Il Made in Italy, il Forum internazionale

Pubblicato il 28 Mar 2014

La prima edizione del Forum internazionale del made in Italy si è svolta nel Principato di Monaco. L’evento ha visto una forte sinergia organizzativa da parte di Ice Agenzia e di tantissimi imprenditori nonché di The European House Ambrosetti e dell’Ambasciata d’Italia nel Principato di Monaco. Le due giornate in cui si è articolato l’evento sono state intensissime e ricche di testimonianze soprattutto da parte del mondo imprenditoriale ma anche dalle istituzioni e da chi continua a credere fortemente nel made in Italy sia nell’ambito dei settori per cui la produzione italiana è più nota nel mondo, sia in quelli che fanno degli imprenditori italiani dei campioni di creatività e innovazione.

L' elenco di tutti gli imprenditori e relatori intervenuti si trova sul sito della manifestazione, ciò che va sottolineato sono alcuni spunti e riflessioni emersi durante la due giorni.
Ci sono state le conferenze plenarie e i workshop tematici e tra tutti vale la pena di mettere in luce cià che ha dichiarato il vice ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda e ciò che emerso dal workshop organizzato da Ice sulla mobilità e le costruzioni green con esponenti di grandi aziende come Iveco, Fiat Chrysler, del mondo accademico come il Politecnico di Torino, di aziende di medie e piccole dimensioni come Marcopolo Environmental Group ed Es-Ko e di startup innovative come SBskin nata in seno alla Università di Palermo.
L’intervento di Calenda segue due altri spunti significativi: l’analisi dell’andamento economico dell’Italia offerta dall’economista Marco Fortis che è vicepresidente della Fondazione Edison e che ha messo in luce gli aspetti sani della nostra economia legati alla capacità di innovazione e di esportazione, una sorta di boccata d’ossigeno rispetto al coro dei disfattisti, certo i problemi ci sono ma vanno contestualizzati e vanno studiati e possibilmente risolti facendo leva anche sulle cose che funzionano e che stanno effettivamente sostenendo l’economia e l’industria del Paese e una delle tante storie imprenditoriali come quella di Permasteelisa raccontata da Massimo Colomban il quale è oggi impegnato sia come business angel sia come imprenditore in diverse inattive e ha posto enfasi sull’importanza di sostenere lo sviluppo delle imprese e la loro capacità di creare lavoro: “un disoccupato costa allo stato 10mila euro all'anno un lavoratore produce 30mila euro di entrate, se le imprese muoiono muore lo stato”. Ciò che serve è dare forza alla meritocrazia e alla certezza delle regole e assumere la consapevolezza che i problemi che frenano lo sviluppo sono la burocrazia, la corruzione la criminalità, nessun’altro Paese al mondo ha tutti questi problemi e freni e nonostante ciò restiamo a galla ma non basta, dobbiamo accelerare e sciogliere i nodi altrimenti cadremo inesorabilmente verso uno stato di mediocrità.
E’ proprio Carlo Calenda, il vice ministro del Mise con delega all’internazionalizzazione ed esperienze di manager presso imprese come Ferrari e Sky a dare il messaggio che dirompe sia nel mondo imprenditoriale sia in quello istituzionale. “Le riforme sono solo 20% del problema il resto è la gestione. All’interno dei ministeri se le cose non funzionano è responsabilità politica, se qualcosa non va nell’area internazionalizzazione io sono responsabile ma la politica si cura troppo poco della gestione. Prendiamo per esempio l’iniziativa Industria 2015 di Bersani alla cui esecuzione ha badato nessuno tanto che alla fine del 2013 solo il 3% dei fondi furono spesi. Nessuno si occupa della delivery, nessuno fa execution. Altro esempio sono le startup, ogni ministro dello Sviluppo ha fatto un fondo per le startup, io ho trovato un fondo da 6,5 milioni di euro per l’internazionalizzazione delle startup che aveva fatto solo tre operazioni e quindi ho deciso di chiuderlo. Dobbiamo lavorare a riforme costanti e dobbiamo richiamare su questo non i burocrati, dobbiamo responsabilizzare i politici. Si può e si deve fare, i miglioramenti incrementali di una buona gestione possono essere giganteschi. Il ministero aveva 18 fondi su made in Italy, una confusione enorme, non si capiva dove investivamo. Mi è capitata una esperienza con la nautica, la cui industria è stata peraltro distrutta in modo irresponsabile e fessa ricorrendo perfino alla retorica anti lusso. Al salone nautico di Fort Lauderdale ho trovato una barchetta di legno fabbricata in India che abbiamo portato e finanziato noi e quando ho chiesto il motivo mi è stato risposto che era per rafforzare le relazioni tra Italia e India, cosa che come tutti sappiamo pare proprio avere funzionato non benissimo”.

