Learn by designing, giovani alla sfida dell’economia circolare

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Circularity 4 Change. Non è stato necessario tradurre dall’inglese di fronte a giovani che frequentano atenei con lezioni anche in questa lingua e vivono in un mondo che ne parla anche molte altre. Fondamentale, invece, aiutarli a passare dalla definizione teorica a quella pratica, concreta e quotidiana. Per lo meno per chi sta provando a dare forma a un futuro diverso studiando design. Il programma Circularity 4 Change è nato proprio per questa ragione e ha innescato un circolo virtuoso di idee attorno alla sostenibilità a tutto tondo, grazie all’associazione di giornalisti attivisti Info.Nodes, e all’interno di tutte le sue forme di espressione, soprattutto a tre dimensioni, grazie alla collaborazione con Designtech (che si ricorda è anche l’editore di Startupbuiness).

Info.Nodes e Designtech, alleanza complementare per energia circolare

Tra incontri live e online, slide e progetti, momenti di mentoring ed esplorazioni curiose tra le grandi macchine per la manifattura additiva della Co-factory di Designtech nel quartiere di Milano Certosa, i mesi sono trascorsi veloci e le idee si sono chiarite. Circularity 4 Change ha preso forma attorno alle necessità dei giovani partecipanti dando vita a progetti innovativi e accompagnandoli al pitch finale. Un pitch finale anomalo, perché chiamato a rappresentare un inizio, un varo di nuove idee, e perché tutto in chiave di sostenibilità ambientale. “Spiegami perché è circolare, e poi mostrami che se ci investo non divento povero”, in poche parole. In inglese, “Follow green values, not only money”.

Il tempo è tiranno, ma molto spesso è anche la migliore macchina della verità di fronte alle promesse e ai buoni propositi. Lo scopriremo quindi tra un po’ se la giuria del gran finale ci ha visto giusto e non ha preso lucciole per lanterne quando ha lodato il desalinizzatore progettato da Tommaso Chiandussi, Federico Natonek, Giovanni Montobbio, Pietro Monfredini (nella foto).  Uno come tanti, quello tra tanti che è nato a tavolino, tra i banchi delle aule dove i membri del team studiano insieme, e che con Circularity 4 Change ha modellato le proprie forme sempre meglio. In modo che si incastrino sempre meglio con i bisogni di chi lo potrà usare diventando la ruota centrale di un meccanismo virtuoso perché circolare.

La sostenibilità parte dall’idea 

I beneficiari individuati dal team sono il migliaio di abitanti di Santa Cruz del Islote, un’isola di circa un ettaro parte dell’arcipelago di San Bernardo, nel Mar dei Caraibi, al largo della Colombia. Immaginando abbiano bisogno di più acqua e più spazio, ma di meno rifiuti, il progetto è stato disegnato per fornire i primi due, la prima senza sale e il secondo gratuito e collettivo, e ridurre i terzi che ancora fortemente minacciano la vita delle comunità costiere. Pezzo per pezzo, ciascuno presente per una ragione particolare e circolare, il desalinizzatore ha preso forma nelle menti della giuria e l’ha conquistata. Non andrà sul mercato domani, ma il team è intenzionato a lanciarlo, “quando saremo più robusti e preparati da ogni punto di vista” spiega Tommaso. Su molti aspetti, invece, lo sono già, grazie al percorso compiuto con i mentor di Circularity 4 Change. Doveva far compiere un “change” verso la “circularity”, ed effettivamente così è stato. “Quel concetto ha assunto un senso reale ai nostri occhi ed erano informazioni complementari a quelle che solitamente ci forniscono a lezione – aggiunge Tommaso – anche le mentorship plasmate sulla nostra idea ci hanno poi permesso di percepire meglio come applicare una logica circolare a quella che vogliamo creare e come far sì che sia competitiva sul mercato”.

