Indice degli argomenti
- Office for attracting strategic enterprises
- InvestHK
- GBA
- Constitutional and Mainland affair bureau
- Policy Unit
- Innovation, technology and industry bureau
- HKSTP
- Digital policy office
- Cyberport
- Il sistema legale
- L'anticorruzione
- Talenti
- Fintech
- Ulteriori considerazioni di tipo economico
- La presenza UE
- Trade development council
- Non solo business
Se vi capita di passeggiare per le zone centrali di Hong Kong di domenica è assai probabile che vi troviate a fare slalom tra gruppi di persone accampate in ogni luogo possibile, che giocano al bingo, che fanno il karaoke, i balletti per Tiktok, il mercatino di abbigliamento e cibo, e magari anche qualche show tipo la premiazione del più bel vestito tradizionale. Migliaia di persone ovunque, sono la forza lavoro, per la gran parte di origine filippina, che durante la settimana si occupa delle faccende domestiche e che la domenica occupa ogni possibile spazio urbano, l’amministrazione cittadina chiude anche intere strade per consentire loro di avere più spazio. Per un giorno alla settimana le torri di uffici della città, comprese quelle più iconiche come quella della Bank of China Hong Kong e quella di HSBC fanno ombra a questa espressione della collettività umana che anima le strade, i parchi e le piazze, quasi non ci trovassimo nelle terza più importante città finanziaria globale dopo New York e Londra secondo il Global financial centres index per il 2025.
Hong Kong vive di contrasti, vive del nuovo e del vecchio, il meglio di quanto resta del passato coloniale, l’unica cosa che ancora conserva la dicitura ‘royal’ è lo yacht club, vive dell’est e dell’ovest ove il concetto di città globale è presente ovunque in ogni aspetto della quotidianità. Hong Kong vive di opportunità che si creano grazie a questa sua unicità non solo geografica ma anche sociale, politica, amministrativa.
La città ha una popolazione tutto sommato contenuta considerando le proporzioni medie delle città cinesi, l’intero territorio ospita circa 7,5 milioni di persone, è governato in modo indipendente grazie al modello noto come: un Paese, due sistemi che definisce Hong Kong come parte in alienabile del territorio cinese da un lato, e affida a un sistema locale giocato dalla cosiddetta ‘basic law’ un’ampia libertà di gestione di moltissimi temi che consente di perseguire obiettivi di sviluppo in un contesto internazionale che rappresentano una vera e propria unicità. Le differenze principali tra il sistema della Cina continentale (mainland China) e Hong Kong riguardano soprattutto il sistema legale che nel territorio conserva il modello della common law di ispirazione britannica ed è gestito sia in cinese sia in inglese, mentre nella Cina continentale si utilizza il modello della civil law (lo stesso modello di ordinamento giuridico che si utilizza anche in Italia) che è gestito unicamente in lingua cinese, e poi altro perno sul quale si identifica la specificità di Hong Kong è la mancanza del controllo dei flussi dei capitali che in Cina è applicata, cosa che, ovviamente, rende più facile condurre business a livello internazionale e rafforza il ruolo della piazza finanziaria, ivi compresa, la Borsa valori.
Naturalmente le specificità della basic law di Hong Kong sono moltissime e riguardano tutti gli aspetti della vita civile, qui però ci concentriamo sugli elementi che fanno di Hong kong un approdo unico e ricco di opportunità per le imprese globali che intendono svilupparsi sui mercati asiatici, per le startup che sono alla ricerca di nuovi sbocchi, di opportunità in termini di ricerca e sviluppo, e di investitori.
Per meglio comprendere lo scenario e le effettive opportunità abbiamo incontrato diversi rappresentanti dei vari uffici e dipartimenti del governo di Hong Kong, che oggi è guidato dal Chief Executive John Lee Ka-chiu.
Office for attracting strategic enterprises
Il governo di Hong Kong SAR (special administrative region) ha creato Oases circa tre anni fa per accelerare il processo di attrazione delle imprese che operano in settori considerati strategici. Si tratta di una evoluzione specifica del lavoro che fa InvestHK, di cui scriviamo di seguito, e che si concentra in particolare su cinque settori: intelligenza artificiale e data science, advanced manufacturing e new energy, fintech, cultural creativity industry, life e health. “Il nostro obiettivo – dice Jimmy Chiang, deputy director-general di Oases – è portare a Hong Kong le grandi aziende attive in questi ambiti ma siamo anche consapevoli che è opportuno sviluppare azioni su aziende che magari pur non essendo grandissime sono già leader nei loro mercati e magari si trovano in fase di raccolta di round serie B o addirittura quasi pronte per la quotazione in Borsa”.
Fino a oggi Oases ha portato a Hong Kong oltre 100 imprese di cui la gran parte, il 75% provenienti dalla Cina continentale e il restante soprattutto da Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Canada, Svizzera, Singapore: “queste imprese – precisa David Dai, senior advisor di Oases – hanno portato investimenti per 60 miliardi di dollari di Hong Kong (circa 6,7 miliardi di euro) e hanno creato circa 22mila posti di lavoro”.
“InvestHK e Oases sono le due agenzie di attrazione degli investimenti del governo di Hong Kong e la scelta di creare Oases è avvenuta proprio per dare maggiore spinta ai settori strategici – aggiunge Chiang – Il nostro obiettivo è sì attrarre aziende cinesi che vogliono espandersi verso il resto del mondo, ma anche aziende internazionali, europee in particolare, che desiderano espandersi nei mercati asiatici e lo facciamo fornendo in set completo di servizi che abbiamo denominato Benefits, sigla che sta per business, exposure, networking, easy-landing, funding, infrastrutture, talent, space e che comprende tutto ciò che noi forniamo a chi sceglie di venire a Hong Kong”. Il modello di supporto Benefits comprende tutte le attività che riguardano la creazione di opportunità di business, la promozione sul mercato e le pubbliche relazioni, la creazione di connessioni con la community delle imprese della rete di Oases, l’accompagnamento alla definizione della presenza a Hong Kong, l’attivazione di relazioni con il mondo dei finanziatori, il supporto alla definizione di infrastrutture tecnologiche, l’accesso al mondo accademico per l’individuazione dei talenti da assumere, e la gestione degli aspetti legati alla presenza fisica quindi terreni e uffici.
