Energy Tech

L’Italia e l’idrogeno verde, dal PNRR alle startup italiane

Con il PNRR ci sono oltre 3 miliardi sul piatto per sviluppare tecnologie e produzione di idrogeno, un settore in cui l’Italia ha molto da esprimere. Ecco i progetti e le startup in ballo

Pubblicato il 21 Dic 2021

Ormai è un decennio che l’Italia è impegnata sulle tematiche inerenti all’idrogeno, finora senza mai concretizzare le proprie strategie a causa di ostacoli tecnici ed economici. Grazie al PNRR quest’anno è previsto un fondo per l’idrogeno di circa tre miliardi e mezzo che mirerebbe proprio a spianare la strada al nostro Paese per la transizione energetica ed ecologica per favorire la nascita di startup dell’idrogeno.

Se l’idrogeno green arrivasse al 30% del mix energetico entro il 2050, comporterebbe una riduzione di 190 Mt di emissioni CO2 entro il 2050, in merito soprattutto all’impatto della transizione energetica sui settori dell’industria pesante (miniere, acciaio, manifatturiero, petrolio e gas).

Progetti italiani ed europei

Nel 2020 la produzione di idrogeno in Europea è diventata una delle priorità di investimento grazie ad un comunicato della Commissione Europea all’interno del piano Next Generation Europe.

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E l’Italia non è rimasta con le mani in mano, predisponendo già nel PNRR uno stanziamento di 3,2 miliardi di euro per la ricerca, sperimentazione, produzione ed utilizzo dell’idrogeno.

Nello specifico è in atto il progetto Prometeo – Hydrogen PROduction by MEans of solar heat and power in high TEemperature solid Oxide electrolysers – ovvero “produzione di idrogeno per mezzo del calore e dell’energia solare in elettrolizzatori a ossido solido ad alta temperatura”. Il programma è orientato in 6 settori:

– creazione di una Hydrogen Valley, attraverso zone dismesse sul territorio per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione dell’idrogeno;

– introduzione dell’idrogeno green nell’industria pesante;

– sviluppo dell’idrogeno nella mobilità stradale e creazione di una rete nazionale di stazioni di rifornimento dedicate al trasporto pesante e al pubblico locale;

– sviluppo di una mobilità a idrogeno nel settore ferroviario, sostituendo i treni a diesel;

– investimento nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie sull’idrogeno;

– sviluppo di filiere industriali per la creazione di impianti di elettrolizzatori utili alla produzione dell’idrogeno verde;

Anche ENEA è entrata nel progetto, promuovendo l’agrivoltaico sostenibile.

Ostacoli per l’idrogeno

Il MISE attraverso le “Linee guida preliminari per una strategia italiana per l’idrogeno” nel 2020 aveva tracciato una strategia per velocizzare la decarbonizzazione del Paese, elencandone le proprietà, quali ad esempio per il trasporto pesante, responsabile del 10-15% delle emissioni. In vista delle restrizioni per il 2030 e il 2050, l’obiettivo sarebbe di avere nel 2030 nel traffico il 2% di autotrasportatori a celle a combustione (circa 4000).

Le linee guida prevedono investimenti di 10 miliardi in 10 anni di cui 5-7 per la produzione, 2-3 per la distribuzione e 1 per la ricerca e lo sviluppo. L’obiettivo è di generare un aumento degli investimenti sulle infrastrutture del gas, 8 mTon di CO2 risparmiate entro il 2030, 27 mld aggiuntivi per il PIL (con progetti a durata di 20 anni) e infine 200 mila posti di lavoro creati nei prossimi 10 anni.

Una delle problematiche connesse alla produzione, trasporto ed impiego dell’idrogeno, nonché della riconversione e decarbonizzazione delle aziende e all’avversione al rischio da parte degli investitori verso le nuove tecnologie, è legata ai costi e al tipo di idrogeno. Nell’ultimo periodo si è data molta attenzione ad una tipologia di idrogeno, quello verde. Ma anche in questo caso il suo costo non è ancora competitivo: rispetto ad altre fonti rinnovabili, come fotovoltaico ed eolico e all’idrogeno grigio o blu, il prezzo della produzione di idrogeno verde è notevolmente superiore.

In aggiunta, una delle sfide per i prossimi anni riguarda proprio la politica, e quindi la modifica delle normative legislative per agevolare i procedimenti autorizzativi relativi all’idrogeno, che vanno aggiornati e adattati alle esigenze della nuova tecnologia per accelerarne l’ingresso nel mercato.

Rischi dell’idrogeno verde in Italia

Secondo infatti il comunicato della CE si prevede che l’idrogeno verde sarà competitivo sul mercato circa in un decennio. In un articolo di Nature emerge come in realtà l’attuazione di questa strategia debba valutare quanta elettricità, superfici ed acqua richiederebbe.

