costruendo un portafoglio che non prevede compromessi tra il ritorno finanziario e quello in termini di impatto e questa scelta è condivisa anche dai nostri Limited partner”.

Norrsken VC gestisce un fondo da 125 milioni di euro guarda a tutta Europa e in particolare alla regione dei Paesi nordici, alla Germania e al Regno Unito ma anche in portafoglio una startup spagnola. “Credo che oggi l’Europa faccia scuola nel mondo in termini di investimenti legati alla sostenibilità, è importante mostrare come gli investimenti impact sono efficaci sotto ogni punto di vista ed è importante mostrare che ciò avviene se si investe in aziende che fanno quella parte di innovazione che abilita la sostenibilità, benché oggi qualsiasi startup si presenta al mercato con un approccio che deve essere socialmente e ambientalmente compatibile, sono quelle che sviluppano tecnologie che rendono possibile tale approccio quelle che a noi interessano e quelle che riteniamo capaci di fare la differenza sia in termini di impatto sia in termini di ritorni finanziari”.

Liuka Lobarieva

“Datuum.ai è una piattaforma per l’automazione del data mangement – spiega Liuka Lobarieva che per la startup  si occupa di comunicazione – oggi siamo un’azienda che ha la testa negli Stati Uniti dove risiede il nostro Ceo ma che è nata in Ucraina dove risiedono la maggior parte delle dieci persone che vi lavorano, ovviamente il momento è molto particolare, lo è per ognuno di noi, io per esempio il giorno in cui è iniziata la guerra mi trovavo a Dubai a una conferenza e da li non sono più riuscita a rientrare a casa mia a Kyiv ma sono andata direttamente in Germania e oggi nel mio tempo libero lavoro per aiutare le istituzioni ucraine a comunicare con il mondo a dialogare con la stampa internazionale, questo è il mio contributo attivo a fare in modo che la guerra finisca presto e l’Ucraina ne esca vincitrice”.

La startup continua a lavorare e a fornire le sue soluzioni, oggi in modalità Saas e presto anche sotto forma di prodotto, ha raccolto già un milione di dollari con un primo investimento sostenuto da business angel e punta a un secondo round da due milioni di dollari entro la fine dell’anno, lavora con tutti i settori industriali ma Lobarieva indica che in questo momento sono soprattutto quelli legati all’healtcare in Usa e all’automotive in Europa a rappresentare la maggior parte dei clienti.

Federico Fini

Federico Fini ha studiato alla London Business School, ha lavorato in OCTO Telematics e oggi è associate presso Karma Ventures, uno dei più attivi investitori nei Paesi baltici con sede a Tallin e con attenzione a tutta Europa nei settori delle soluzioni Saas B2B e del deep tech in particolare.

“Lavoriamo con i Paesi dell’Unione europea, con il Regno Unito, la Svizzera, l’Islanda, la Norvegia e consideriamo come deep tech non necessariamente soluzioni di tipo hardware ma soprattutto soluzioni software sofisticate che sono quelle che poi fungono da enabler dell’hardware deep tech, investiamo da un minimo di 500mila euro a un massimo di 5 milioni di euro e mediamente rileviamo il 10/15% dell’equity, siamo lead o co-lead dei round a cui partecipiamo e non facciamo follow-up se non nelle aziende dove abbiamo già investito”.

L’attuale fondo di Karma Ventures vale 100 milioni di euro, è stato chiuso a fine 2021 e ha già deliberato tre investimenti, si tratta del secondo fondo del veicolo che ne aveva già avviato uno da 70 milioni di euro nel 2016 che è stato portato a termine con 16 investimenti e quattro exit.