InvestHK
“Al momento a Hong Kong sono attive 4700 startup secondo gli ultimi dati risalenti al 2024, quelli del 2025 saranno disponibili a breve – dice Chin Yung Lu, senior vie president per il settore startup di InvestHK – di queste il 72% sono fondate da imprenditori locali e il 28% arrivano da fuori di cui il 40% dalla Cina continentale, il 10% dal Regno Unito, il 10% dagli USA e il restante 40% da altri Paesi del mondo. I settori principali sono il fintech, l’information technology, il commercio elettronico, l’education tech e data analytics”.
“Vogliamo aumentare la quota di startup che arrivano dall’Europa – sottolinea Alpha Lau, director general di InvestHK – dobbiamo lavorare per fare conoscere meglio le opportunità che ci sono qui, Hong Kong è come una finestra sul mondo per la Cina, e sui mercati asiatici per il resto del mondo, le aziende cinesi usano Hong Kong per dare forza alle loro strategie di esportazione. Hong Kong sta alla Cina un po’ come il DIFC (Dubai international financial center, ndr) sta a agli Emirati Arabi Uniti, in più va ricordato che il dollaro di Hong Kong è al momento ancorato al dollaro USA e che a Hong Kong non vi è il controllo sui flussi di denaro e ciò la rende estremamente efficace come piattaforma per l’ingresso di business verso la Cina e viceversa, infine non va dimenticato che oggi la Borsa di Hong Kong (Hing Kong stock exchange – HKEX, ndr) è prima al mondo per numero di IPO (initial public offering, ne ha registrate 67 nei primi nove mesi e si prevede saranno 80 entro la fine dell’anno – fonti varie tra cui KPMG, ndr)”.
Kinder Chu, senior vice president per le startup di InvestHK aggiunge ulteriori elementi allo scenario: “a Hong Kong è molto semplice gestire il flusso dei pagamenti anche a livello internazionale e abbiamo un sistema che rende estremamente semplice creare un’azienda qui, si può fare tutto in autonomia e direttamente online, noi siamo sempre disponibili per dare supporto ovviamente ma la procedura è davvero semplicissima, in due ore al massimo si fa tutto e noi poi possiamo intervenire per dare supporto in termini di servizi professionali, consulenza, pubbliche relazioni”.
Oggi sono quasi 10mila le aziende internazionali presenti a Hong Kong di cui la gran parte arrivano da USA, Regno Unito, Singapore e Giappone, e poi ci sono le politiche per attirare gli studenti internazionali con borse di studio, con li visto per studenti che ha validità triennale, su questo tema torniamo qui di seguito approfondendo appunto le strategie per attirare gli studenti internazionali che è un modo ottimale non solo per consolidare il ruolo cosmopolita della città ma anche per creare quella base di comunità globale che a vario titolo ha avuto esperienza a Hong Kong e quindi tende a considerarla, nel corso dello sviluppo della carriera, come meta preferibile per avviare azioni di internazionalizzazione verso i mercati asiatici.
GBA
Qui, prima di proseguire con le informazioni fornite dai vari dipartimenti governativi, serve approfondire un ulteriore elemento che serve per comprendere a fondo il ruolo di Hong Kong nello scenario attuale. Serve quindi approfondire il concetto di GBA, sigla che sta per Greater Bay Area. La GBA è una sorta di contesto che sta tra la forma di gestione speciale di Hong Kong e il modello standard cinese. GBA è quell’area che come fosse un ferro di cavallo ha ai suoi estremi Hong Kong a est e Macao a ovest e include le città di Shenzhen, considerata la città maggiormente tecnologica della Cina, Dongguan, Huizhou, Guangzhou, Zhaoqing, Foshan, Zhingshan, Jiangmen, Zhuahi e Macao.
Un’area che conta una popolazione di 87 milioni di persone, che ha un Pil di oltre 2 mila miliardi di dollari USA e che si estende per 56mila chilometri quadrati. Una mega città che ha caratteristiche uniche, che racchiude la forza finanziaria con Hong Kong che assume il ruolo di Wall Street e Shenzhen che è una sorta di Silicon Valley con la differenza che non stanno a distanza di 5 ore di volo ma si trovano estremamente vicine, per andare a Shenzhen da Hong Kong si prende la metropolitana, in massimo un’ora si arriva, si attraversa il fiume e ci si trova nel cuore della tech city cinese.
Un’area che con l’inaugurazione del lunghissimo ponte che collega Hong Kong con Macao, un’opera faraonica lunga 55 chilometri, vale a dire oltre 18 volte quello che sarà il ponte sullo stretto di Messina (che resta un record per la lunghezza della campata sospesa), composta da un ponte di 23 chilometri, un tunnel di 7 chilometri, due isole artificiali, un ulteriore collegamento sul mare verso Hong Kong di 12 chilometri e uno verso Zhuhai da 13 chilometri, un’opera che ha ridotto i tempi di percorrenza in modo drastico, per esempio per andare da Zhuhai all’aeroporto di Hong Kong servivano prima 4 ore di viaggio, ora sono sufficienti 45 minuti. Insomma il ponte ha trasformato la GBA da un ferro di cavallo a un anello perfetto, non geometricamente ma sicuramente geograficamente. Nel proseguo di questo reportage comprenderemo perché la GBA è fondamentale per comprendere le potenzialità di Hong Kong.

Constitutional and Mainland affair bureau
Franco Kwok è il principal assistant secretary for Constitutional and mainland affairs e la sua missione è porre enfasi sull’importanza della sinergia tra il ruolo di Hong Kong con le sue specificità in relazione al rapporto con la Cina continentale e il resto del mondo. “Dal 1997 quando c’è stato il passaggio di consegne tra la Gran Bretagna e la Cina si è attivato il modello che chiamiamo ‘un Paese due sistemi’, modello che consente a Hong Kong di applicare la common low, di evitare che ci sia il controllo sul flusso dei capitali, va anche detto che vi sono tutt’ora una distinta valuta e anche i passaporti sono emessi da diverse autorità, esiste di fatto anche il confine tra la Cina continentale e Hong Kong. Ci sono delle competenze che fanno capo a Pechino, per esempio la difesa, altre che invece mantengono forte indipendenza come gli affari internazionali, il sistema legale, il sistema fiscale, anche le aziende cinesi che aprono una sede a Hong Kong si devono registrare con una entità legale specifica proprio come fanno quelle che arrivano da altri Paesi”.
