Fare impresa in Oman, perchè, come, le startup che lo stanno già facendo

Oman è un Paese con grande potenziale e molte opportunità per le imprese del made in Italy. Alcune startup hanno cominciato a piazzare la bandierina

Pubblicato il 10 Giu 2017

In Italia, si conosce ancora poco l’Oman o meglio il Sultanato dell’Oman. Situato nella Penisola Arabica, confinante a ovest con lo Yemen, a nord ovest con l’Arabia Saudita e a nord est con gli Emirati Arabi Uniti e separato da un braccio di mare dall’Iran, il Sultanato è poco più grande dell’Italia,  con una popolazione di circa quattro milioni di persone (di cui un milione sono stranieri);  l’età media del 70% della popolazione è di 25 anni (dati 2016). Da qualche anno, il Sultanato è salito agli onori della cronaca sulle riviste specializzate in turismo grazie alla stabilità, la sicurezza, le bellezze naturali e artistiche, la ricca storia e cultura, che lo rendono una meta desiderabile e interessante.

Gli idrocarburi rappresentano oggi il 50% del Prodotto interno lordo del Paese ma l’Oman sta cercando di diversificare l’economia.

Colossi industriali che possono fare affari nel settore petrolifero e del gas naturale a parte, quali sono le reali possibilità d’investimento e le opportunità di business per le Pmi? Spesso si leggono sui media italiani notizie errate o incomplete che possono essere fuorvianti: per esempio “l’autostrada e la ferrovia che collegano il porto di Sohar con Dubai e Abu Dhabi sono ormai ultimate (..)” riportava un quotidiano italiano lo scorso 13 maggio, la verità è che il progetto della linea ferroviaria Sohar -Emirati, il primo tratto sarà Sohar- Buraimi (un Governatorato dell’Oman), è completo sulla carta ma non ancora in cantiere. Come anche altri come l’ampliamento del porto di Duqm, il rifacimento della rete fognaria del Governatorato di Muscat, il nuovo impianto di desalinizzazione di Qurayyat. Progetti in cui anche le Pmi possono trovare spazio ma che sono interventi che per il momento appaiono solo nel Piano quinquennale di sviluppo 2016-2020 del Sultanato. Non ancora realtà. Un piano che ci auguriamo possa svolgersi in pieno. Perché il Paese è ricco di potenzialità e perché può offrire alle imprese italiane buone opportunità.

Volendo però essere realisti e pragmatici al massimo, vediamo quali sono i settori in cui i piccoli e medi imprenditori italiani possono agire ora e quale mercato del made in Italy riscuote successo in Oman. Lo chiedo a Caterina Carannante, titolare insieme a Carlo d’Andrea, di Tricolore International LLC, società nata sei anni fa a Muscat che si occupa d’importazione, marketing e distribuzione del made in Italy in Oman. La società offre servizi di consulenza aziendale a imprese e organizzazioni imprenditoriali interessate a inserirsi nel processo di sviluppo economico in corso. «Un processo che ha subito una forte accelerazione fino al 2015 e ora attraversa una fase, diciamo più tranquilla» afferma Caterina Carannante. Vivendo qui, ci si accorge infatti che l’economia dell’Oman ha subito rallentamenti per via delle oscillazioni del prezzo del petrolio (si stima fra l’altro che si esaurirà  in 40 anni, contro i 100 anni previsti per Abu Dhabi) e  nell’aria si respira una certa preoccupazione per la successione del carismatico Sultano Qaboos bin Said al-Said, il “fondatore della patria” (da tempo malato)  colui che ha trasformato il Sultanato, dal 1970 a oggi, da un Paese medioevale a uno moderno. «Senza dubbio, i filoni trainanti del made in Italy sono il design, le forniture per interni, i materiali per l’edilizia- racconta Caterina Carannante – . Il mercato omanita è ancora sensibile al prezzo ma negli ultimi anni ho notato una maggiore attenzione alla qualità.  C’è stato un forte boom dell’edilizia, sia pubblica sia privata, e si continua a costruire. Fino a qualche tempo fa, gli omaniti importavano tutto a prezzi stracciati dalla Cina: finestre, rivestimenti, mobili. Ma presto hanno incominciato ad accorgersi che il risparmio negli acquisti si traduceva in perdita per la pessima qualità della merce. Il passaparola è importante così come la presenza sul territorio. Gli omaniti vogliono avere un contatto diretto. Un rapporto diretto. Ci vogliono tempo e pazienza per conquistare fiducia, ma una volta conquistata, il rapporto di lavoro è stabile. Per questo le aziende italiane che intendevano esportare qui avevano bisogno di un supporto locale».