“Non abbiamo startup italiane in portafoglio al momento soprattutto perché prima che arrivassi io non c’era deal flow dall’Italia, ora sto iniziando a costruirlo, la mia esperienza qui nasce perché quando ero a Londra e mandavo application a fondi in tutta Europa, Karma mi ha chiamato e mi sono quindi trasferito a Tallin dove c’è un ecosistema unico, che nasce circa dieci anni fa con il primo unicorno che fu Skype e i cui fondatori poi hanno deciso di riversare molte risorse nell’ecosistema e oggi si contano 10 unicorni (oltre a Skype ci sono Playtech.com, Wise.com, Bolt, Pripedrive.com, Zego.com, ID.me, Gelato.com, Veriff e Glia, ndr), l’altro fattore che ha permesso di creare in Estonia un così efficiente ecosistema è rappresentato dall’intervento del governo che ha creato una struttura che rende facile creare startup, anche gli stranieri possono ottenere la residenza temporanea se arrivano come founder, il governo è molto attento e ci sono fondi governativi e poi c’è Estvca, l’Estonian venture capital association che è molto attiva, c’è inoltre un continuo scambio tra gli operatori e il governo e così si è creata la cultura della startup”.

Alla luce di questo scenario è facile intuire come sia difficile per un investitore abituato a operare in un ecosistema così agile pensare di investire in aziende italiane, l’Italia è percepita come luogo dove vi sono ancora troppi ostacoli all’imprenditorialità, dove i fattori politici e burocratici rallentano la crescita e dove la struttura di investimento rischia di diventare troppo complessa e quindi si preferisce guardare, oltre che ai Paesi baltici, alla Francia, alla Germania, ai Paesi nordici e perfino alla Polonia perché le procedure sono più snelle e veloci e perché c’è quindi meno lavoro da fare per portare a termine gli investimenti, tutto ciò è però frutto sia di elementi oggettivi ma anche di una percezione che può naturalmente cambiare, può diventare importante e interessante anche per i fondi di questi Paesi avvicinarsi all’Italia non solo perché da noi ci sono oggettivamente startup che hanno grande valore e che quindi possono essere oggetto di deal importanti, ma anche perché quella percezione può sempre cambiare visti i passi avanti strutturali che l’ecosistema italiano ha fatto negli ultimi anni.

In occasione di TechChill Fini ha voluto condividere alcune riflessioni sul ruolo di coloro che appartengono alla generazione Z e che lavorano nei fondi di investimento: “La presenza di persone della Gen Z nei vc è un trend solido, i fondi di vc in Europa e Usa assumono sempre più persone con meno di 25 anni perché conoscono l’evoluzione tecnologica che influenza la vita delle startup e c’è anche l’aspetto di marketing legato alla capacità del vc di creare una struttura che sia diversificata non solo nel gender ma anche nell’età, è importante infatti che gli investment team siano caratterizzata dalla diversity anche dal punto di vista generazionale perché solo così si possono confrontare le culture e le esperienze e avere una visione ampia e completa”.

Karma ha oggi diversi Limited partner e tra loro c’è anche  Ambient sound investment che è il family office dei fondatori di Skype che sono quattro estoni che agiscono anche come technical advisor: “La presenza di questo che potremmo definire come Skype DNA è importante per Karma perché noi investiamo conoscenza e non solo denari ed è questo un elemento chiave oggi in Europa dove il mondo dei vc sta diventando molto competitivo e quindi erogare solo capitale non è più sufficiente, anche i vc devono andare oltre e portare competenze e conoscenze in particolare nell’ambito dove operiamo noi tra il seed e il serie A che ci porta poi ad avere rapporti di collaborazione anche con grandi fondi che fanno poi i round successivi ed è importante che portiamo loro aziende dove l’investimento si traduce in termini di supporto alla crescita sia finanziaria sia non”.

Proprio nell’ottica di rendere l’ecosistema delle startup europee sempre più coeso e collaborativo gli organizzatori di TechChill hanno annunciato che stanno lavorando a una edizione dell’evento che si terrà a Milano alla fine del mese di settembre, torneremo a darvi notizie su questo annuncio.

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