Anche il sistema educativo resta differente e le Università di Hong Kong continuano a registrare livelli di eccellenza e apparire ai piani alti delle classifiche che premiano gli atenei di tutto il mondo.
In base agli accordi tra Gran Bretagna e Cina che hanno portato appunto al passaggio del territorio nel 1997, l’autonomia di Hong Kong è garantita per 50 anni, quindi fino al 2047 ma secondo Kwok, opinione condivisa da quasi tutti in città, il governo di Pechino non ha interesse a che le cose cambino anche dopo il 2047 perché da un lato questo equilibrio sta funzionando bene dal puto di vista della capacità di generare business e valore economico e sociale, e dall’atro perché a Pechino serve avere una finestra aperta al mondo capace di garantire un ambiente favorevole allo sviluppo e credibile anche nel lungo termine, quindi ben oltre il 2047, non fosse così sarebbe difficile già oggi attrarre investimenti e imprese dall’estero.
“E’ vero che da un punto di vista formale il confine tra Hong Kong e la Cina continentale è ancora presente, ma è anche vero – aggiunge Kwok – che sempre più spesso gli abitanti di Hong Kong vanno a Shenzhen che è molto vicina e offre una serie di servizi di qualità a costi che sono assai più competitivi rispetto a quelli che si trovano qui, questo fenomeno da un lato ha dei riverberi sull’economia locale ma dall’altro accresce il reciproco scambio tra le due città”, cosa questa che appare importante alla luce del progetto denominato Northern Metropolis e del nuovo parco scientifico e tecnologico che sorgerà al confine tra la zona nord di Hong Kong, denominata New Territories, e appunto la città di Shenzhen di cui leggerete più avanti.
Policy Unit
Fondamentale per comprendere il sistema non solo da un punto di vista tecnico ma anche da un punto di vista operativo è ciò che dice Stephen Wong, head chief executive Policy Unit, insieme a Nicholas Kwan, deputy head della medesima divisione: “prendo come esempio principale dello sviluppo strategico il progetto di Northern Metropolis che assume una caratteristica unica sia fisica sia concettuale, rappresenta infatti il futuro sia perché è un luogo pensato per lo sviluppo di ricerca, innovazione tecnologie, sia perché è cerniera che salda il rapporto tra Hong Kong e Shenzhen e lo fa puntando proprio sulla visione dell’innovazione tecnologica e sociale. Shenzhen è oggi la città maggiormente tecnologica in Cina, è considerato il luogo dove l’innovazione trova il suo terreno più fertile e questa sua vicinanza con Hong Kong porta valore a entrambe le sponde dell’omonimo (della città cinese, noto anche come Sham Chun, ndr) fiume. Si tratta di sinergie già attive, per esempio ci sono aziende healthcare che sviluppano a Hong Kong e poi fanno i trial clinici in Cina perché ci sono più pazienti e perché anche i costi sono maggiormente contenuti, si tratta sempre di prodotti e cure di altissima qualità che portano benefici all’intera area GBA”.
Innovation, technology and industry bureau
Il progetto del parco scientifico al confine con Shenzhen è al centro delle strategie del dipartimento che si occupa di innovazione, tecnologia e industria come sottolineano Vicky Cheung, principal assistant secretary e Molly Hui, assistant secretary, dell’Innovation, technology and industry bureau, la prima in particolare è colei che ha in carico la responsabilità dello sviluppo dell’opera. “Stiamo parlando di un progetto che vale 22 miliardi di dollari di Hong Kong per quanto riguarda la parte di investimenti pubblici ai quali poi si aggiungeranno quelli dei privati e che sarà completato nella prima fase entro il 2030 e nella seconda fase entro il 2035”. L’HSITP, sigla che sta per Hong Kong Shenzhen innovation technology park sarà il nuovo pilastro del sistema di centro di sviluppo, innovazione e sostegno alle startup che si trovano a Hong Kong e che vedono in prima linea l’HKSTP, Hong Kong Scientific Technology Park e il Cyberport che è il parco tecnologico dedicato alle tecnologie digitali di cui scriviamo più avanti.
“Siamo molto concentrati su questo progetto, lo stiamo pensando come struttura nuova sia dal punto di vista fisico ma anche concettuale, come luogo capace di dare effettivo supporto a chi fa impresa innovativa fornendo supporto di tipo M&M, quindi money e market, i due elementi che servono alle aziende che fanno innovazione, alle startup, per crescere e svilupparsi, è un progetto fortemente voluto dai vertici del governo che con la gestione di John Lee sta mostrando grande spinta operativa e punta alla realizzazione di fatti concreti”.
HKSTP
Il parco scientifico e tecnologico di Hong Kong è una struttura ampia e articolata, una vera e propria cittadina che si trova nella zona di Shatin, praticamente a metà strada tra il centro di Hong Kong e il confine con Shenzhen. Michael Leung, associate director portfolio development startup ecosystem enfatizza alcuni elementi: come prima cosa sottolinea che HKSTP già oggi ha una sua filiale a Shenzhen che si raggiunge dalla sede di Shatin in circa 30 minuti ed è avamposto nella capitale cinese della tecnologia e prodromo a quella che sarà la base concettuale dell’HSITP e poi concentra la sua attenzione su quella che potremmo definire come uno showroom delle startup residenti nel parco con progetti legati all’intelligenza artificiale fisica, all’energia rinnovabile, ai dispositivi medicali e supporto dei diversamente abili, con perfino innovazioni che guardano al mondo del divertimento con un mixer robotizzato in grado di preparare i principali cocktail in modo autonomo.
Il parco ha una superficie di 31mila metri quadrati, è al centro dei programmi denominati Health@InnoHK e AIR@InnoHK destinati rispettivamente alle lifescience e all’intelligenza artificiale e robotica che sono sostenuti dal governo con un investimento complessivo di 10 miliardi di dollari di Hong Kong e che mirano a concentrare attività di ricerca, talenti, risorse al fine di sviluppare sinergie e creare valore sia tecnologico e scientifico sia in termini di impresa e impatto sul territorio. Il parco ha generato negli anni 13 unicorni, vanta numerose partnership industriali con aziende come HSBC e Cathay Pacific, la compagnia aerea di Hong Kong, che è anche sponsor di EPIC, l’Elevator pitch international competition, che si è svolta all’inizio di novembre presso la nuova stazione marittima che svetta sulla lingua di terreno che un tempo era la pista di atterraggio del vecchio aeroporto di Kai Tak, tra cento startup provenienti da tutto il mondo tra cui le italiane Insilicontrials, Insimili, Nano-tech.