Secondo l’analisi, in Italia, la mossa più coerente per un’economia sostenibile dell’idrogeno sarebbe sostituire con idrogeno verde tutto l’idrogeno grigio attualmente prodotto negli impianti petrolchimici: in Italia ammonta a 480 kton l’anno; oppure convertire all’idrogeno verde l’industria siderurgica: in Italia, l’unica acciaieria ad altoforno, nella quale l’idrogeno potrebbe sostituire il carbone, si trova a Taranto e ha una capacità di circa 6 Mton/a, e produrre 1 tonnellata di acciaio verde richiede 50 kg di H2, si tradurrebbe quindi in una domanda di circa 300 kton l’anno di idrogeno verde; infine l’idrogeno per il settore energetico (es. trasporti, riscaldamento). Ora, il governo italiano ha come obiettivo una penetrazione dell’idrogeno negli usi finali dell’energia del 2% entro il 2030 (e fino al 20% entro il 2050). Sulla base dei dati statistici nazionali sull’energia, questo corrisponderebbe ad ulteriori 850 kton l’anno di idrogeno verde.

Dunque, per consentire solo i tre usi sopra citati, che sono tra quelli previsti dalla strategia del governo sull’idrogeno, sono necessarie 1,6 Mton per anno di idrogeno verde. Questo richiederebbe 85 TWh/a di elettricità, corrispondenti a circa il 30% della produzione italiana nel 2019. Generarlo esclusivamente dal fotovoltaico, per esempio, significherebbe l’installazione di 75 GW (e oltre 10 GW di capacità di elettrolizzatori), insieme a un’adeguata capacità di stoccaggio che richiederebbe una specifica valutazione.

Il fabbisogno di superficie di 600-750 km2 (quasi il doppio della superficie del lago di Garda) non sarebbe di per sé un problema: corrisponde a meno dell’1% dei terreni inutilizzati o abbandonati in Italia. Anche il consumo di acqua dolce non sarebbe un fattore limitante: i quasi 30 milioni di metri cubi necessari corrispondono allo 0,4% dell’uso totale di acqua industriale in Italia.

Il vero problema è il tasso di diffusione dell’elettricità rinnovabile. Nel decennio 2006-2016, sono stati installati in Italia quasi 20 GW di fotovoltaico, con un record di circa 7 GW nel 2011. Quindi, l’aggiunta di ulteriori 75 GW in meno di 10 anni è un’impresa enorme che richiederebbe un forte impegno politico. Inoltre, i tre usi dell’idrogeno di cui sopra richiederebbero per l’Italia quasi 11 GW di capacità di elettrolizzatori entro il 2030. Considerando che 40 GW è l’obiettivo per l’intera UE entro il 2030, la prospettiva appare molto ottimistica.

Startup dell’idrogeno e iniziative italiane

Anche se rispetto ad altri Paesi europei l’Italia è ancora indietro sull’utilizzo e produzione dell’idrogeno verde, non manca però di iniziative e prospettive degne di nota. Qualcosa si sta muovendo. Di seguito un breve specchietto di iniziative sull’idrogeno verde.

Nemesys

Startup toscana che produce idrogeno mediante l’acqua di mare ed installando elettrolizzatori di nuova generazione su piattaforme offshore dismesse. Vincitrice del premio Next Energy 4 promosso da Terna, Cariplo Factory e da Fondazione Cariplo.

Il primo brevetto depositato nel 2016 riguarda una batteria “ibrida” che può essere ricaricata sia tramite corrente che con l’immissione di idrogeno a bassa pressione.

Con il secondo brevetto invece si è aggiudicata il premio Next Energy 4, sviluppando un elettrolizzatore di tipo alcalino ad altissima efficienza e che supera gli obbiettivi fissati dall’Unione Europea per il 2030: recuperare energia elettrica all’interno del processo di produzione dell’idrogeno, con un rendimento molto più alto rispetto a tutti gli altri tipi elettrolizzatori tradizionali.

Inoltre ha sviluppato altre 2 tecnologie. Una relativa ad un nuovo sistema di stoccaggio dell’idrogeno, un “booster” di idrogeno che consiste in un serbatoio a pressione ambiente contenente una soluzione di acqua e sali – quando si esaurisce viene sostituita e riciclata -, che passando in un catalizzatore sprigiona idrogeno, il quale a sua volta può essere usato per alimentare una batteria all’idrogeno o una normale fuel-cell. L’altra tecnologia consiste in un sistema di steam reforming al plasma di nuova concezione ad altissima efficienza: consente di dimezzare la quantità di CO2 prodotta dal reforming del metano – rispetto ai tradizionali processi di SRM – miscelando il metano a vapori di acqua distillata. Vengono così generati 8 atomi di H per ogni molecola di CO2, invece che 4 atomi di H e una molecola di CO2 come avviene solitamente. Tale processo può essere applicato anche al biogas, riducendo ulteriormente l’impatto ambientale e varando alcuni particolari costruttivi anche all’etanolo e al bioetanolo.

