La scaleup europea Spotify sceglie di quotarsi a Wall Street con la formula del direct listing, un’alternativa meno costosa della classica IPO e, si vedrà, se altrettanto efficace
Secondo le indiscrezioni delle testate finanziarie la scaleup europea Spotify avvierà le contrattazioni del suo titolo presso la Borsa valori di New York all’inizio di aprile. I meglio informati indicano già nella settimana del 2 aprile la data possibile di debutto e affermano che la società punta a raccogliere un miliardo di dollari.
La notizia della quotazione a Wall Street di una scaleup europea è già di per sé una buona notizia che dovrà essere poi confermata dall’effettivo andamento che il titolo, che avrà il ticker SPOT, a seguito del debutto. C’è però un altro tema che rende la quotazione di Spotify interessante anche in prospettiva per il rapporto tra le startup, o meglio le scaleup, e lo strumento della quotazione in Borsa, ed è il fatto che sia stato scelto di applicare il modello del cosiddetto direct listing process (Dlp) detto anche Direct public offering (Dpo).
Il motivo per cui questo è interessante è legato al fatto che si tratta di una modalità di quotazione che ha costi decisamente inferiori rispetto al normale processo della Ipo (Initial public offering). Ciò perché è l’azienda stessa a gestire il processo in modo diretto appunto, senza quindi impiegare i servizi degli intermediari finanziari, tipicamente banche di investimento, senza compiere il roadshow per raccogliere l’impegno dagli azionisti potenziali e senza definire un prezzo di debutto dell’azione. Ciò significa che non si pre-definisce nemmeno l’ammontare di ciò che si desidera raccogliere ma si opera appunto in modo diretto sperando che l’appetito del mercato sia elevato in relazione alle azioni che verranno messe a disposizione. Perciò nel momento in cui Spotify dice che vorrebbe raccogliere un miliardo di dollari è certamente una speranza magari basata su alcuni parametri di valutazione, ma non è un obiettivo pre-definito come quando si procede con la Ipo classica.
Definizioni più articolate e tecniche del direct listing sono naturalmente disponibili online a partire dalle pagine di Investopedia e di Wikipedia ; ciò che però riteniamo sia interessante è come questo strumento si proponga come alternativa più economica e agile che possa quindi facilitare la considerazione da parte di scaleup verso la potenziale quotazione in Borsa.
Rendere più agile, rapido e meno costoso il processo di quotazione significa rendere più appetibile la strada della Borsa anche a imprese che hanno risorse limitate, ma elevata potenzialità e quindi più facile la creazione di un mercato secondario per gli investitori in equity e di conseguenza una maggiore tasso di liquidità anche per i capitali a sostegno dello sviluppo delle imprese di nuova generazione, e un maggiore tasso di liquidità si traduce in una potenziale crescita di attenzione verso gli investimenti in imprese innovative anche da parte di investitori che tendono a preferire strumenti più tradizionali come appunto sono le azioni di aziende quotate.
Il direct listing non è una novità assoluta ma l’eventuale successo dell’operazione di Spotify accenderebbe un faro sullo strumento e lo renderebbe attuale e meritevole di considerazione da parte di un numero maggiore di imprese rivelandosi potenzialmente un momento spartiacque verso un ritorno di una più intensa relazione tra le imprese di nuova generazione e la Borsa portando quindi nuova linfa all’intero settore. Non resta quindi che aspettare l’inizio di aprile e sperare che la quotazione di Spotify abbia successo.