Digital policy office
Cari Wu è assistant commissioner del Digital policy office con incarico relativo alla collaborazione sia con il settore industriale sia con la Cina continentale e spiega come l’utilizzo delle tecnologie a livello di pubblica amministrazione e cittadini sia oggi un fenomeno diffusissimo che consente di raggiungere nuovi livelli di efficienza nell’erogazione dei servizi: “per esempio la app I Am Smart che abbiamo lanciato nel 2022 conta oggi 3,8 milioni di utenti, quindi in pratica la gran parte della popolazione adulta di Hong Kong, tale app integra anche il sistema di pagamento per consentire di gestire in modo diretto ogni tipo di operazione e poter integrare anche servizi bancari, assicurativi e la gestione delle bollette dell’energia”. Ma le politiche digitali guardano oltre e si sta lavorando per esempio alla digital corporate identity che si prevede sarà attiva del 2026 e su politiche capaci di garantire la cybersecurity, sul fare in modo che i dati sensibili siano residenti a Hong Kong, sul definire strategia di interoperabilità per il flusso delle informazioni attraverso accordi di collaborazione con la Cina continentale, e a livello internazionale.
“Nella nostra strategia sono importantissimi anche la relazione con il mondo accademico e la collaborazione con aziende private – aggiunge Wu – ed è perciò che a sostegno dello sviluppo delle tecnologia digitali abbiamo attivato i programmi come quello noto come AIR@InnoHK, un vero e proprio ecosistema di iniziative legate all’intelligenza artificiale che comprende anche un LLM proprietario presentato a febbraio 2025 HKGAIV1, un istituto per la ricerca e sviluppo legata all’IA finanziato con un miliardo di dollari di Hong Kong, un supercomputer center e un programma di sostegno economico alle iniziative legate all’intelligenza artificiale che ha una dotazione di 3 miliardi di dollari di Hong Kong”.
Le policy sul digitale servono per sostenere il settore, per fare di Hong Kong un polo di attrazione dell’innovazione digitale anche attraverso eventi internazionali come sono InnoEX e la World internet conference Asia Pacific Summit che si svolgono in città così come il festival delle startup e quello del fintech, ospitate dall’Hong Kong Conference and exhibition center che fa capo all’Hong Kong Trade development council (HKTDC) di cui scriviamo qui di seguito, ma prima di arrivarci ci sono altri due aspetti da approfondire, quello legale e quello educativo, che concorrono a completare lo scenario che delinea il modo in cui le imprese internazionali possono trovare a Hong Kong un punto di atterraggio altamente favorevole per sviluppare i mercati asiatici, per fare ricerca, per trovare investitori per accedere al dinamico mercato finanziario che, per esempio, il giorno 6 novembre 2025 ha visto la quotazione di due aziende che si occupano di guida autonoma che si chiamano Pony AI e WeRide, due aziende altamente tecnologiche, la prima più focalizzata sul servizio di robotaxi da sviluppare in tutta la Cina continentale, la seconda sullo sviluppo di tecnologie e realizzazione di flotte di veicoli a guida autonoma, entrambe già quotate anche negli USA e capaci di raccogliere interesse e capitale dagli investitori che operano sulla dinamicissima Borsa di Hong Kong che a ottobre 2025 capitalizzava circa 48 trilioni di dollari di Hong Kong pari a circa 5,3 trilioni di euro (per paragone la Borsa di Shanghai vale 64,5 trilioni di renminbi cinesi pari a 7,8 trilioni di euro).
Cyberport
Rebecca So, head of marketing di Cyberport parte dall’illustrare il progetto del nuovo edificio, il quinto del campus che sorgerà a un passo dal mare e che è quasi pronto, sarà inaugurato a gennaio 2026 e renderà disponibili ulteriori 66mila metri quadrati. “Cyberport è l’incubatole dell’industria digitale di Hong Kong, abbiamo relazioni con aziende grandi che vengono qui per cercare innovazioni a loro utili, sosteniamo anche finanziariamente, con 500mila dollari di Hong Kong, tutte le startup che incubiamo e che seguono il nostro programma biennale e che sono circa 160, le quali fanno parte delle oltre 2300 aziende che hanno sede qui. Il nostro è un ecosistema olistico che dispone di risorse finanziarie che si articolano in un fondo di co-investimento da 400 milioni di dollari di Hong Kong, nel Cyberport investor network e nel Cyberport venture capital forum che ci consente di avere relazioni continue con gli investitori, cosa che genera risultati ottimi visto che le nostre startup fino a oggi hanno raccolgo 46,2 miliardi di dollari di Hong Kong complessivamente”.
Cyberport è la culla dell’innovazione digitale di Hong Kong, il 40% delle aziende e startup fintech per esempio nasce da qui, ci sono 280 aziende che lavorano su blockchain e web3, oltre 400 che lavorano su intelligenza artificiale, robotica, big data, 30 sulla cybersecurity, 170 si occupano di digital entertainment, 900 di smart living, il campus ospita anche il centro di supercomputing più potente di Hong Kong. “Abbiamo anche aziende che si sono quotate alla Borsa di Hong Kong, aiutiamo le aziende a diventare internazionali lavorando con camere di commercio di diversi Paesi nel mondo abbiamo anche recentemente invitato diversi consoli generali qui da noi e abbiamo alleanze attive con Dubai, Arabia Saudita, Tailandia, Corea, Malesia, Giappone, Stati Uniti”.
Il sistema legale
Helen Kung, viceconsulente legale principale dell’Ufficio per il potenziamento e lo sviluppo giuridico presso il Segretariato di Stato per la Giustizia del governo di Hong Kong, illustra le peculiarità del sistema giuridico nel suo rapporto con la Cina continentale e, di conseguenza, nel suo ruolo di efficace “super-connettore” a sostegno sia delle aziende internazionali che desiderano espandersi in Cina, sia delle aziende cinesi continentali che mirano ad entrare nei mercati internazionali.