Sì, la sostenibilità economica della sostenibilità ambientale è stato un punto fondamentale del percorso e forte attenzione c’è stata per non porre mai i due concetti come fossero alternativi o contrapposti. Una sfida affrontata dal team di progetto e in particolare dal mentor business, Mattia Soragni, fondatore e CEO di LinkEasy. “Tra tutti i concetti affrontati durante il percorso, il tema del modello di business è stato sicuramente quello più sfidante da trasmettere in modo chiaro e incisivo – racconta Soragni – ci siamo focalizzati insieme su un concetto chiave: il modello di business non è solo una leva economica, ma una lente strategica che definisce l’identità, la struttura e il funzionamento stesso dell’impresa. Rendere evidente ai ragazzi come questo influisca sull’organizzazione interna, sui ruoli professionali, sulle relazioni esterne e sulla comunicazione stessa è stato complesso, ma anche molto arricchente. Abbiamo cercato di superare l’idea di ‘azienda = prodotto’ e mostrare invece l’azienda come ecosistema dinamico, plasmato da scelte strategiche”. Ci sono riusciti? Hanno compiuto un passo avanti decisivo: “hanno iniziato a porre domande sul ‘come vendere’, ‘a chi rivolgersi’, ‘con che tipo di rapporto col cliente’, capendo che la strategia economica era parte integrante del progetto”.

Un nuovo circolo di valori 

Anche per la mentor di sostenibilità Lorenza Bisbano, architetta esperta di architettura sostenibile, il compito più impegnativo è stato “trasformare dei concetti molto ampi e densi in qualcosa di concreto, facilmente concepibile ed applicabile ad un progetto di design”. Ma lo sforzo è stato ripagato dal “vedere l’interesse, l’entusiasmo e la reattività degli studenti, che mi ha reso molto soddisfatta e motivata”. Alessia Cerbone, co-fondatrice di Menabòh e mentor circularity che ha affiancato alcuni partecipanti aiutandoli a chiudere il cerchio, ha notato come molto spesso il suo lavoro è consistito nell’“aiutarli a realizzare non solo che la loro idea aveva un potenziale concreto, ma soprattutto che possedevano già, qui e ora, gli strumenti e le risorse per costruire qualcosa di valore”. Parla di “fiducia operativa”, di un “posso iniziare subito” che anche Tommaso e il team hanno percepito. Si guardano bene dal diventare startupper domani ma sanno che possono pensare di farlo e hanno strumenti e conoscenze, e una bella idea, che glielo permetterebbe. Non è servita alcuna magia per farlo accadere ma, come spiega Maria Antonela Bresug, partecipante al percorso, è stata “la possibilità di potersi confrontare con una mentor che è nel campo che stai esplorando: mi ha aiutata molto nel processo di progettazione”.

Non essere soli, non essere i soli a crederci, non essere da soli a pensarci. Forse la diffusione di una logica davvero circolare nelle generazioni presenti e future è soprattutto una questione di cerchia. Di non sentirsi unici e impreparati. Questa sensazione non riguarda solo i ragazzi ma anche gli stessi mentor. Bisbano ha trovato nuovo entusiasmo, quello dei giovani studenti, e “la consapevolezza di aver, nel mio piccolo, contribuito a diffondere dei semi per un mondo più circolare e sostenibile”. Soragni “la sensazione di aver fatto parte di qualcosa in cui l’impatto non si è limitato al progetto finale, ma ha toccato la crescita personale e professionale di tutti i partecipanti”. Da parte sua, infatti, arriva anche il riconoscimento del lavoro fatto in backstage: “il confronto diretto con il team e con gli organizzatori mi ha permesso di riflettere a fondo su un aspetto che spesso si dà per scontato: la traduzione pratica dei concetti teorici richiede ascolto, adattamento e un forte senso del contesto”. La morale della storia ce la regala Cerbone che esce dal percorso con “la consapevolezza che sempre più giovani partono già con l’intenzione di costruire imprese sostenibili, usando logiche e paradigmi completamente diversi da quelli tradizionali. E questo non vale solo per loro: anche l’organizzazione tutta, che ha scelto di dedicare tempo, energie e passione a questo progetto, dimostra quanto ci sia un desiderio reale di cambiamento. Se vogliamo un futuro diverso, dobbiamo iniziare a ragionare così: con coraggio, visione e concretezza”.

Nota per il lettore: Circularity for Change è nato con l’obiettivo di promuovere l’economia circolare, sostenendo idee, pratiche e modelli innovativi nei settori moda e arredamento/design.  L’iniziativa, frutto di un finanziamento pubblico-privato che vede coinvolti anche l’Unione Europea e la Fondazione Cariplo è organizzato da Info.Nodes in collaborazione con Designtech e con Startupbusiness.

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