L’ultima tecnologia sviluppata dalla startup toscana riguarda il riutilizzo della CO2 che, ricombinata con l’idrogeno, è in grado di generare metano.

SPI Consulting

Startup lombarda attiva nella produzione di elettrolizzatori. La caratteristica principale di SPI Consulting è lo sviluppo dell’applicazione di idrogeno dal generatore elettrolitico al sistema basato su celle a combustibile.

Enapter

Italiana con sede a Pisa ma quotata in borsa a Francoforte offre una tecnologia esclusiva di elettrolisi a membrana a scambio anionico (AEM) per produrre idrogeno verde a un prezzo inferiore rispetto alle macchine alcaline e a membrana a scambio protonico (PEM) che attualmente dominano il mercato: le sue apparecchiature sono realizzate con materiali a costi inferiori; ha anche costi operativi inferiori ed è più efficiente dal punto di vista energetico.

Le sue piastre bipolari costeranno $ 20/kW in un elettrolizzatore da 1 MW nel 2025, rispetto ai $ 190/kW per una macchina PEM. I suoi alimentatori costeranno $ 80/kW, rispetto ai $ 220/kW di un PEM.

Il risparmio sui costi è in gran parte dovuto al fatto che ha adottato un nuovo approccio alla commercializzazione dell’elettrolizzatore: invece di produrre un’unità di elettrolisi da 1 MW o 5 MW, come stanno facendo la maggior parte dei suoi competitor, Enapter prevede di produrre in serie piccoli stack di elettrolizzatori da 2,4 kW. Quindi un elettrolizzatore da 1 MW richiederebbe 420 pile.

AEM è un sistema più semplice che richiede meno materiali e non richiede la purificazione post-produzione dell’idrogeno. Inoltre il vantaggio in termini di efficienza energetica, riguardano i 54,8kWh di elettricità per produrre 1kg di idrogeno, rispetto a una media di 56,7kWh per PEM e 55,3kWh per elettrolizzatori alcalini.

Hydrogenia

È specializzata nello sviluppo e nella costruzione di impianti per la produzione di idrogeno verde ultrapuro. Ha sede a Genova ed è controllata da Greeninvest, una società di investimento che si rivolge ad aziende green e innovative per sviluppare un’economia circolare e contribuire al raggiungimento di un progresso globale sostenibile. Hydrogenia realizza progetti per la produzione e utilizzo di idrogeno verde, interamente ricavato da elettrolisi dell’acqua alimentata esclusivamente da energia rinnovabile.

STEP

STEP è un parco scientifico tecnologico ed incubatore ideato da Franco Jamoletti, fondatore e CEO di Regas; un Innovation hub verticale nel comparto green-tech con l’obiettivo di ridurre 5 milioni di tonnellate di Co2eq in atmosfera. È anche un network di imprenditori, professionisti ed aziende che credono e sostengono le iniziative di sensibilizzazione ambientale. Tra i partner figurano infatti Enel, Microsoft, Edison, Acea. Hydrogen Joint Research Platform.

Una piattaforma di ricerca congiunta tra università e aziende per studiare lo sviluppo dell’idrogeno in Italia. Creata dalla Fondazione Politecnico di Milano, insieme al Politecnico di Milano e alle tre aziende fondatrici: Edison, Eni e Snam.

L’Hydrogen JRP ha l’obiettivo di promuovere studi e ricerche innovative su: produzione dell’idrogeno pulito – l’idrogeno verde e low-carbon-; soluzioni per il suo trasporto e relativi sistemi di accumulo avanzati; impieghi innovativi di tipo elettrochimico e termico in applicazioni residenziali, industriali e di trasporto; sviluppo di best practice per la progettazione e realizzazione delle infrastrutture per il trasporto e lo stoccaggio dell’idrogeno.

SNAM HyAccelerator

Snam ha lanciato HyAccelerator, acceleratore di startup focalizzato sull’idrogeno.

Ha avviato una call per startup lo scorso ottobre, dedicata a player attivi lungo l’intera catena del valore dell’idrogeno, dal trasporto allo stoccaggio fino agli usi finali. L’obiettivo è di dare impulso allo sviluppo dell’ecosistema idrogeno puntando sulle tecnologie più promettenti e facilitandone l’ingresso sul mercato. Attraverso questa iniziativa, Snam entrerà in contatto con le startup più innovative del settore a livello globale, rafforzando il proprio ruolo di abilitatore della filiera dell’idrogeno e della transizione energetica.

Le startup selezionate dalla call accederanno a un percorso di accelerazione che durerà dai 4 ai 6 mesi, con supporto su ricerca e sviluppo, oltre a sessioni di mentorship, networking e testing delle soluzioni. Queste attività potranno anche fare leva sulla rete dell’Hydrogen Innovation Center inaugurato da Snam in collaborazione con università e centri di ricerca. Al termine del percorso, le startup realizzeranno insieme a Snam studi di fattibilità.

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