Il sistema è altamente strutturato e, soprattutto, costantemente aggiornato. “Per comprendere il modello attuale”, afferma Kung, “è importante notare che, in base al principio ‘un paese, due sistemi’, Hong Kong è l’unica giurisdizione di common law in Cina. Infatti, il sistema di common law di Hong Kong ha una forte tradizione e un’ottima reputazione nella comunità globale. Dal luglio 1997, Hong Kong ha una propria Corte di Cassazione come massima autorità giudiziaria. Sia il cinese che l’inglese sono lingue ufficiali nei procedimenti giudiziari e un numero significativo di sentenze bilingui e altri materiali legali vengono caricati regolarmente sul sito web della magistratura di Hong Kong per una maggiore trasparenza e accessibilità. Abbiamo un sistema che garantisce ai giudici l’esercizio indipendente del loro potere giudiziario attraverso la tutela legale, e tutti sono uguali davanti alla legge. È anche possibile, ad esempio, che un cittadino faccia causa al governo di Hong Kong stesso, se le circostanze lo giustificano”.
A Hong Kong ci sono circa 11.800 avvocati, ovvero avvocati che lavorano con i clienti, e circa 1.780 avvocati specializzati in patrocinio. Il Dipartimento di Giustizia ha anche promosso attivamente l’uso della tecnologia legale e dell’intelligenza artificiale nel settore legale.
Tuttavia, ciò che è particolarmente interessante è il rapporto tra i sistemi giuridici di Hong Kong e della Cina continentale, soprattutto quando si tratta di imprese. Come già detto, Hong Kong ha un sistema di common law che è distinto dal sistema di diritto civile adottato nella Cina continentale. Ciò che è importante sapere in questo caso, tuttavia, è come le imprese che scelgono di stabilirsi a Hong Kong per aprirsi al mercato della Cina continentale possano operare nel modo più efficace possibile scegliendo di applicare la legge di Hong Kong nei loro contratti.
È stato sviluppato e recentemente ampliato un quadro normativo che sostiene le imprese con investimenti di Hong Kong registrate a Shenzhen e Zhuhai nell’adozione della legge di Hong Kong nei loro contratti. Esso sostiene inoltre le imprese con investimenti di Hong Kong costituite e registrate in uno dei nove comuni della Cina continentale nella GBA nell’accordo di scegliere Hong Kong come sede dell’arbitrato nei loro contratti.
Questa norma è entrata ufficialmente in vigore il 14 febbraio 2025 ed è stata ulteriormente spiegata in un comunicato stampa pubblicato dal Dipartimento di Giustizia (DoJ) nell’ottobre 2025. I dettagli sono stati pubblicati sul sito web del DoJ. Per “impresa con investimenti di Hong Kong” si intendono in generale le imprese che sono interamente o parzialmente finanziate da persone fisiche, imprese o altre organizzazioni di Hong Kong e che sono costituite e registrate nella Cina continentale secondo le leggi di quest’ultima. Non vi sono restrizioni relative al settore o al tipo di caso.
Questo tipo di iniziative, legali in questo caso specifico ma il cui approccio abbraccia ogni ambito, evidenziano come Hong Kong agisca come una piattaforma di collegamento che non è semplicemente un “punto di transito”, ma aggiunge valore in ogni aspetto e, in questo modo, fa la differenza con la sua unicità politica, sociale, geografica ed economica.

L’anticorruzione
Sempre in ambito legale è fondamentale anche il ruolo dell’ICAC, Independent commission against corruption che Karis Chan Ka-yu e Kate Cheuk Chi-yan, rispettivamente senior corruption prevention officer e assistant director corruption prevention, descrivono partendo da un aneddoto: “qui a Hong Kong è famoso il caffè dell’ICAC, così famoso che abbiamo perfino una caffetteria al piano terra dell’edificio che ospita la nostra struttura che è aperta al pubblico, questa fama deriva dal fatto che in passato si usava dare seguito ai potenziali casi di corruzione invitando i possibili sospettati o le persone informate dei fatti a prendere un caffè da noi, quindi essere invitati per un caffè all’ICAC implicitamente implicava la possibilità che l’invitato fosse parte informata o attiva di un caso, inoltre il caffè e il suo rito portano con sé caratteristiche di integrità e confidenzialità che danno la misura dell’importanza delle modalità con le quali trattiamo i casi”.
ICAC nasce nel 1974 a seguito di uno scandalo legato alla corruzione che ebbe grande eco mediatica e impatto sulla opinione pubblica e vide protagonista un alto funzionario di polizia, l’evento scatenò una serie di reazioni tra cui appunto la costituzione di una entità indipendente dal corpo d polizia a cui affidare la prevenzione e il perseguimento dei crimini legati alla corruzione.
Oggi ICAC ha raggiunto risultati di altissimo profilo lavorando su investigazione, prevenzione e soprattutto educazione, quindi operando per prevenire la corruzione a livello culturale prima che attraverso strumenti di prevenzione e di perseguimento: “La corruzione è un crimine nascosto, quasi riservato, ed emerge solo se c’è la collaborazione di chi è testimone o è suo malgrado coinvolto, noi con ICAC oggi partecipiamo ai tavoli internazionali per condividere pratiche e modalità al fine di accrescere il più possibile la nostra efficacia e i risultati si vedono, oggi a Hong Kong registriamo pochissimi casi ma il nostro obiettivo è naturalmente quello di avere zero corruzione”.
