Per un governo digitale, il problema comune di Italia e USA

Pubblicato il 05 Set 2014

Con la riforma della PA archiviata, la legge delega sul lavoro in arrivo entro fine anno, così come la riforma della scuola e lo sblocca-Italia, ci si prepara ad un autunno di riforme – annunciate e speriamo anche portate a termine. Ma quanto coraggiose? Sul portale di notizie tecnologiche The Verge si sono spinti molto oltre, immaginando un sistema burocratico e di gestione statale più efficiente, per certi versi simile ad Amazon. L’impatto che potrebbe avere sulla vita quotidiana delle persone sarebbe enorme, così come sull’ecosistema startup. Vediamo come.

Ripercorrendo l’attuale funzionamento della macchina amministrativa (che sia americana o italiana in questo frangente è trascurabile, anche se vi sono differenze), è facile notare che la maggior parte delle interazioni tra il cittadino non ricordano nulla di quello che l’innovazione digitale ha portato nelle nostre vite di tutti i giorni: dai pagamenti elettronici tramite applicazioni mobili alla possibilità di tracciare i pacchi in arrivo. Insomma, non esiste un equivalente pubblico per ciò che il privato è in grado di farci vivere in termini di convenienza e possibilità. Proviamo a delineare quelli che potrebbero essere i fattori in grado di permettere un’interazione più semplice tra cittadini e Stato.

Immaginiamo un sito web centralizzato – una versione potenziata di gov.uk, per intenderci – che sia in grado di seguire e tracciare tutte le pratiche del cittadino di dipartimento in dipartimento; sia in grado di rispondere a domande semplici come «come e a chi posso chiedere per rinnovare il mio passaporto?», o «quali scartoffie devo compilare per essere in grado di partire con la mia impresa?», con un operatore eventualmente disponibile in attività di supporto e ferratissimo riguardo le ultime norme sfornate in gazzetta ufficiale.

Immaginiamo poi di unificare tutti gli uffici amministrativi sotto l’egida dei servizi postali in un unico luogo fisico per città; in maniera tale che coloro che si sentano in difficoltà nei confronti del web possano comunque sostenere le stesse pratiche senza dover rimbalzare di località in località. Anche in questo caso si passerebbe comunque per uno snellimento in backend delle procedure burocratiche alla base e dall’interoperabilità dei database e dei sistemi informatici dei vari enti.

Chiaro che un passo avanti di questo tipo richiederebbe una collaborazione senza precedenti tra tutti i livelli della PA, e un livello di comprensione delle dinamiche tecniche del digitale probabilmente lontane dall’attuale livello di competenze presenti in larga parte dell’amministrazione pubblica italiana. Si tratta di un vero e proprio meccanismo di ricostruzione del rapporto tra PA e cittadini, che passa chiaramente attraverso alcuni passaggi duri e delicati, ma che rimette al centro l’utente del servizio pubblico piuttosto che il personale. In tempi difficili sarebbe di buon auspicio prendere scelte difficili. Speriamo che si vada in questa direzione.

L’ultima considerazione, forse la più curiosa per un osservatore italiano, è trovare che Paesi con una così diversa apertura al mercato – in questo caso Italia e USA – abbiano le stesse riserve nell’immaginare il futuro del proprio apparato burocratico: difficile, se non impossibile, riuscire a riqualificare migliaia di persone, chiedendo di mettere da parte rendite di posizione o muoversi verso un completo cambio di atteggiamento.

Noi intanto aspettiamo il FOIA, la dichiarazione dei redditi pre-compilata e molto altro. Nel caso venga ancora qualcosina, ad esempio come risolvere il gigantesco problema in comune tra Italia e Stati Uniti, c’è sempre rivoluzione@governo.it.

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