“Personalmente – continua il viceministro – non ho una visione negativa dell’economia del nostro Paese e del suo ruolo nel mondo: l’accesso ai mercati sta migliorando, per esempio sto definendo un accordo con gli Usa per la riduzione dei dazi. Per la prima volta anche i Paesi meno evoluti sono pronti ad aprire mercati e si va verso un accordo tra 160 Paesi per uniformare procedure doganali. La classe media sta aumentando in tutto il mondo e questo ha per esempio effetti sul turismo, ci saranno un miliardo e 200 milioni di turisti nel 2014 e per l’Italia questa è e deve essere una opportunità da cogliere. Altro elemento di crescita del sistema globale sempre secondo il viceministro è l’assottigliassi del differenziale dei costo di produzione che in Cina nel 2001 era 22 volte interiore rispetto agli Usa, oggi questa differenza si è ridotta a fattore 10. Per questo gli Usa stanno facendo re-shoring e noi dobbiamo riportare manifattura al centro del sistema Italia, per 30 anni abbiamo consapevolmente deciso di distruggere tessuto imprese in italia ora dobbiamo ritornare indietro, in qualunque Paese la crescita e l’occupazione la fanno le imprese e sostenendo le imprese sosteniamo occupazione e redditi. Gli incentivi all’assunzione non servono se imprenditore non ha prospettive non si assume solo perché c’è un incentivo. Inoltre c’è ancora purtroppo una cultura fortemente anti capitalistica e fortemente anti impresa che è difficile da abbattere ma che non ha più senso perché se oggi siamo un Paese ricco è perché abbiamo fatto le imprese. Se diciamo che il Paese ha futuro cupo nessuno cambia e tutti restano attaccati al privilegio individuale, se non abbiamo prospettiva non cambieremo dobbiamo affermare tutti insieme che il cambiamento di prospettiva dipende dalle imprese e da chi ci lavora dentro. L’articolo 18 è surreale, imprenditore che forma un lavoratore non lo manda a casa per uno sghiribizzo, si licenzia se le performance non ci sono e questo fa parte della costruzione del percorso economico. Bisogna riportare l’impresa al centro. Io sono convinto che questo Paese si possa cambiare e questo governo ha il ritmo giusto”.

