DMAT società deeptech che sviluppa una tecnologia capace di raddoppiare la vita di servizio e ridurre la carbon footprint del calcestruzzo del 60%, riceve un investimento in capitale pari a 4,5 milioni di dollari in un primo round, oversubscribed, guidato dal Primo Capital tramite il suo fondo Primo Climate. Il finanziamento è finalizzato a supportare il processo di commercializzazione e internalizzazione della tecnologia sviluppata da DMAT, oggi già certificata in Europa e utilizzata con successo sia nel settore delle grandi infrastrutture autostradali che in quello dei manufatti prefabbricati.
L’operazione ha ottenuto un riscontro significativo da parte di un pool di investitori internazionali che entrano contestualmente nel capitale di DMAT. Tra questi Safar Partners, fondo di venture americano che investe in cleantech e nuovi materiali, IA IT e robotics, e life science, PeopleFund, holding privata che investe in startup tecnologiche globali, Deep Future, il fondo deep-tech di Pablos Holman, inventore e futurista americano, Corbites, fondo europeo di venture capital che agisce come catalizzatore per l’innovazione, assieme ad altri investitori di rilievo globale attivi nel settore deep-tech.
«Dopo un importante e rigoroso percorso di ricerca e sviluppo, oggi DMAT è presente sul mercato italiano e svizzero con una tecnologia senza eguali, grazie al mix di durabilità, sostenibilità e performance che è in grado di offrire, con linee di prodotto dedicate sia alle nuove realizzazioni in calcestruzzo e che al ripristino tramite malte strutturali – dice in una nota Paolo Sabatini, CEO e co-fondatore di DMAT (nella foto) – Siamo felici di poter contare sul supporto di un gruppo di investitori internazionali di primissimo livello, che ci permetterà di stringere partnership strategiche con produttori di calcestruzzo, aziende di costruzione, e sviluppatori e di avviare il nostro processo produttivo negli Stati Uniti».
Simone Molteni, general partner di Primo Climate, commenta: «Questo round è un segnale importante per l’ecosistema dell’innovazione italiana: l’invenzione ha mosso i suoi primi passi a Cambridge ma ha poi trovato in Europa tutti gli ingredienti per crescere ed essere sviluppata e migliorata. Oggi il cuore dell’operatività e dell’R&D risiede in Italia e anche in presenza di investitori di rilievo internazionale il lead investor è italiano. Mi sembrano ottime notizie per il sistema Paese».
Il mercato del calcestruzzo, oggi stimato ad oltre mille miliardi di euro annui, rappresenta da solo l’1% del PIL mondiale e continua a crescere soprattutto grazie all’intenso processo di urbanizzazione e di costruzione di grandi progetti infrastrutturali. Secondo le stime, ogni anno vengono costruiti oltre 4,3 milioni di edifici, per un totale di 33 miliardi di tonnellate di calcestruzzo utilizzate, cifre che si prevede continueranno a crescere del 30% entro il 2050. Per le infrastrutture esistenti, la sola corrosione delle armature in calcestruzzo genera costi di manutenzione e riparazione pari a circa 100 miliardi di dollari all’anno.
Questo settore in continua espansione è uno dei principali contributori alle emissioni di CO2, con una quota pari all’8% del totale, oltre a rappresentare uno dei segmenti più complessi da decarbonizzare. Pur essendo soltanto uno degli ingredienti, il cemento è il responsabile del 90% delle emissioni derivanti dalla produzione di calcestruzzo.
In questo contesto nasce DMAT, società che annovera tra i co-fondatori Admir Masic, professore associato del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Massachusetts Institute of Technology (MIT), e che ha sviluppato una tecnologia innovativa basata su filler e miscele proprietarie che migliora le performance del calcestruzzo e delle malte da ripristino, aumentandone la resistenza e allungandone la vita utile grazie alla sua proprietà autoriparante (self-healing). Nel momento in cui si formano le fessure, infatti, i materiali DMAT sono in grado di “cicatrizzarsi” senza bisogno di interventi esterni, grazie all’attivazione di particolari reazioni chimiche. Inoltre, la tecnologia DMAT fornisce un’elevata resistenza alla carbonatazione, insieme alle crepe tra le principali cause di degrado delle strutture, un effetto combinato che permette di raddoppiare la vita utile delle strutture. Allo stesso tempo DMAT riduce la percentuale di cemento necessaria nel calcestruzzo e nelle malte, consentendo un’importante riduzione dell’impronta carbonica nella filiera immobiliare, in vista anche dei rincari di questa materia prima in Europa nei prossimi anni, stimati tra il 230% e il 330%.
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