Fare start up, i 20 posti migliori al mondo

Un ecosistema startup si costruisce in almeno 20 anni. L’Italia è ancora giovane e purtroppo non è tra i 20 migliori hub per fare start up nel mondo

Pubblicato il 11 Set 2017

E’ arrivato l’atteso Global Startup Ecosystem Report 2017 uno dei report più interessanti e completi sull’andamento degli ecosistemi mondiali delle startup. Una fotografia lucida, basati su indicatori e parametri (performance, funding, market reach, talent, startup experience)  che permettono in ultima analisi di rispondere alla domanda: in quale ecosistema una startup early stage ha le maggiori possibilità di costruire un successo globale?

La risposta per quest’anno è che per fare start up il posto migliore è ancora la Silicon Valley. Ma, come si vede nella tabella di seguito, è incalzata da New York.

I primi 20 ecosistemi per startup oggi attivi nel mondo sono dunque: Silicon Valley, New York, Londra, Pechino, Boston, Tel Aviv, Berlino, Shanghai, Los Angeles, Seattle, Parigi, Singapore, Austin, Stoccolma, Vancouver, Toronto, Sydney, Chicago, Amsterdam, Bangalore. Con Boston, Tel Aviv, Sydney che perdono una posizione rispetto allo scorso anno, Los Angeles ne perde sei, Chicago ne perde 11, Bangalore arretra di cinque, Singapore di due mentre guadagnano Londra che sale di tre, Berlino che sale di due, Vancouver che sale di tre e Toronto che sale di una posizione. Brillano però soprattutto le tre nuove entrate: Pechino, Shanghai e Stoccolma con quindi la Cina che si conferma la seconda potenza globale in termini di capacità di creare aziende tecnologiche dopo gli Usa e il nord Europa che pianta in modo deciso la sua bandiera tra i grandi ecosistemi globali.

Dov’è l’Italia?

L’Italia, come approfondisce questo articolo, non compare nella top 20 dei migliori ecosistemi al mondo per fare start up, ma nemmeno nella classifica dei runner up, cioè gli inseguitori, quegli ecosistemi che stanno accelerando fortemente e non sorprenderà il prossimo anno tra le nuove entrate dei migliori 20 ecosistemi, magari scalzando qualche altro ecosistema.

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Può consolare sapere che, riporta il documento, secondo uno dei massimi esperti mondiali di startup ed investitore Brad Field, ci vogliono circa 20 anni per costruire un ecosistema startup dinamico e fervido: l’ecosistema New York, che sta emergendo con forza adesso (in particolare in alcuni settori come i media e l’insurtech) raccoglie il risultato di semi gettati come minimo 20 anni fa. Tel Aviv e Singapore hanno avviato politiche di supporto alla creazione di un ecosistema startup a partire dai primi anni novanta.

Il nostro Paese ha ancora una storia breve di supporto all’ecosistema startup, benché a fine anni novanta  intorno agli delle dot.com ci siano stati casi di eccezionali startup (Yoox è una di quelle), i primi business angel e venture capitalist. Ma erano casi isolati, i primi semi; per la nascita di una cultura più diffusa (che ancora oggi rimane comunque di nicchia) ed azioni più sinergiche volte alla crescita di un ecosistema dobbiamo venire a tempi più recenti: in termini di ecosistema l’Italia ragiona da qualche anno, basta pensare che il famoso decreto startup – che con pregi , difetti e molti limiti ha segnato comunque un punto di svolta-  è del 2012. –

(il Decreto Legge 179/2012, noto anche come “Decreto Crescita 2.0”, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” e convertito dal Parlamento con Legge del 18 dicembre 2012 n. 221)

Il ciclo di vita di un ecosistema

Il modello di sviluppo di un ecosistema startup tech deve essere supportato in modo differente rispetto alle industrie tradizionali, poiché ha un ciclo di vita completamente diverso: le società vanno e vengono, i leader di mercato sono spesso le aziende più giovani e la minaccia di nuovi ingressi è continua, i cambi tecnologici sono repentini e indirizzano tutto lo scenario.

Il report di Startup Genome ne ha delineato il modello del ciclo di vita di un ecosistema tech, individuando 4 fasi:

  • Attivazione: massimo 1000 startup, poca esperienza e locale, poche risorse, obiettivo: crescere come ecosistema
  • Globalizzazione: molte exit importanti (oltre i 100 milioni di dollari) segnalano la forza dell’ecosistema che comincia ad attrarre startup e talenti; crescita fino ad almeno 2000 startup; obiettivo: connettersi con altri hub
  • Espansione: tante exit milionarie accrescono la capacità dell’ecosistema di avere rilevanza globale, ma ancora ci sono gap per la ricerca di capitali elevati e connessione internazionale per essere una ‘fabbrica di unicorni’
  • Integrazione: è il momento in cui un ecosistema diventa così solido da potersi confrontare e collaborare con altri ecosistemi forti, in cui l’ecosistema è capace anche di integrarsi con ecosistemi diversi da quello tech ed esprimere influenza culturale e ‘politica’ in tutti i settori economici e nella società.

Insomma, possiamo dire che a quest’ultima fase è giunto solo il sistema Silicon Valley.

Il report è denso di informazioni, considerazioni, punti di vista, una lettura è vivamente consigliata a chiunque graviti nell’ecosistema italiano delle startup. Qui il sito ufficiale da cui scaricare gratuitamente. 

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