La finanza di rischio al tempo del COVID-19

La pandemia che il mondo sta fronteggiando porta tutti a riflettere profondamente anche sul valore del proprio lavoro. Anna Amati Partner EUREKA! Venture SGR condivide con i lettori di Startupbusiness le sue riflessioni sull’importanza di sostenere e finanziare la ricerca.

Pubblicato il 16 Mar 2020

Anna Amati

Anna Amati Partner EUREKA! Venture SGR Spa (di cui scrivemmo qui ) condivide con i lettori di Startupbusiness le sue riflessioni sul ruolo degli investitori e la fondamentale importanza che ha sostenere la scienza e la ricerca, cosa che va fatta sempre e non solo nei momenti di emergenza e che va fatta proprio per poter affrontare al meglio anche le emergenze come quella che stiamo vivendo in questi giorni.

Sono giorni strani, questi.

Da una parte la mia vita lavorativa continua con regolarità: EUREKA! Venture è stata iscritta all’albo delle SGR con il numero 180. Il nostro primo fondo Eureka!Fund I – Technology Transfer è stato appena lanciato e abbiamo già raccolto nel database oltre 200 progetti imprenditoriali, le call sono pianificate e coprono tutta la settimana.

Dall’altra parte c’è il COVID-19.

Nel mezzo, il tempo. Tempo per pensare, più del solito. Senza viaggi, senza valigia. Tempo prezioso per riflettere sul vero senso del nostro lavoro, della sfida che ci aspetta come investitori. Utile per prendere ancor più consapevolezza del significato del claim “investiamo in persone capaci di meravigliarci con soluzioni che risolvano problemi reali con un forte impatto sulla società”.

Ecco che al tempo del COVID-19, in maniera prepotente, la finalità di investire per “migliorare la qualità della vita delle persone” assume un significato più profondo, ancor più responsabile. La collettività riconosce a essa un significato maggiore, prioritario! Il problema reale in questo caso è un maledetto e sconosciuto virus, mentre, le persone capaci di meravigliarci sono tutte quelle che trovano soluzioni, non solo per migliorare ma in alcuni casi per salvare la vita di tutti noi.

Soluzioni capaci, per esempio, di saper riprodurre in poche ore, con la stampa 3D, le valvole per il funzionamento di uno strumento di rianimazione per l’Ospedale di Brescia o di farci render conto di quanta ricerca e conoscenza ci sia nella progettazione di ventilatori per la respirazione, nello sviluppo di test diagnostici e di screening o nella individuazione di materiali innovativi capaci di filtrare particelle infettanti.

C’è un’altra presa di consapevolezza, però, in tutto quello che sta accadendo. Ci si rivolge e si applaude alla scienza quasi sempre solo in questi casi, quando il mondo non sa cosa altro fare. Quando la vita di centinaia di migliaia di persone è minacciata ma, soprattutto quando non esiste già una soluzione.

Allora ci si ferma, si capisce il valore della conoscenza sviluppata all’interno delle Università e dei centri di ricerca e della capacità delle aziende di inglobare i risultati prodotti da questa conoscenza nei propri processi produttivi, realizzando soluzioni che dovrebbero meravigliarci ma che molto spesso, diamo, invece, per scontate.

EUREKA! Ovvero, “Ho trovato!”.

Un nome, quello del nostro fondo, che assume un significato oggi ancor più importante. Come vorremmo tutti che un Archimede dei nostri giorni, da qualche parte del mondo, potesse gridarlo a gran voce, subito e ora!

E invece, in un post di qualche giorno fa, Ciro Spedaliere di Claris Ventures, mappava e analizzava lo sviluppo di 23 potenziali vaccini e di trattamenti anti-virali per il COVID-19, affermando che “ci sarà bisogno di almeno un anno per avere evidenze di efficacia per i vaccini e di alcuni mesi per il riposizionamento di farmaci esistenti”.

E il pensiero ci induce a ragionare ancora e con maggiore lucidità: per sconfiggere il coronavirus a oggi il mondo non ha ancora una soluzione.

Ecco il perché di tanta preoccupazione. La scienza ha necessità di avere soldi e tempo per poter produrre risultati capaci di creare valore e dare risposte ai problemi reali.

Ci vorrà circa un anno, ci dicono, per poter avere un vaccino sul mercato e ancora tanta finanza per supportare la ricerca, la fase di testing e sperimentazione.

La conoscenza, il tempo, la finanza sono fattori fondamentali per sviluppare e implementare soluzioni a problemi reali, tutti fattori che non possono essere sottovalutati.

Sarebbe opportuno inserirne, però, un altro, ovvero la visione. Oggi parliamo di un’emergenza che mette a rischio la vita umana e che ci impedisce di uscire di casa. La sentiamo nostra, sentiamo l’urgenza di porre fine a questa pandemia.

In questi due anni di approfondimenti e di scouting all’interno delle Università e Centri di Ricerca partner di Eureka!Fund abbiamo parlato molto con i ricercatori, con i team, con i delegati per la Terza Missione e il Technology Transfer. Persone con competenze e know-how incredibili, con le quali per la verità non abbiamo parlato di virus e vaccini. Non è il focus d’investimento del nostro fondo. Abbiamo approfondito però linee di ricerca e progetti imprenditoriali sugli “advanced material” capaci di creare valore, portare innovazione in settori quali l’energia, l’ambiente, la mobilità sostenibile, la salute. Capaci anche di produrre un forte impatto per la società.

Abbiamo affrontato temi e problematiche assai urgenti, i cui effetti sono di certo meno visibili del COVID-19 perché non ci obbligano a stare in casa, eppure mettono a rischio la qualità della vita e la vita stessa. Ce lo dicono gli scienziati, quegli stessi a cui ci rivolgiamo ora per l’emergenza.

Ci raccontano dei rischi troppo spesso sottostimati, legati al cambiamento climatico, alle criticità legate alla gestione sostenibile delle risorse idriche ed elettriche, alla necessità di garantire il benessere a tutte le età, o all’importanza di preservare e usare in modo sostenibile gli oceani, i mari e gli ecosistemi terrestri e le foreste, così come del combattere la desertificazione, arrestare il degrado del suolo.

Rischi che gestiamo tutti come se la cosa non ci riguardasse, perché non è qui e ora come lo spettro del virus.

Triste ammetterlo: ci voleva un COVID-19 per far capire quanto siamo fragili e quanto sia indispensabile investire sempre e tanto di più in conoscenza.  

Perché il COVID-19 finirà, ma non finiranno le sfide collettive che sempre di più potranno essere contenute e sconfitte solo con la capacità delle persone di sviluppare tecnologie e soluzioni, tanto più si investirà in conoscenza tanto più alte saranno le possibilità di sconfiggere un virus, una minaccia del cyberspazio, o l’inquinamento.

Fortunati, quindi, nel fare il nostro lavoro, a essere qui in questo momento a fare scouting di tecnologie ma soprattutto di persone motivate a contribuire nel trovare soluzioni a problemi che affliggono milioni, miliardi di persone.

Fortunati e responsabilizzati nel dover decidere a chi dare fiducia.  Fieri nell’immaginare di poter contribuire a migliorare la qualità della vita, con il nostro impegno e le nostre competenze come Eureka!Fund.  Grati per la disponibilità e l’impegno di tanti ricercatori e team nel condividere i loro progetti e meravigliati della loro eccellenza, ogni giorno di più.

Anna Amati Partner EUREKA! Venture SGR

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