Talenti
L’Hong Kong Talent exchange che fa capo al Labour and welfare bureau è diretto da Felix Chan che spiega come l’obiettivo del suo lavoro e del suo staff composto da 37 persone di cui solo sette sono funzionari governativi è quello non solo di attrarre talenti internazionali ma anche di fare in modo che scelgano di restare più a lungo possibile a Hong Kong. “La nostra azione è proattiva e interagiamo attivamente con i talenti di tutto il mondo, lo facciamo attuando due azioni principali – spiega – la prima è promuovere Hong Kong come luogo dove vivere, studiare, lavorare e lo facciamo applicando diverse modalità di supporto, abbiamo sette diversi programmi, che dal 2022 ci hanno permesso di attirare 240mila talenti di cui il 90% dalla Cina continentale e il 10% dal resto del mondo, voglio qui specificare che una buona parte della quota dei talenti cinesi arriva da esperienze fatte a livello internazionale quindi è vero che rientrano nella parte del 90% in quanto hanno passaporto cinese ma in moltissimi casi sono persone che hanno fatto esperienza in Europa, in America o in altri Paesi dell’Asia, tutte persone queste che scelgono Hong Kong come base per lo sviluppo delle loro carriere che spesso poi crescono a livelli di responsabilità o di espansione del business con raggio di azione in tutta l’area Asia Pacifico. La seconda azione è quella che coincide con il dare supporto attivo ai talenti che hanno scelto Hong Kong nell’integrarsi, nel fare le cose, da quelle più pratiche necessarie per la vita quotidiana a quelle più sfidanti come creare una startup e trovare investitori, facciamo workshop su vari temi e attività non solo con i talenti ma anche con le loro famiglie, la nostra community conta oggi 220mila persone tra talenti e membri delle loro famiglie”.
Il 70% dei talenti di cui parla Chan ha meno di 40 anni e questo è ulteriore elemento rilevante in quanto Hong Kong registra al momento tassi di natalità piuttosto bassi e quindi vi è un generale invecchiamento medio della popolazione, ma naturalmente l’età non è sufficiente, serve che i talenti siano quelli giusti e che si trovino bene nel vivere a Hong Kong e ciò pare avvenire visto che secondo l’IMD World talent report 2025 redatto dalla IMD Business school che valuta la competitività dei Paesi nel campo del talento umano necessario per sostenere la crescita economica a lungo termine, al primo posto è la Svizzera seguita da Lussemburgo e Islanda e quindi al quarto proprio Hong Kong che quindi risulta essere la prima destinazione nell’area asiatica. “A Hong Kong non abbiamo risorse naturali, la nostra risorsa sono i cervelli – aggiunge Chan – e anche loro rientrano nella strategia della città di essere un super connettore che aggiunge valore, lo fa con il business, lo fa con i flussi di capitali, lo fa con le persone sapendo che qui da noi gli aspetti legati alla produzione, alla tecnologia, alla finanza, al mercato e ai talenti sono tutti vicini e operano in modo sinergico”.
Fintech
Il fintech è uno dei settori strategici a Hong Kong sia perché l’industria finanziaria ha un ruolo fondamentale nell’economia della città, sia perché si tratta di una innovazione che permette di rendere ancora più efficiente il ruolo di superconduttore che, come abbiamo visto, Hong Kong ha tra la Cina continentale e il resto del mondo.
Per questo Kelvin Lo, principal assistant secretary del Financial services branch che fa capo al Financial services and treasury bureau, ricorda come quest’anno sia il decimo anniversario della manifestazione Fintech Festival che fa parte dello Startmeup HK Festival e che richiama i grandi player tecnologici così come le startup che operano nel settore e spiega come i digital asset siano pare della strategia: “per esempio già da giugno 2025 abbiamo definito un framework legale per le stablecoin, cosa che interessa molto agli investitori e ai gestori di sistemi di pagamento”. Proprio i sistemi di pagamento rappresentano un aspetto interessante perché non solo l’utilizzo del contante è decisamente ridotto, ma la gran parte dei pagamenti, sopratutto nella Cina continentale avviene tramite app come Alipay di Alibaba e WeChat di Tencent che sono le due principali.
Il fintech è fiorente a Hong Kong anche grazie alle ridotte restrizioni rispetto al controllo dei flussi di denaro che è un aspetto importante anche per le aziende cinesi che desiderano fare business a livello internazionale e su questo fronte, dice Lo, sono in fase di definizione una serie di accordi operativi per rendere il tutto molto trasparente ed efficace.
Fintech vuol dire talenti, vuol dire formazione, vuol dire collaborazione con l’intera GBA, vuol dire accordi internazionali come quelli già attivi con Tailandia, Giappone, Corea, tutti aspetti che fanno parte della strategia che il governo sostiene al fine di fare di Hong Kong punto di riferimento per l’industria e l’innovazione fintech globale.
“Il fintech serve per le persone e per le aziende, serve a facilitare la vita e a rendere più fluidi anche gli investimenti, qui a Hong Kong abbiamo oltre tremila family office che destinano molte risorse agli investimenti, abbiamo strumenti finanziari collegati alla green economy come i Green bond che servono per finanziare l’innovazione a sostegno dell’ambiente, abbiamo uno schema di tassazione favorevole per chi investe in fondi di venture capital, settore decisamente attivo e storicamente presente, inoltre esiste una regola, la 18C delle listing rule della Borsa di Hong Kong che consenta anche ad aziende che altrimenti non avrebbero le caratteristiche economiche e finanziare per quotarsi di poterlo fare. Questa regola prende in esame aziende che operano nelle tecnologie e nel green le quali possono fare domanda e chiedere di essere valutate anche se, per esempio, i loro bilanci sono in perdita, questo strumento consente sia da un lato di dare una opportunità alle aziende meritevoli di raccogliere denari dal mercato e dall’altro porta ulteriore dinamicità alle attività della Borsa di Hong Kong che fino a oggi nel 2025 ha registrato IPO per un valore complessivo di oltre 200 miliardi di dollari di Hong Kong e complessivamente muove tra i 200 e i 300 miliardi di dollari di Hong Kong ogni giorno in transazioni”.

Ulteriori considerazioni di tipo economico
La sensibilità verso le necessità di raccolta di capitale da parte delle aziende si concretizza anche con un’altra misura che illustra Bernard Chan, Under secretary for commerce and economic development: “abbiamo creato una sandbox finanziaria che ha lo scopo di aiutare le imprese e le startup a raccogliere soldi facendo leva sulle loro proprietà intellettuali, in pratica facciamo in modo che il valore dell’IP sia considerato un asset monetizzatile da parte degli istituti di credito per esempio”. Questo schema mette in condizioni le imprese che hanno già magari un brevetto ma non hanno ancora trovato le risorse per sviluppare l’oggetto di tale brevetto di potere accedere a finanziamenti, anche sotto forma di debito, con l’appoggio di questo strumento.