Ma come si fa ad aprire una società in Oman
? E soprattutto in quanto consiste il capitale richiesto? «Per costituire una società internazionale, quindi a capitale misto è sufficiente che la quota minima omanita sia pari al 30% e questo garantisce all’investitore straniero anche il 70%. In pratica il pieno controllo, ma il capitale sociale da investire è di 150mila OMR (circa 350mila euro). Poi naturalmente ci sono facilitazioni: free-zone con particolari incentivi, assenza del regime Iva e della tassazione sui redditi individuali. Diritti di dogana, quasi sempre al 5%. L’Oman ha siglato anche con l’Italia, accordi per evitare la doppia tassazione.».E ancora fra i filoni giusti, Caterina Carannante cita: il turismo, immobiliare, beni di consumo.E la moda?  Secondo Caterina Carannante in «Oman ora funzionano i brand di medio livello ma per l’alta moda, le famiglie omanite che possono permetterselo, preferiscono acquistare direttamente in Italia.  Comunque il marchio tricolore attira. Funzionano bene ristoranti e caffè, pizzerie italiane, o anche che si fregiano di un nome italiano». Personalmente ho mangiato un’ottima pizza in un locale di proprietà omanita, con cuochi giordani che però erano stati mandati a Napoli per imparare.

Inoltre da qualche anno si parla, proprio per invogliare gli investimenti stranieri di liberalizzazione degli investimenti, esiste una nuova bozza, la Foreign Capital Investment Law, in discussione, che mira a ridurre i requisiti di capitale per la registrazione di aziende straniere, ma non è ancora (se mai lo sarà) stata approvata.

Contributor: Antonella Appiano

Le startup italiane non stanno a guardare

– Emil Abirascid

Sono già almeno due le startup italiane che hanno già fatto qualche passo in Oman.

Il macchinario ideato da Personal Factory

La più attiva è Personal Factory che per voce del suo fondatore e Ceo Francesco Vito Tassone racconta della installazione fatta nel Pese e delle altre attività internazionali condotte negli ultimi due anni: “L’Oman è solo una delle ultime istallazioni. In quel caso un grosso distributore e produttore di arredo ha fatto partire la produzione per sopperire a una mancanza di qualità nei prodotti locali usando per il 98% materie prime locali. Oggi abbiamo impianti in tutti i paesi del Nord Africa. A ottobre abbiamo installato un impianto a Misurata in Libia conducendo tutte le operazioni via skype. E a dicembre scorso ho istallato un impianto a N’Djamena in Ciad. Oggi abbiamo impianti in Siberia nella Russia centrale, nella giungla tailandese e brasiliana nel deserto del Sahara. A luglio ne installerò un altro a sud di Ouargla nel Sahara algerino. Anche su alcune isole tra cui la Martinica e la prossima a Reunion. Qual è la nostra forza in questi Paesi? Oltre al modello di business di usare materie prime locali, la velocità. Grazie alla potenza della nostra infrastruttura cloud la velocità con cui facciamo partire una business unit. Di fatto in soli sette giorni, in un villaggio africano usando in larga parte manodopera locale, organizziamo portafoglio prodotti, supply chain, istallazione impianto e prima infarinatura commerciale. In pratica li portiamo a premere un bottone ed essere competitor di colossi come Mapei, Basf, Weber, Knauf. Con un approccio molto pragmatico, nei climi caldi essicchiamo sabbia con il sole, nei posti dove il cemento costa molto facciamo formulazioni con leganti alternativi e lo facciamo molto velocemente, per avere un’idea per un impianto classico le multinazionali ci impiegano anche due anni mandando team molto numerosi di esperti. Inoltre stiamo iniziando, in Paesi avanzati come l’Italia, con la nostra tecnologia, a essere un benchmark sui prodotti di design, per esempio tutti i pavimenti della Nuvola di Fuskas a Roma sono nostri prodotti, così come il Vanke pavillion all’Expo di Milano”.

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Un’altra startup è Greenrail che ha partecipato all’Oman Energy & Water Exhibition lo scorso anno. Inoltre sul fronte startup è nata anche Startup Oman che sta lavorando per la creazione dell’ecosistema di imprese innovative nel Sultanato.

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