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Il Climate Tech Frontiers Summit di Forest Valley, di cui demmo anticipazione e di cui siamo media partner, conferma un trend già visibile da tempo: in Italia il dialogo tra startup, corporate, investitori e istituzioni sta crescendo, ma resta ancora concentrato in un circolo ristretto di attori che avanzano mentre il sistema nel suo complesso procede più lentamente. Durante il Summit è emersa con chiarezza un’ambizione condivisa: accelerare l’adozione di soluzioni climate trasformando competenze, processi e capitale in un movimento più ampio e accessibile.
Il contesto non lascia spazio a esitazioni. L’elettrificazione mette sotto pressione le reti; gli eventi climatici estremi stressano quotidianamente le infrastrutture; le catene del valore sono in riprogettazione; e la regolazione rende la circolarità non solo obbligatoria, ma economicamente rilevante. L’Italia dispone delle competenze tecniche e della forza industriale per giocare un ruolo strategico in nuova economia più sostenibile e resiliente. Ciò che manca è la velocità: la capacità di implementare rapidamente, apprendere dagli errori e scalare ciò che funziona.
Forest Valley, costruire un ecosistema che accelera l’adozione
Forest Valley nasce nel 2021 proprio per colmare il divario tra potenziale ed esecuzione, accelerando l’implementazione tramite due leve complementari: investimenti mirati e un ecosistema operativo che connette chi sviluppa tecnologie, chi può adottarle e chi dispone del capitale per scalarle. Dopo 12 edizioni del suo programma di accelerazione, oltre 100 startup supportate e partnership trasversali a più settori, Forest Valley si sta affermando come una piattaforma europea capace di superare i silos e creare continuità tra prototipi, piloti e implementazione industriale. Il suo network si espande costantemente, fondatori, innovatori corporate, VC, istituti di ricerca, riuniti da un principio semplice: Forest Valley sta sempre dalla parte dei fondatori, costruendo connessioni con cura e intenzionalità. Il Summit segna l’avvio di un ciclo più ampio di eventi in presenza parte del programma Climate Tech Frontiers, con appuntamenti tematici in Italia e all’estero.
Un settore in movimento ma non ancora alla velocità che serve
Le discussioni al Summit hanno reso evidente un punto: il ritmo di adozione industriale è ancora troppo lento rispetto alla rapidità del cambiamento climatico. Utilities come CAP e operatori di rete come Terna hanno raccontato della loro partecipazione in alleanze di settore per fare fronte a sfide comuni. Le startup hanno risposto con soluzioni mature, robotica predittiva, piattaforme circolari per gli scarti tessili, tecnologie per ottimizzare il biometano, che richiedono solo condizioni migliori per scalare.
Nel fashion, attori come Confindustria Moda, Temera, Gruppo Lenzig e Fondazione Pistoletto, hanno mostrato come collaborazioni sinergiche insieme a tecnologie quali il Digital Product Passport stiano già ridisegnando intere filiere con impatti misurabili.
Bocconi 4 Innovation, Cariplo Factory, A2A, Generali, Sellalab e Maire hanno offerto prospettive complementari su come l’innovazione debba tradursi in processi, strumenti e soprattutto linguaggi su misura, per essere adottati dalle organizzazioni con meno attriti. Si è anche evidenziato che molte tecnologie per la decarbonizzazione industriale sono già mature, ma spesso possono scalare solo attraverso nuove forme di collaborazione cross-settore e lo sviluppo di competenze che oggi il mercato non produce con sufficiente rapidità.
Investimenti e competenze, la frontiera decisiva
Il tema degli investimenti ha rivelato una divergenza strutturale: da un lato manca capitale disposto ad agire con continuità e in modo realmente orientato al rischio; dall’altro mancano spesso team con ambizioni e strutture competitive su scala globale. Un disallineamento che pesa in modo particolare nella climate tech, dove le soluzioni vengono adottate solo se migliorano produttività e margini e dove il passaggio dal prototipo alla scala industriale richiede strumenti finanziari robusti e processi rapidi. Senza questa infrastruttura, l’Italia rischia di non sostenere tecnologie capital-intensive nella fase più critica e di perdere uno dei segmenti d’investimento più dinamici del prossimo decennio. Alcuni primi esempi virtuosi, di capitale di rischio e di società innovative, stanno emergendo anche nell’ecosistema italiano, Mito Technology, Primo Climate per esempio, ma è necessario continuare a investire in politiche di attrattività sia verso gli investitori istituzionali sie verso gli attori corporate per garantire una filiera dell’innovazione completa e funzionante dall’inizio alla fine.
Il panel dedicato alle competenze con Radical HR, Greentalent e .Feel ha evidenziato un rischio altrettanto concreto: replicare gli errori della digital transformation, implementando strumenti senza trasformare realmente le organizzazioni. La transizione climatica richiede processi riprogettati, nuove forme di leadership e figure capaci di portare la sostenibilità dentro l’operatività quotidiana. Il sustainability manager non può più essere una presenza simbolica: deve coordinare stakeholder eterogenei, allineare target e operation e guidare il cambiamento culturale necessario all’adozione. La transizione attraversa l’intero mercato del lavoro, non solo le professioni STEM: a cambiare non saranno solo le occupazioni, in risposta all’adattamento climatico e alla transizione ecologica, ma le modalità stesse in cui il lavoro verrà organizzato.
Verso i prossimi appuntamenti di Climate Tech Frontiers
Il quadro è chiaro: l’ecosistema climate tech italiano sta avanzando, ma non ancora al ritmo richiesto. Per accelerare servono più sperimentazione, capitale più mirato, collaborazione più strutturata ma anche la volontà di apprendere da chi è più avanti: corporate mature, fondi internazionali, venture builder e distretti industriali che hanno già codificato modelli replicabili.
Non esiste un’unica via alla trasformazione: ogni organizzazione deve costruire il proprio percorso, ma oggi può farlo senza partire da zero e senza sostenere costi proibitivi. Qui l’ecosistema diventa un vantaggio competitivo: condividendo conoscenza, riducendo la distanza tra chi guida e chi inizia, riportando in Italia ciò che già funziona altrove.
Le prossime sessioni del programma Climate Tech Frontiers di Forest Valley, che in questa prima edizione è stato realizzato con il contributo di Gruppo CAP, Edison, Bocconi 4 Innovation, G-nous, Radical HR, Cleantech for Italy, Qubic, Climate Coffee, .Feel, Startupbusiness, Paprika, Italcer e Chiesi, inclusa la prossima edizione del Summit, continueranno questa missione con eventi tematici e scambi curati per supportare una trasformazione industriale più rapida, accessibile e collaborativa.
Chi desidera contribuire o entrare in relazione con l’ecosistema come speaker, partner, investitore o azienda in cerca di soluzioni troverà in Forest Valley una piattaforma aperta e operativa, progettata per supportare ogni attore secondo esigenze, risorse e ambizioni.
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