“Oggi a Hong Kong – continua Chan – ci son 1,46 milioni di aziende e noi abbiamo il compito di fare in modo che esse decidano ogni giorno di stare a Hong Kong perché qui trovano tutto ciò che serve, ed è per questo che noi oggi come governo siamo presenti in 68 Paesi, abbiamo uffici in tutto il mondo, la prossima apertura sarà a Riyadh in Arabia Saudita, abbiamo accordi di libero scambio con Paesi dell’area asiatica come Indonesia e Malesia, abbiamo il programma Economic and trade express che serve per portare nel mondo le aziende con sede a Hong Kong”.
Benché, come detto sopra, il momento vede la concorrenza di Shenzhen sopratutto per certi servizi, come per esempio quelli legati alla ristorazione, a Hong Kong ci sono 20 mila ristoranti, lo slancio per rendere sempre più forte e dinamica l’economia della città non perde certo potenza : “Il valore generato dalle aziende USA è crollato, passando dal 15% di qualche anno fa al 5% di oggi ed è perciò, ma non solo, che oggi l’Europa e l’Unione europea sono il nostro focus, stiamo anche osservando che arrivano a Hong Kong aziende europee che magari avevano già sede altrove in Asia e poi sopratutto sono i settori strategici quelli che per noi fanno la differenza: intelligenza artificiale, biotecnologie, energia, fintech, advance manufacturing”.
La presenza UE
Sami Al Daghistani è il trade affair officer dell’ufficio dell’Unione europea con giurisdizione su Hong Kong e Macao :”il nostro ufficio fa capo al DG Trade e siamo parte dell’European international service, attualmente il valore dell’interscambio tra UE e Hong Kong è di circa 70 miliardi di euro (era di poco meno di 60 miliardi di euro nel 2024, ndr), di cui 30 miliardi sono beni e 40 servizi di tipo finanziario, trasporti legale, assicurativo, logistico. Oggi la UE è il quarto partner commerciale per Hong Kong dopo la Cina continentale, gli Stati Uniti e Taiwan ed è il quinto più importante investitore in Hong Kong”. Le imprese europee a Hong Kong sono 1640, numero che era più elevato prima del covid, periodo in cui ci fu una vera e propria fuga, ma ora si registra un significativo, continuo e convinto ritorno anche se i numeri sono ancora inferiori rispetto al 2019: “per esempio considerando solo la presenza francese registriamo una flessione del 20% rispetto al pre-covid”.
“Hong Kong va vista dall’Europa come un ottimo posto per fare business altamente competitivo, il sistema fiscale è semplice e vantaggioso, l’accesso al grande mercato della Cina continentale è un fatto, la valuta è facilmente convertibile e quindi vi è margine di manovra per le banche europee, io credo che Hong Kong sia un ottimo posto dove fare business anche se in questo momento si avverte un po’ di sofferenza nel retail e nei beni di lusso perché il contesto globale generale di incertezza economica si avverte anche qui e anche i cinesi spendono meno, e poi c’è la concorrenza di Shenzhen che ancora è in grado di offrire costi maggiormente competitivi ma io credo sia solo una questione di tempo perché vedo che i settori del lusso, dei servizi, dell’accomodation stanno tornando a crescere e benché il rimbalzo post-covid non sia ancora completo gli indicatori sono positivi”.
Oggi, anche dal punto di vista di Al Daghistani, è il settore finanziario quello che maggiormente cresce: “ciò è dovuto a molti fattori, certamente le politiche del governo di Hong Kong facilitano e sono orientate a sostenere l’impresa e la finanza, ma anche la presenza dei capitali cinesi che passano per Hong Kong per poi andare nel mondo è molto importante, la Borsa di Hong Kong e quella di Shanghai sono estremamente dinamiche e collaborano tra loro e poi c’è la netta posizione di Pechino nel supportare Hong Kong come hub di innovazione sostenendo progetti come quello di Northern Metropolis ma anche attraverso numerosi programmi di cooperazione, attraverso la facilitazione del flusso di persone e di dati e informazioni”.
Trade development council
Il già citato Hong Kong Conference and exhibition center che si specchia sulle acque del Victoria Harbour con la sua caratteristica forma fa capo all’Hong Kong Trade development council che lo possiede ma non lo gestisce direttamente in quando le varie fiere e avvenimenti sono gestiti dai rispettivi organizzatori, alcuni dei quali vedono lo stesso HKTDC coinvolto. Byron Lee è associate director service promotion e esordisce ponendo enfasi sul fatto che la sua organizzazione ha scelto quest’anno la città di Milano per organizzare l’evento Think business Think Hong Kong che si svolge il giorno 27 novembre.
HKTDC nasce nel 1966 e si concentra da sempre su settori tradizioni come quello della gioielleria, dei giocattoli, degli orologi, poi negli anni ’90 l’attenzione si sposta anche verso i servizi: finanza, logistica, Information Technology, legale, amministrativo, turismo, questo sia perché l’evoluzione tecnologica spinge in quella direzione sia perché il grosso della manifattura si trasferisce nella Cina continentale. Così si arriva a oggi quando le voci principali sono la finanza, i servizi professionali, l’innovazione e le tecnologia, il design e l’industria creativa. “Ogni anno scegliamo due luoghi dove fare il nostro evento internazionale, uno è in un mercato emergente e uno in un mercato maturo e quest’anno è proprio l’Italia a essere per noi il mercato maturo su cui è caduta la scelta e lo scopo di questo evento non è solo di promuovere Hong Kong ma è anche e soprattutto quello di creare collaborazioni e lo facciamo con un approccio molto business perché la nostra organizzazione, pur essendo stata creata con una ordinanza governativa, è indipendente”, tanto che anche da un punto di vista della sua sostenibilità economica HKTDC vive di proventi generati dal mercato, un po’ da ciò che genera il centro congressi e un po’ da eventi come conferenze, fiere e altre attività. La missione di HKTDC , anche se appunto entità non propriamente governativa, è però di carattere pubblico perché attraverso le sue attività promuove Hong Kong e la sua economia e la sua capacità di fare innovazione.

