Le skill per il futuro delle startup

Pubblicato il 04 Mag 2016

Come fanno le aziende a sopravvivere? Ancora ricordo il silenzio in aula quando il mio professore di Organizzazione d’Impresa disse che la risposta non é il profitto. Oggi posso toccare questa verità con mano.

Durante un meeting semestrale, uno dei miei Founder, Josè Paiva, disse: “Sapete qual é la cosa migliore che abbiamo fatto fino ad ora? Questo Team.” In una startup le persone sono un elemento dominante, da cui dipende la nascita, lo sviluppo e il futuro stesso dell’azienda.

Quello che Thomas A.Stewart definisce capitale intellettuale e quindi risorsa collettiva, oggi diventa un team, come ho sentito dire da molti dei miei colleghi italiani, di “profili skillati”, adatto a dare vita ad un progetto, portarlo avanti e farlo crescere. Da quando il mondo del lavoro è entrato in crisi e ancor di più da quando il sogno della Silicon Valley ha trapiantato le sue radici nelle cittá europee e non solo, il tema è diventato ormai sempre più discusso. Piantare i semi di una startup e coltivarli è un impresa ardua: quali sono le forze da mettere in campo? Quali le skill necessarie?

1. Skill per far fondare una startup

Siamo i fautori dell’era dell’ICT. Cosa stiamo a raccontarci? Non mi dilungheró troppo su questo punto: oggi la maggior parte dei Founders gode di quel meraviglioso background chiamato ingegneria informatica. Uno studio di SpencerStuart e dati rilevati dall’IBM hanno mostrato che il 33% dei CEO provengono da studi ed esperienze nel settore tecnologico, solo l’11% dal Business Management.

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Non é tutto. Dove il sapere tecnologico é di sempre maggiore rilevanza, il networking oggi diviene cruciale: i contatti sono sempre fondamentali ma ancora di più se parliamo di investitori, incubatori, intro, sharing knowledge. La rete, ormai ben lo sappiamo, rende la comunicazione istantanea: come direbbe Tomas Maldonado, per conoscere la ragnatela, tu devi essere il ragno. Questo include coinvolgere, e, come spesso si sente dire, creare engagement. Il dipendente é sempre il primo customer e, specialmente in questi casi, ci sará bisogno di persone che credono nel progetto che vuoi portare avanti. Senza l’entusiasmo, inutile dirlo, non si va da nessuna parte. In un articolo di ForEntrepreuners, il Board Member di HubSpot David Skok sottolinea l’importanza del recruiting per una startup. Potremmo definire questa una sorta di “metaskill”. In altre parole si tratta di saper individuare competenze e persone necessari, perchè, se le persone sono tanto importanti, ancor piú lo sará la selezione e le ragioni alla base di questa. Considerando poi che le risorse nella fase iniziale sono davvero poche, distinguere le prioritá diventa cruciale. Scott Gerber, Founder di Young Entrepreneur Council, fa una lista delle skills per cui un founder ucciderebbe. Vedere per credere quanto sia difficile.

2. Skill per lavorare in una startup

Una indagine di Gianpaolo Bonani, psicosociologo, esperto di comportamento organizzativo e autore di “La nuova cultura aziendale”, racconta che le organizzazioni che vogliono rinnovarsi vanno alla ricerca di uno specifico capitale umano: giovani, con conoscenze IT, con abilità linguistiche plurime, con capacità di adattamento e relazionali pronunciate. I soggetti fortemente comunicativi sono considerati le nuove smart people.

Lungi dal definire chi è più o meno smart, possiamo dire con il cuore in pace che le skill necessarie per lavorare in una startup sono davvero diverse rispetto a quelle di una corporate. I recruiters lo chiamano “match”: questione di personalitá, di carattere, di interessi e cultura. Ad esempio c’è chi preferisce o è più adatto ad un sistema maggiormente strutturato e con ruoli marcatamente suddivisi, chi invece cerca un ambiente dove sia possibile abbracciare più hats.

Dove tutto corre rapidamente, dove i roadmap vengono continuamente ridefiniti, dove le procedure sono orizzontali, le soft skills diventano la priorità. Adattarsi ai cambiamenti continui e veloci non solo deve essere una capacità, ti deve piacere. Per capirci: presente quella sensazione di noia che si prova quando non hai niente da fare a lavoro? Ecco quella viene vista come un puntino lontano, forse in un universo parallelo.



