La nuova tecnologia non si compra “off the shelf”

Pubblicato il 15 Lug 2020

Oggi ci troviamo a Brindisi per intervistare Luigi Barone, direttore generale del CETMA (centro di ricerche europeo di tecnologie, design e materiali). Il centro, fondato nel 1994, nasce da una collaborazione pubblica-privata promossa da ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) con la finalità di potenziare i processi di trasferimento tecnologico e di innovazione del Sistema Industriale nazionale, in particolare delle Regioni del Mezzogiorno d’Italia. Oggi, dopo vent’anni il Consorzio dispone di tre laboratori di ricerca – tecnologia dei materiali, prototipazione rapida, realtà virtuale – e di circa 100 risorse, molte dei quali ingegneri, che svolgono attività di ricerca applicata, di sviluppo sperimentale ed innovazione accrescendo ed integrando conoscenze legate a discipline pervasive ed abilitanti quali l’ingegneria dei materiali, l’ingegneria informatica ed il design.

Ciao Luigi, grazie a CETMA per essere un partner di EUREKA! Che valore dai a questa partnership?

Per un’organizzazione di Ricerca e Tecnologia e senza scopo di lucro come CETMA che promuove l’innovazione tecnologica tra le imprese e in particolare nel Mezzogiorno, la possibilità di collaborare con EUREKA amplia le possibilità di intervento della nostra missione. Con EUREKA oltre a promuovere strumenti di venture capital presso i nostri ricercatori possiamo pensare di farlo anche per i nostri tanti clienti e potenziali clienti che spesso ci contattano per sperimentare la possibilità di utilizzare nuovi materiali e nuove tecnologie.

Parlami un po’ di te… cosa vuol dire essere il responsabile dell’Ufficio di Trasferimento Tecnologico del CETMA?

Luigi Barone

Per la verità CETMA non ha un Ufficio di Trasferimento tecnologico, ma tutto il CETMA è un’“impresa di trasferimento tecnologico”. In CETMA tutti i suoi ricercatori si preoccupano non solo di svolgere attività di ricerca, ma anche di fare in modo che le competenze e i risultati acquisiti con le attività di ricerca possano essere sfruttati a livello economico. Questo avviene il più delle volte attraverso consulenze tecnologiche grazie a cui adattiamo il know-how acquisito con la Ricerca alle esigenze dei nostri clienti. Per me, che sono a capo di quest’organizzazione fin da quando è stata concepita, ha significato crescere ed occuparmi non solo di tecnologie e materiali innovativi, ma anche di attività manageriali per acquisire e gestire le risorse finanziarie, ed anche di organizzazione, pianificazione e business planning.

Quali sono le iniziative che state portando avanti come centro di Technology Transfer?

Ritengo che le nostre attività di consulenza tecnologica (che si basano sempre su nuove conoscenze di materiali e tecnologie) siano fondamentali per il Trasferimento Tecnologico. Ogni anno forniamo assistenza a svariate decine di imprese per consentire ad esse di utilizzare nuovi processi e materiali che noi abbiamo imparato a trattare con i nostri progetti di ricerca indipendenti.

Puoi raccontarci i risultati raggiunti? Puoi farci qualche esempio?

Nel settore dei materiali compositi in fibra di carbonio c’è un forte interesse per questa classe di materiali per il loro elevato rapporto resistenza/leggerezza (soprattutto in aeronautica e nei trasporti). In questo campo siamo diventati specialisti in Europa perché abbiamo sviluppato processi di lavorazione di questi materiali più economici di quelli tradizionali. Abbiamo ottenuto anche un brevetto europeo per la saldatura dei compositi. Abbiamo anche usato il know-how su questi materiali per migliorare, per esempio, il prodotto di un’azienda di calzature antinfortunistiche. Particolarmente qualificati siamo anche diventati sul riciclo dei materiali e sulle tecnologie della realtà virtuale ed aumentata.

Quali sono le prossime sfide per il tuo team di lavoro?

Considerando la domanda di innovazione che deriva dalla sempre più consapevole necessità di modificare i paradigmi produttivi da un’economia lineare ad una circolare e la domanda impellente e sopraggiunta, indotta dall’emergenza COVID19, di modificare i nostri processi organizzativi, produttivi economici e sociali, abbiamo la necessità di accrescere e migliorare le nostre azioni di marketing e di promozione per evidenziare quante soluzioni sono possibili con nuovi materiali e nuove tecnologie.

Come vedi il Technology Transfer in Italia?

Ho spesso la sensazione che il trasferimento tecnologico nel nostro Paese sia trattato e gestito in modo molto teorico, astratto. Si fanno statistiche sui brevetti, sulle startup, sull’imprenditorialità, si parla molto, e si fanno anche interventi finanziari… però la sensazione è troppo spesso che si tratti di iniziative episodiche e rapsodiche. Credo che questo dipenda da una sostanziale assenza di Governo dell’ecosistema di innovazione e forse anche da una scarsa conoscenza dell’ecosistema stesso. Vi sono tanti Ministeri che si occupano di innovazione, ma nessuno lo fa seriamente e con profondità, la governance del Sistema di Innovazione del Paese è assolutamente frammentata. È necessario superare questa frammentazione per ottenere più risultati e con più efficienza nell’innovazione e nel trasferimento tecnologico.

Secondo la tua esperienza, quali sono gli elementi di criticità e i limiti più frequenti e comuni che riscontri in operazioni di Technology Transfer?

Un aspetto che spesso viene trascurato nel Technology Transfer è la considerazione (tutto sommato semplice) che la nuova tecnologia non si compra “off the shelf”, sia che si tratti di un brevetto, o di know-how, o di un’idea… tutto richiede sempre un duro lavoro di comprensione, di adattamento. Serve l’engineering dei risultati della ricerca. D’altra parte, in un Paese come il nostro, composto in misura superiore al 95% di piccole e microimprese, c’è anche la difficolta oggettiva da parte dell’aziende di interiorizzare la nuova tecnologia. Tutto questo richiede un’assistenza e un supporto tecnico-operativo alle aziende che viene dall’esterno di queste e che assume un carattere direi maieutico. Questo lavoro non è semplice, si porta avanti con tenacia, con condivisione di obbiettivi, con competenza, con costante specializzazione. Non è solo attività di Ricerca per conto di terzi, ma diventa, in qualche modo condivisione di obiettivi. Quello di fornire una tale assistenza, è un lavoro molto difficile perché spesso i vantaggi all’inizio non sono chiari proprio a chi ne ha bisogno e questo comporta che nessuno sia disposto a pagare. Solo un’organizzazione senza scopo di lucro può pensare di svolgere una tale assistenza. E comunque senza un parziale supporto pubblico è difficile anche per una tale organizzazione svolgere un tale ruolo. Non a caso nei principali Paesi europei organizzazioni di ricerca e tecnologia che svolgono sia attività di ricerca e sia di assistenza tecnologica alle imprese sono in parte sostenute dalle istituzioni pubbliche (tipicamente con contributi incondizionati che coprono un terzo del loro budget). In questo modo però l’ecosistema dell’innovazione di quei Paesi funziona di più e meglio.

Contributor

90% below è il blog di Anna Amati, Partner EUREKA! Venture, Sgr che gestisce il fondo, Eureka! Fund I – Technology Transfer, focalizzato in startup, spin-off e progetti cosiddetti POC (Proof of concept) provenienti da una rete qualificata di centri di ricerca partner, nell’ambito dei materiali avanzati e più in generale scienza e ingegneria dei materiali.

[Cover Photo by Ricardo Gomez Angel on Unsplash]

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