Sky Shek, section head business development exhibitions and digital business department sottolinea l’importanza che hanno le fiere che da anni sono diventate appuntamenti fissi per tutta l’area asiatica e non solo, come per esempio InnoEX che nel 2026 si terrà tra il 13 e il 16 aprile: “InnoEX è un momento importante perché è la sintesi del ruolo che Hong Kong ha come superconduttore, InnoEX è il momento e il luogo che vede per esempio tantissime aziende cinesi che vogliono espandersi internazionalmente presentarsi al mondo, è da qui che passano e considerando che HKTDC ha oggi 51 uffici in tutto il mondo di cui 11 in Europa noi rappresentiamo per loro il canale preferenziale”. La musica non cambia quando si tratta delle startup come dice Michelle Sze, manager startup and innovation merchandise trade and Innovation department: “Organizziamo l’E-day, entrepreneurial day, il prossimo è in programma nei giorni 4 e 5 dicembre 2025, mentre per il 2026 le date sono ancora da fissare ma sarà sempre a dicembre, si tratta di una giornata di incontro pensata per startup early stage in fase che va dal pre-seed al round serie A, nel corso dell’evento c’è anche la la competition internazionale e nell’edizione 2024 abbiamo registrato 347 espositori provenienti da 45 Paesi e quasi 12mila visitatori che sono venuti a conoscere le startup per aiutarle a scalare, per investire in loro, per conoscere i loro prodotti e servizi”.
Alla termine del Fintech Festival, dove abbiamo incontrato, tra i tanti, anche i manager di OSL, colosso con sede a Hong Kong che opera in ambito pagamenti, crypto, e strumenti finanziari digitali e che si sta espandendo anche in Italia e in Europa, il centro esposizioni ha anche ospitato un altro evento, meno tecnologico e meno finanziario, la fiera del vino e delle bevande alcoliche la Hong Kong International Wine and Spirits Fair, un settore che piace ma che soffre una crisi globale soprattutto perché le nuove generazioni sembrano essere meno interessate al vino, un settore che però conserva tutto il suo fascino e la sua importanza anche culturale e un settore che continua a credere nelle potenzialità del mercato asiatico e che ha scelto la porta di Hong Kong per conquistarlo come spiegano Giovanni Bonati che da milano distribuisce vino in tutto il mondo ed è a Hong Kong per conoscere potenziali partner commerciali anche per la Cina continentale, così come Riccardo Razzaboni che è giunto qui per promuovere la sua giovanissima cantina VentiVenti Winery, nata appunto, come dice il nome, cinque anni fa, e Adrian Henshall, fondatore di Bondi Liquor, che prende in prestito il nome dalla famosissima spiaggia Bondi beach che si trova vicinissima alla città di Sydney: “siamo nati da pochissimo, siamo una startup del settore ma siamo qui perché da Hong Kong possiamo avere un punto di vista privilegiato su tutti i mercati che riteniamo essere oggi la nostra naturale opportunità di espansione”.
Non solo business
Fare business a Hong Kong è una concreta e reale opportunità ed è questo il momento di approfondire quanto la città è interessante perché è un momento di accelerazione e un momento in cui ci si prepara alla prossima fase di crescita con investimenti in infrastrutture fisiche, normative, legali, accademiche, istituzionali, a supporto dell’innovazione di cui abbiamo scritto. C’è però anche la vita culturale e sociale, la città è estremamente sicura a ogni ora del giorno e della notte a in ogni zona, il sistema di trasporto pubblico è efficiente con la metropolitana, gli autobus e i tipici tram a due piani, il suo cosmopolitismo si respira a ogni incrocio e in ogni aspetto della vita quotidiana. Ci sono pezzi di storia curiosi come il mercato centrale che avrebbe dovuto essere abbattuto perché a Hong Kong gli spazi sono ambitissimi, ed è proprio il costo degli spazi una delle principali ragioni per cui, per esempio, il settore del retail e della ristorazione fa fatica a tenere il passo della competitività con Shenzhen come detto sopra, ma è stato conservato e ristrutturato e oggi è uno dei luoghi al centro della vita sociale dell’area da cui parte il sistema di scale mobili pubbliche che porta a mid-level e che confina con l’are della vita notturna di Lan Kwai Fong e con quella che è considerata una delle attrazioni storiche principali, la vecchia stazione di polizia dell’epoca coloniale di Tai Kwun, diventata area di attività sociale e culturale oltre che memoria storica dei tempi più cupi della colonizzazione britannica, e poi c’è il nuovissimo West Kowloon Cultural district dove ha sede il Palace museum dedicato alla storia e alle tradizioni cinesi, in questo periodo animato da una interessantissima mostra sul rapporto e le relazioni tra le grandi dinastie asiatiche del 16esimo e 17esimo secolo (Ottomani, Safavidi, Mughal e Ming) e che lavora in sinergia con il Palace museum di Pechino e altri musei, come quello di arte moderna, parchi e luoghi per attività come concerti e spettacoli, come spiega Wingki Ho, manager public enagement West Kowloon Cultural district authority, che pone enfasi sul fatto che questa zona della penisola di Kowloon sta rapidamente diventato uno dei poli della vita culturale della cittè, ci sono poi il nuovo stadio e la nuova stazione marittima di Kai Tak, la zona del vecchio aeroporto che sta portando nuova linfa anche all’area orientale di Kowloon.

Questo approfondimento sul sistema economico, strutturale, governativo, legale, interconnesso di Hong Kong è stato reso possibile dal supporto e dalla collaborazione di tutte le persone che hanno condiviso con me informazioni e riflessioni e che sono citate nell’articolo e di altre che hanno supportato il progetto, tra loro Apollonia Liu, director of Information service dell’Information service department, Grace Ng, deputy director dell’Information service, Eva Wong, assistant representative dell’ufficio di Bruxelles dell’Hong Kong Economic and trade office, Mark Neirynck, public relations officer dell’Hong Kong Economic and trade office di Bruxelles, Anna Tsoi, executve officer (visit) dell’Information service department. Grazie anche ad Antonietta Cornacchia e a Marila Velardi rispettivamente vice console generale d’Italia a Hong Kong e attaché commerciale del consolato italiano a Hong Kong per avermi illustrato quanto il made in Italy sia apprezzato, anche quando si tratta di innovazione e tecnologia. (nella foto di apertura una veduta di Hong Kong da The Peak, una delle principali attrazioni turistiche della città che si raggiunge con il caratteristico tram a cremagliera capace di superare grandi pendenze)
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