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In un ritmo così incalzante, saper comunicare diviene una sfida vera e propria. E non si tratta solo di essere empatici o comunicare con le mail, su slack o face-to-face: quando tutto è continuamente in prova, gli alti e bassi sono all’ordine del giorno, la frustrazione sempre dietro l’angolo e lo stress rischia di mangiarti a morsi. Il sorriso e l’energia faranno la differenza. Se non sai reagire così e non sai farlo in fretta, una startup non fa per te. Alexander F. Bergfeld ha scritto un libro intitolato Business Accelaration 2.0: il più grande indicatore di successo delle startup è la positività. La vera capacità,  insomma, non è saper gestire lo stress, ma trasformarlo in entusiasmo.

E mentre il tuo entusiasmo contagia i tuoi colleghi, devi essere pronto ad indossare i più svariati hats. Questa é, senza alcuna ombra del piú lontano dubbio, la caratteristica principale di una startup. Anche se c’è qualcosa che non hai mai fatto perché non di tua competenza, imparerai. Chi si occupa di development fa anche partnership, chi si occupa di growth hacking si ritrova a fare anche public relations, chi è del reparto sales si diverte a organizzare eventi, chi nasce recruiter diventa anche copywriter e così via. Come si dice in gergo informatico: quello di cui c’è bisogno sono le competenze di un “full stack”, che sappia sporcarsi le famose mani e integrare le sue skills sia in termini di tempo che di progetti.

Proattività è un’altra parola chiave. Piú che un attitudine é uno stile di vita. Non aspettarai che vengano a chiederti di fare qualcosa: le responsabilità che lavorare in questo tipo di azienda implica sono molto più grandi di quelle di una corporate. Se hai un’idea e vuoi portarla avanti, stai attento perché diventerà realtà e ne sarai il diretto responsabile!

Due discorsi vanno poi fatti a parte. Il primo riguarda la leadership: come descritto da Tanya Prive su Forbes in un articolo sulle piú impotanti qualitá della leadership, emotional e analytical intelligence non possono che andare a braccetto per fare di una persona il leader perfetto nel team perfetto. Tolta una, togli la startup.

Il secondo ha a che vedere con un cambiamento che se sta iniziando a fare i suoi primi passi: da quando le aziende hanno capito che i talenti non sono purtroppo dietro l’angolo, il lavoro da casa diventa una realtá sempre più familiare. Questo certo richiede una abilità di autogestione e coordinamento con il resto del team sparsi per altri fusi orari del mondo.  Parte della quotidianitá e senza precedenti nella storia del lavoro.

3. Skill per l’evoluzione delle startup

La startup è diventata sostanzialmente il simbolo emblematico di quella che il signor Edwar Russell Walling definisce sistema adhocratico. Lo leggevo all’università: decentrato, aperto, dinamico, autopoietico, in cui il gruppo e le interazioni al suo interno esprimono la maggiore fonte di funzionamento. Il migliore modello di organizzazione aziendale per il futuro, poiché quello che fra tutti é in grado di rispondere attraverso l’innovazione ai cambiamenti sempre più veloci del mercato. Modello oggi in crescita, non a caso.

Chiaramente non é cosí semplice come sembra. Non vogliamo essere utopici: l’adhocrazia subisce sempre una spinta alla burocratizzazione e mano a mano che la startup cresce di dimensioni, il bisogno di gerarchizzazione si fa sempre più forte. Sarebbe bello individuare la soglia che una volta passata porta alla necessita di una qualsivoglia forma di strutturazione verticale.

Come fanno le aziende a sopravvivere? Cambiando. La vera sfida delle startup quindi diventa quella creare un contesto favorevole all’innovazione delle persone, dove la flessibilità diventa la più importante competenza: una sorta di changing skill, quella del futuro.

Qui sotto “Steve Jobs talks about managing people”

Steve Jobs talks about managing people

Contributor: Giovanna Trimoldi

giovanna trimoldi
Giovanna Trimoldi, 26 anni, appassionata al mondo della comunicazione e della ricerca qualitativa, ha conseguito la Laurea specialistica in Organizzazione e Marketing della Comunicazione d’Impresa presso l’Università La Sapienza di Roma. Vincitrice del Premio per la migliore tesi di Laurea 2015 con una tesi su “Le Sfide del Social Media Management nelle agenzie di comunicazione”, e dopo evere preso parte al programma “Erasmus for Young Entrepreneurship” nel 2015, fluente in inglese e portoghese, Giovanna decide di trasferirsi a Lisbona dove oggi lavora come Business Developer presso Landing.jobs e collabora con la rivista The Place Brand Observer, all’interno di un contesto vivacemente internazionale.

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