Islam e crowdfunding, come e perché vanno d’accordo

Islam e crowdfunding? Si può fare, anzi il crowdfunding si sposa bene con i principi della finanza islamica. Ecco come e le migliori piattaforme

Pubblicato il 22 Gen 2018

La finanza islamica per essere conforme al Corano richiede investimenti socialmente responsabili, con un reale impatto sulla comunità; come è stato già detto, la Sharia vieta gli interessi sui prestiti e sulla speculazione, ma non le tasse applicate ai trasferimenti e le imposte in generale: da qui l’inevitabile somiglianza al crowdfunding e ai suoi metodi partecipativi.

Dal confronto tra le piattaforme di crowdfunding tradizionali con quelle prettamente islamiche, emerge che la differenza è davvero minima. Nel primo caso, infatti, un promotore presenta un progetto, chiedendo alla comunità di supportarlo in cambio di una ricompensa proporzionale al sussidio finanziario. I partecipanti non sono investitori, ma piuttosto contributori. Il secondo si avvale della fatwaa (responso giuridico emanato dall’autorità islamica) che impone il divieto all’applicazione degli interessi, a cui si aggiunge il concetto di legalità del progetto: tutto deve essere halal (cioè consentito dalla Sharia)! In altre parole, il crowdfunding islamico deve evitare la promozione di sostanze e attività proibite come il gioco d’azzardo, l’alcool o la commercializzazione di grasso animale, ma non si tratta solo di vino, birra, prosciutto o maiale, poiché anche i trucchi e i vestiti possono contenere componenti  haram (vietati).

Per la precisione, esistono quattro tipi di piattaforme sharia compliance:

1. Il crowdfunding basato sulla donazione islamica (donation crowdfunding): in caso di donazione, i donatori versano importi piuttosto piccoli per un progetto senza scopo di lucro o un’iniziativa di sviluppo sociale, come sostenere una famiglia con cure mediche o costruire una scuola in Africa o per una campagna personale, come il trattamento di una persona o le spese mediche.

2. Il crowdfunding basato sui premi islamici (rewards crowdfunding): i donatori contribuiscono con piccole somme di denaro in cambio di una ricompensa dopo il completamento del progetto. La ricompensa è un prodotto generato dal progetto stesso.

3. Il crowdfunding azionario islamico (equity crowdfunding): in questa fase, gli investitori forniscono ingenti somme di denaro, pertanto diventano azionisti e condividono profitti e perdite.

4. Il crowdfunding del debito islamico (debt crowdfunding): i finanziatori concedono un prestito e si aspettano il rimborso del capitale e la distribuzione del profitto..

Ebbene in questi ultimi anni il numero di queste piattaforme islamiche è diventato sempre più crescente; tra quelle di successo ci sono:

  • Ethiscrowd:   si concentra sul crowdfunding e sui beni immobili.
  • Kapitalboost: si rivolge alle piccole e medie imprese
  • Launchgood: è la più conosciuta e più generica, si occupa sia di equità sia di ricompensa. La società ha sede negli Stati Uniti, ma ha una platea globale, fatta di 182 mila utenti, 3045 progetti finanziati in 100 Paesi. Con 4,7 milioni di dollari; ha finalizzato, persino, una serie di progetti a tutto green, come l’illuminazione della Striscia Gaza che, quando non c’è corrente, utilizza delle piccole lampade solari.
  • Zoomal: è stata fondata dal libanese Abdallah Abdi, il cui desiderio è di vedere un mondo arabo più dinamico, meno dipendente dagli aiuti di Stato e proiettato verso il futuro; consente di finanziare progetti per cui difficilmente si riesce a trovare sostegno, anche a causa di in un sistema bancario libanese generalmente restio al credito a favore delle piccole/medie imprese .

The LaunchGood team, da sinistra a destra: Laila Alawa, Amany Killawi, Omar Hamid, Chris Abdur-Rahman Blauvelt, Omar Ali & Abdul-Mannan

Le piattaforme di crowdfunding conformi alla Shariah si sono evolute fino a diventare una parte essenziale delle attività complessive della  finanza islamica, principalmente per facilitare l’implementazione di progetti, a beneficio dei mutuatari che si trovano ad affrontare difficoltà nel raccogliere fondi attraverso i classici canali di prestito.

Il king maker della finanza islamica, come si sa, è la Malesia, qui hanno avuto origine le campagne di raccolta fondi più di successo, tra queste troviamo  Skolafund: basata sui temi attinenti all’istruzione, si presenta come una piattaforma web online  rivolta agli studenti, in particolare a quelli bisognosi, per finanziare le loro borse di studio. La missione  è di tutto rispetto, ossia, rendere l’istruzione superiore/universitaria accessibile anche ai meritevoli che non possono permetterselo. È andata online per la prima volta nell’aprile 2015 e in quattro mesi ha raccolto quasi RM25.000 per 6  studenti, finanziati da 125 membri della comunità.                                                                  .
Altro caso, è quello della KapitalBoost  di Singapore, si tratta della prima piattaforma di crowdfunding  ibrida conforme alle Shariah: offre ai soci l’opportunità di investire e ottenere rendimenti interessanti finanziando piccole imprese. Allo stesso tempo, aiuta ad affrontare i problemi delle piccole imprese offrendo alternative di finanziamento a breve termine con un processo di approvazione rapido e amichevole e a tassi competitivi. Il crowdfunding avviene attraverso accordi conformi alla Shariah come Murabaha (commercio), Wakalah (agenzia) e Qard (donazioni).

Il crowdfunding insieme al social impact investments e al microcredito rappresenta un’alternativa utile e concreta per favorire l’inclusione finanziaria, nonchè il sostegno a famiglie e microimprese; per altro verso, può anche contribuire a risolvere, in parte, l’impasse strategica e operativa che caratterizza l’operatività delle banche nei Paesi islamici.

Contributor: Linda Alongi

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