E a ciò Calenda ha aggiunto alcuni esempi virtuosi come il Nuovo Pignone acquisito da General Electric: “molte aziende italiane acquisite dagli stranieri sono cresciute di più rapidamente, anche qui c’è un paradosso: prima lavoriamo per attrarre investimenti e poi se questi investimenti arrivano e comprano le aziende ci lamentiamo. Per me è un fatto positivo se ci sono investitori stranieri nelle nostre aziende importante è che produzione e testa restino in italia e poi non mi importa se la proprietà è estera. Io sono strenuo difensore del made in Italy e ciò che si produce in italia se poi è di proprietà straniera non mi importa, io poi devo dimostrare come governo di creare le condizioni affinché anche gli imprenditori italiani che sono andati all’estero possano tornare”.
E sono proprio gli imprenditori a dare ancora maggiore forza al messaggio, in particolare quelli che hanno partecipato al workshop dell’Ice sull’Edilizia sostenibile le la mobilità intelligente (workshop che è stato moderato da chi scrive). Enrico Pisino, direttore research and innovation di Fiat Chrysler enfatizza sull’organizzazione globale del suo lavoro che si basa su un master plan unico a cui lavorano tecnici e ricercatori in Europa, Cina e Usa e tutte le aziende e organizzazioni che collaborano con la struttura di innovazione del gruppo automobilistico. “Ogni operazione è condivisa così come lo sono le tempistiche e le modalità di esecuzione”. Gli fa eco Marco Aimo Boot di Iveco-Cnh Industrial che si occupa dello sviluppo di veicoli eco-compatibili per il trasporto urbano: “le nostre parole chiave sono: tempo di sviluppo, collaborazione, coraggio, prontezza, risposta al cliente, processo di innovazione incrementale”. Quella di Iveco e di Fiat Chrysler è tutta innovazione industriale destinata a diventare prodotto ma la cui realizzazione si basa anche sul lavoro fatto in ambito accademico come conferma Giulia Sonetti del Cluster nazionale tecnologie per le comunità intelligenti del Politecnico e della Università di Torino la quale enfatizza sull’importanza dei dati, delle analisi, delle simulazioni che consentono di disporre di tutte le informazioni di contesto e di scenario sulla base delle quali è poi più efficace sviluppare la ricerca industriale. Dall’Università, in questo caso quella di Palermo, arriva anche Rossella Corrao che è co-fondatrice della startup SBSkin che ha ideato e punta a produrre un nuovo componente edilizio, un particolare mattone di vetrocemento che integra il pannello fotovoltaico diventando così elemento costruttivo ma anche fonte di produzione energetica: “SBSkin è esempio classico di come la ricerca universitaria può diventare impresa e prodotto innovativo, oggi noi siamo alla ricerca di finanziamenti per avviare la fase di produzione ma il prodotto ha già riscontrato interesse da parte del mondo industriale, in particolare di quegli imprenditori che guardano avanti e che sperimentano”. Esattamente come fanno Antonio Bertolotto, fondatore e presidente di Marcopolo Environmental Group e Paolo Spaziani del gruppo Es-Ko. Bertolotto nel raccontare la sua storia che parte dalla terra per arrivare alla produzione di un veicolo elettrico enfatizza sull’importanza delle diversificazione, della filiera e del fatto che l’individualismo imprenditoriale è la strada verso la rovina, mentre Spaziani che guida progetti volti alla realizzazione di edifici prefabbricati in tutto il mondo come scuole, case, strutture turistiche, il padiglione del Principato di Monaco a Expo 2015 e perfino una base antartica per il governo del Brasile, sostiene il valore della relazione tra competenze tecnologiche e industriali e della necessità di avere una visione internazionale anche per le imprese che hanno dimensioni non troppo grandi ma che hanno competenze altamente specifiche e qualificate. Vale a dire le caratteristiche principali della gran parte delle imprese italiane di successo: specializzazione, competenze, tecnologia, capacita di esecuzione di altissimo livello. Questo è il made in Italy, quello raccontato nel Forum Internazionale che si spera avrà future edizioni perché ascoltare gli imprenditori è un ottimo modo per conoscere il vero polso del Paese, e quello che ogni giorno si fa e si declina in moltissimi modi: dalle gelaterie di Grom che sono presenti un tutte le grandi città del mondo, alle navi di Fincantieri che navigano i mari del pianeta, passando per le imprese di gente come Stefano Ricci, Beretta, Prima Classe, Baglioni Hotel, Bonfiglioli, Pelliconi, Retalco, Loccioni e i tantissimi altri che hanno partecipato con le loro esperienze, osservazioni, consigli alla prima edizione del Forum.

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