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L’intelligenze artificiale e la coscienza, secondo il filosofo John Searle

Pubblicato il 19 Mar 2016

John Searle è professore di filosofia presso l’Università di Berkeley in California. Il suo talk presso Google è focalizzato sulla filosofia della mente e il potenziale della coscienza nel campo dell’intelligenza artificiale. Questo discorso è stato ospitato dal Google Singularity Network.

John Searle è conosciuto in tutto il mondo per i suoi contributi alla filosofia del linguaggio, alla filosofia della mente e alla filosofia sociale. Searle ha ricevuto il Premio Jean Nicod, la National Medal Lettere e Filosofia, e il Premio Mind & Brain per il suo lavoro.

(da Wikipedia) E’ noto per aver concepito l’esperimento mentale chiamato “Stanza Cinese“. Con questo esperimento Searle vuole dimostrare che non ha senso assimilare la mente ad un computer, in quanto nessun computer può “pensare” nello stesso modo degli esseri umani. Il suo principale presupposto è che il computer, per elaborare l’informazione, non ha bisogno di comprendere il linguaggio o altri codici simili.

Gli esempi che il filosofo statunitense ha adottato per dimostrare il suo assunto hanno provocato numerose controversie. Ecco come Searle descrive il suo esperimento mentale.

john searle
Egli immagina una persona che sia sola dentro una stanza. Questa persona riceve dall’esterno dei foglietti di carta scritti con caratteri cinesi, che gli vengono passati sotto la porta. Anche se il soggetto non capisce il cinese, è comunque in grado di stabilire una regola di associazione e di mettere gli ideogrammi in un ordine dotato di senso.
Nel ragionamento di Searle, la stanza dell’esperimento rappresenta il computer. Secondo un punto di vista contrario a quello di Searle, l’analogia potrebbe essere estesa al cervello umano. Infatti: “la comprensione umana della lingua cinese è una proprietà emergente del cervello e non una proprietà esclusiva di una sua parte”.

Searle è il principale critico del concetto di intelligenza artificiale nella sua versione “forte”, quella che non si limita a considerare il computer come un utile strumento di indagine della mente umana, ma si spinge ad affermare che, con opportuni programmi, esso diviene analogo alla mente umana ed è quindi capace di comprendere e di avere altri stati cognitivi.

L’opinione di Searle si può riassumere così: dato che la mente possiede intenzionalità, e il computer no, il computer non può avere una mente. L’esperimento mentale della Stanza cinese può essere reinterpretato dicendo che la sintassi (la capacità del computer di eseguire una procedura) non implica la semantica (il fatto che il computer sappia che cosa sta facendo).

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