Istituzioni nazionali e startup, una nuova speranza

I nuovi piani del governo per sostenere l’innovazione sono ai blocchi di partenza, la speranza è che diventino presto risultati,anche imparando dagli errori

Pubblicato il 21 Dic 2019

Questo 2019 si chiude con grandi speranze nella relazione tra le istituzioni e il mondo delle startup e dell’innovazione. C’è la speranza del Fondo Nazionale Innovazione che dopo lunghi mesi di gestazione a causa di ritardi sulle nomine, sembra avere trovato la quadra, almeno per quanto riguarda gli incarichi, ora si spera che arrivi anche la disponibilità dei fondi, l’ormai noto miliardo di euro che dovrebbe ‘dare la svolta definitiva all’ecosistema italiano delle startup’ (e che si spera non venga fagocitato da qualche nuova emergenza nazionale tipo quelle di Alitalia o Ilva). C’è la speranza della Strategia 2025 per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese presentata giorni fa dalla ministra Paola Pisano (e che potete leggere qui) che si articola in 20 punti e che tiene anche in considerazione il ruolo di Pmi e startup avvalendosi anche di consulenti tra cui alcuni apprezzati nomi nell’ambito startup come per esempio Vincenzo Di Nicola di Conio, Marco Marinucci di Mind the Bridge, Gianni Dominici di ForumPA, Marco Gay di Digital Magics ed Enrico Resmini nominato AD di Invitalia Ventures Sgr che gestirà proprio il Fondo Nazionale Innovazione (riporta Linkiesta in questo articolo in cui cita anche il ruolo di Davide Casaleggio cosa che ha causato qualche mal di pancia nel governo come scrive Open).

Conserviamo la speranza per i nuovi programmi annunciati, speranza di vederli svilupparsi e diventare concreti e portare al Paese quei risultati che sono ormai vitali per il futuro, la speranza di non essere per l’ennesima volta di fronte alla ‘politica dell’annuncite’ che porta forse qualche voto ma che non aiuta l’Italia a crescere. La speranza di una politica che diventa fatti concreti e che parla dei risultati ottenuti, degli eventuali aggiustamenti per rendere tali risultati ancora più efficaci, e che si pone in modo trasparente imparando anche dagli errori e dalle incertezze del passato.

Ne prendiamo due di queste incertezze, tra le più attuali, a titolo di esempio: la questione dei fondi ITATech a Sofinnova che ha ormai assunto il carattere di telenovela, e il 40% di detrazione/deduzione per chi investe in startup innovative promesso dalla Legge di Bilancio 2019 (ne scrivemmo qui) e mai diventato realtà.

La faccenda ITATech è, come detto e scritto una sorta di telenovela che si arricchisce di un nuovo capitolo che Fabrizio Marino ha bene descritto in un articolo pubblicato su AboutPharma (articolo che contiene anche le dichiarazioni di Graziano Seghezzi, managing partner di Sofinnova che spiega perché Sofinnova si stia comportando correttamente) che racconta la vicenda a seguito anche della nuova interrogazione parlamentare presentata da Antonio Palmieri lo scorso 7 novembre e che potete leggere qui . La faccenda qui è legata al desiderio di comprendere come mai parte dei soldi del fondo ITATech vengano assegnati ai francesi di Sofinnova e come essi li utilizzino per investire in aziende italiane. È giusto superare l’approccio nazionalistico e considerare Sofinnova un player globale, ma è anche giusto che i soldi di ITATech, che è un fondo pubblico italiano, vengano poi opportunamente investiti in aziende italiane, ed è qui che si snoda la polemica perché Sofinnova dice di dimostrare la sua capacità di investimento in aziende italiane citando il caso di Creabilis Therapeutics e la relativa exit multimilionaria, si para di 150 milioni di dollari, verso l’americana Sienna Biopharmaceuticals, exit che però non pare valere quanto è stato dichiarato perché l’acquirente statunitense fallisce la quotazione al Nasdaq e finisce in amministrazione controllata (in Usa si chiama Chapter 11). Ciò che è importante qui è porre attenzione alla questione Sofinnova perché il fondo ITATech funziona bene, come abbiamo per esempio scritto recentemente citando l’investimento in HiQ-Nano e la nascita del fondo Eureka! , e quindi sarebbe un delitto metterlo in sofferenza operativa per una questione che invece va risolta in modo costruttivo, definitivo, e capace di portare valore a tutti.

La questione della detrazione o deduzione, a seconda se si è persona fisica o giuridica, del 40% per gli investimenti in startup innovative (secondo la definizione del decreto legge del 2012) che era stata inserita nella Legge di Bilancio del 2019 è altrettanto delicata. Certo il 10% in più, rispetto all’attuale 30%, avrebbe fatto la differenza anche se attivo solo per le operazioni concluse nel 2019 (soprattutto alla luce del fatto che l’anno, secondo il rapporto degli Osservatori del Politecnico di Milano, ha visto un rallentamento degli investimenti in startup come abbiamo scritto qui ), ma qui la questione non è tanto la percentuale ma il modo in cui una norma ampiamente annunciata dal governo sia poi mai entrata in vigore senza che comunicazioni opportune siano state fatte per informare i cittadini, gli imprenditori e gli investitori. Qui il tema è la trasparenza e quindi la capacità di fare sempre chiarezza in modo da stabilire un rapporto il più possibile basato sulla fiducia con i cittadini, secondo questo articolo di Money.it , una risposta dal parte del Mise c’è stata nel momento cui è stata fatta specifica richiesta da parte di un portale di crowdfunding for equity e il motivo della mancata entrata in vigore della detrazione al 40% sarebbero limiti di compatibilità con la normativa sugli aiuti della Unione Europea e quindi il governo ha deciso di non procedere con la notifica comunitaria della norma, una valutazione questa che forse si sarebbe potuto fare prima di inserirla nella Legge di Bilancio. In tutti i casi saggio sarebbe stato produrre comunicazioni relative all’impossibilità di applicare tale detrazione almeno con la medesima enfasi con cui fu annunciata alla fine del 2018, trasparenza quindi, altrimenti restiamo nell’alveo della sopracitata ‘strategia dell’annuncite’.

‘Una nuova speranza’ è il titolo del primo film della saga di Star Wars, quello denominato come episodio IV e uscito nel 1977, saga che proprio in questi giorni giunge alla sua conclusione cinematografica con l’uscita dell’episodio IX, il terzo della terza trilogia. Una nuova speranza è quella che desideriamo avere nelle capacità delle istituzioni nazionali di costruire pensando al futuro e a rendere l’Italia un Paese sempre più vicino alle economie più avanzate e competitive. Non entriamo nel merito delle proposte fatte che eventualmente saranno valutate quando produrranno i primi risultati, ma ci auguriamo che questa volta, più che ma in passato, agli annunci seguano i fatti. E che la forza sia con voi. 

@emilabirascid

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