Perchè in Italia non si investe in startup? Rispondono 8 VC

E’ la domanda che serpeggia sempre, più o meno palesemente, nell’ambiente delle startup e che rimane sempre insoddisfatta. Abbiamo provato a mettere insieme alcune delle ragioni, rivolgendo agli investitori questa domanda:

“Perchè in Italia ci sono pochi soldi per le startup? Manca la cultura, mancano i capitali, mancano le buone startup?”

 

Ecco la risposta dei primi 8 investitori, tra i più conosciuti e autorevoli in Italia, che hanno prontamente risposto alla nostra (prima e non ultima) AMA session (Ask Me Anything), che coinvolgerà anche i nostri lettori.

 

Diana Saraceni – Panakes

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Diana Saraceni – Co-founder e general Manager di Panakes Partners. Diana ha contribuito a fondare (e vi ha lavorato per oltre 10 anni) 360 Capital Partners. In precedenza, ha forgiato la sua esperienza lavorativa in grandi banche d’investimento e M&A.

 

Nicola Redi – Vertis 

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Nicola Redi – E’ Investment Director Venture Capital presso Vertis Sgr. È stato Chief Investment e Technology Officer in TTVenture. Precedentemente ha lavorato per Pneumatici Pirelli e American Standard come capo della Project Management Office globale della R&S.

 

Mauro Pretolani-Fondo Italiano d’Investimento

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<<Partiamo dal presupposto che, dal punto di vista dell’ investitore, non è possibile sviluppare le startup senza l’obiettivo di realizzare un evento di exit, al fine di ottenere un forte capital gain sull’investimento. In Italia il principale elemento di freno allo sviluppo delle startup è sempre stato la ridottissima prospettiva di exit, sia che si tratti di quotazione in borsa o di vendita dell’azienda (trade sale).  Sotto questo aspetto, in passato il tema culturale è stato determinate, adesso è in miglioramento, ma rimane il fatto che l’Italia, fra i Paesi industrializzati è quello con meno aziende (di qualunque tipo) in borsa, a causa della riluttanza degli imprenditori a farsi controllare dal mercato. Anche rispetto alla cessione, gli imprenditori tradizionalmente sono contrari, e preferiscono lasciare in eredità ai propri figli.>>

Mauro Pretolani – Venture capitalist, manager, advisor (attualmente in Fondo Italiano d’investimento, Beintoo, Persado) è focalizzato nei settori Internet, Advertising, Big Data e Mobile e negli ultimi 15 anni ha lavorato in Europa, US, Israele e Cina.

 

Claudio Giuliano – Innogest

claudio giuliano di innogest“Per tutti e tre i motivi direi. La mancanza di capitali è un’evidenza, gli ultimi dati Aifi dimostrano come l’Italia sia ancora molto indietro rispetto al resto d’Europa e in particolare rispetto a Paesi alla portata dell’economia italiana tipo Francia, Spagna, Regno Unito e Germania. Far nascere una startup non è come portare avanti un’azienda consolidata, le dinamiche sono diverse. Ciò che manca al momento – anche se cominciano a intravedersi profili di questo tipo – sono persone che hanno già avuto esperienze professionali in startup, capaci di rispondere alle esigenze di una realtà piccola, che però ha necessità di crescere in fretta. Sappiamo bene che la maggior parte di queste startup operano in settori che non esistevano fino a quindici anni fa, penso all’e-commerce per esempio, ed è forse questo il motivo per cui manca ancora la cultura dell’analisi meticolosa di parametri come il “costo acquisizione dell’utente” e delle unit economics più in generale. Vediamo spesso startup in ambito online che improvvisano una strategia di sviluppo della propria presenza sul web, quando invece le tecniche di acquisizione e manutenzione della propria base utenti sono scienza nota, una scienza complessa, che richiede pianificazione e analisi giornaliera minuziosa dei dati.” Claudio Giuliano – Torinese, da quasi 10 anni è Managing Director (e fondatore) di Innogest, da 2013 Chairman di Aifi. E’ ingegnere elettronico, ma quasi tutta tutta la sua carriera si è svolta in ambito manageriale.  

Elisabeth Robinson – Quadrivio (TT Venture)

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<Sono nati anche molti operatori, ma quasi tutti in ambito di seed round. Quello che è cambiato molto poco è il numero degli operatori istituzionali e la mancanza di capitali per round “venture” come TT Venture 2. (TT Venture 2, nuovo fondo di Quadrivio con obiettivo di raccolta di € 100 Mln, ndr). Culturalmente manca l’approccio filiera tipico del DNA italiano.>>

Elisabeth Robinson – E’ l’investment director del team venture capital in Quadrivio, dove è entrata nel 2014. Con oltre 20 anni di esperienza nel Venture Capital, è anche business angel associato IAG.

 

Lorenzo Franchini – Scale IT Capital

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Lorenzo Franchini – Si definisce “entrepreneur in the venture investing arena”. Business angel da oltre 10 anni e co-fondatore di IAG (la principale associazione italiana di business angel) di cui è stato a lungo MD, ha fondato da alcuni anni ScaleIt Capital che organizza l’evento di fundraising per scaleup Scale IT. E’ anche senior advisor del gruppo LVenture.

Francesco Mantegazzini – MGH7 Venture Capital, Global Startup Expo

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Francesco Mantegazzini –  Investitore e fondatore di MGH7 Venture Capital, manager e fondatore della Global startup expo. E’ anche un business angel associato IAG. Esperto in business development, ha maturato la sua esperienza manageriale in grandi aziende come Gruppo Sole 24 Ore e Telecom.

Pietro Bezza – Connect Ventures

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 Il problema principale è che ci sono pochissimi esempi di startups taliane che hanno avuto successo su scala globale. Successo chiama altro successo. In altri ecosistemi il circolo virtuoso è partito molto prima o molto piu velocemente, ma ci vogliono alcune case history per attivare il sistema.  La domanda allora diventa: perché non ci sono case history. Le poche iniziative che hanno raggiunto una soglia interessante sono state acquisite ancora prima di provare a diventare category leader. Perché mancano i capitali o perché manca l’ambizione o perché manca la cultura di “make a dent in the universe”, creare qualcosa di impattante a livello globale e durevole? Fuori dall’Italia ci sono capitali per lo scale up e startups in altri paesi come la Germania, la Spagna, la Francia o perfino il Portogallo hanno raccolto capitali “growth” da fondi europei ed USA. Perché questo non succede in Italia? Io non ho la risposta, ma posso avere delle ipotesi.>>
Pietro Bezza – Co-founder e Managing Partner di Connect Ventures, Vc europeo che opera basato a Londra. Ha fortissima esperienza come investitore e come imprenditore nel settore digitale e web.

La prossima domanda che faremo è ” Cosa si può fare per far entrare l’Italia nel radar degli investitori internazionali?”

Vuoi proporre anche tu una domanda? Scrivici @ [email protected], oggetto: AMA session con VC

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