Seed revolution, lo scenario del capitale di rischio in Italia

Pubblicato il 12 Mag 2012

Un nuovo ecosistema del venture capital al servizio dell’innovazione, con una presenza attiva del settore pubblico a supporto degli investimenti privati e un’attenzione maggiore verso la formazione delle risorse umane coinvolte. Questa la proposta emersa durante l’incontro ‘SEED REVOLUTION’ che si è svolto lunedì 7 maggio nella sede dello Studio romano Gianni Origoni Grippo Capelli and Partners e ha visto la partecipazione di autorevoli esperti del settore.

‘Per l’Italia – ha esordito Andrea Montanino, DG del Ministero dell’Economia e delle Finanze invitato ad aprire la sessione – si auspica una vicinanza tra istituzioni pubbliche e mondo del capitale di rischio perché questo è il momento giusto per poter realizzare una comunicazione fruttuosa tra iniziative, policy maker e privati.’

Le risorse pubbliche sono scarse e l’intervento istituzionale deve essere quindi mirato ad evitare esiti negativi degli investimenti. Il policy maker ha così tutto l’interesse a stimolare, attraverso il venture capital, la crescita economica e a regolamentare situazioni passate in cui le informazioni tra gli investitori e le aziende erano imperfette e asimmetriche, perché se i primi sovrastimavano i rischi, i secondi facevano altrettanto con i ricavi.

‘In Italia gli sbocchi sono ancora limitati – ha continuato Montanino – e solo una sinergia mirata tra pubblico e privato può stimolare gli investimenti e aumentare la crescita economica del Paese.’ Malgrado infatti la vitalità delle piccole imprese e dei soggetti singoli, l’Italia è molto indietro rispetto agli altri paesi non solo europei e la quantità di venture capital presente è ad oggi ancora irrisoria. La forte criticità di questo settore è un aspetto su cui il pubblico può e deve intervenire. L’esperienza ha infatti dimostrato che le imprese partecipate da fondi di venture capital in Italia hanno un tasso di crescita di almeno il doppio del PIL italiano e il settore pubblico quindi non può non intervenire per creare quelle condizioni necessarie per una corretta gestione delle regole di settore.

Se ne parla da tempo: il partenariato tra pubblico, privato e fondi di investimento rappresenta oggi più che mai l’elemento chiave per la crescita di un settore, quello dell’innovazione, che anche in tempi di crisi ha dimostrato le sue enormi potenzialità.

’Durante il periodo di crisi – ha confermato Massimo G. Colombo, rofessore Ordinario di Economia del Cambiamento Tecnologico del Politecnico di Milano – il venture capital ha protetto le aziende che a loro volta hanno reagito con più determinazione, riuscendo così a mantenere in media tassi di crescita del fatturato decisamente positivi. Le aziende sostenute dal venture capital diventano in cinque anni mediamente cinque volte più grandi, con effetti reali e significativi in termini di occupazione e posti di lavoro.’

‘Tutte le imprese che hanno innovato – ha proseguito Massimiliano Magrini, Founding Partner Annapurna Ventures – hanno avuto risposte positive anche in tempi di crisi, ma l’auspicio che ci poniamo oggi è quello di creare una nuova forma di venture capital imprenditoriale, caratterizzato da manager non più della finanza, ma provenienti dalle imprese e che di queste conoscono i costi reali.’

Oggi infatti il venture capital ha un valore strategico per l’innovazione, che deve a sua volta tradursi in creazione di imprese competitive. Il pubblico quindi deve essere lungimirante nell’operare sul mercato e deve avere la capacità di verificare se la visione imprenditoriale è strumentale alla crescita del Paese. L’intervento pubblico deve dimostrarsi innovativo e opportuno, e muovere le proprie risorse in modo smart perché anche il privato possa fare altrettanto.

‘Servono nuovi fondi per il venture capital imprenditoriale – ha continuato Magrini – attraverso l’aiuto di ex imprenditori che siano favoriti ed invogliati a rimanere nel mercato.’

‘Far nascere e crescere nuove imprese – ha commentato Francesco Marini Clarelli, Presidente Italian Angels for Growth, tra gli invitati alla tavola rotonda della seconda parte del convegno – è il reale motore dell’economia e su questo bisogna intervenire. Le aziende che nascono con fondi spesso non trovano credito quando si sviluppano oppure l’investimento tecnologico che hanno sostenuto riscontra difficoltà nella sua diffusione sul mercato. Il policy maker si deve così rendere conto che per facilitare lo sviluppo economico di un Paese, l’ecosistema deve essere adatto non solo a fare nascere un’impresa, ma anche a mantenerla in vita.’

Serve oggi una cultura adeguata a supportare i cambiamenti necessari, sia in termini di regolamentazione normativa del settore, ancora troppo poco definita, che in materia di formazione dei giovani protagonisti delle startup.

Le istituzioni devono fornire gli strumenti necessari per accompagnare la nascita delle imprese e tutelare la loro crescita e radicamento nel mercato. Il tema di fondo è rendere la regolamentazione immediata: si deve passare dall’apporto pubblico al privato senza costruire sovrastrutture burocratiche, in modo da rendere tutto il processo estremamente fruibile e snello. Il Decreto Crescitalia si sta muovendo in tal senso. Ridefinire la presenza del pubblico all’interno del settore diventa quindi oggi indispensabile perché il ruolo richiesto non prevede più una partecipazione diretta nella gestione dei fondi, ma la creazione di contatti tra privati e finanziatori, con uno sguardo attento alle imprese che rappresentano il vero motore dell’economia e che spesso sono costrette a pagare tasse ancora prima di poter fatturare e guadagnare.

Il policy maker deve inoltre partecipare alla creazione di una nuova cultura imprenditoriale che incentivi i giovani a diventare protagonisti attivi dell’innovazione italiana e formi adeguatamente le risorse coinvolte attraverso la collaborazione con le scuole e le università.

‘Lo Stato deve aiutare gli spin off da ricerca – ha concluso l’incontro Luigi Nicolais, già ministro dell’Innovazione e oggi presidente del Cnr – ‘e dedicare maggiore attenzione all’usabilità dei risultati ottenuti. Solo se ricerca, finanziatori e istituzioni collaborano in modo costruttivo, si possono ottenere buoni risultati per l’Italia. Stiamo vivendo un periodo di innovazione non incrementale, ma radicale’ – ha aggiunto – ‘bisogna quindi ripensare il modo di fare innovazione e costruire nuovi processi e modalità di sviluppo. Il pubblico ha infatti delle regole che non vanno più bene e che risentono della mancanza di fiducia reciproca tra pubblico e privato rendendo così il nostro Paese poco competitivo con il resto del mondo.’

Durante la sessione sono stati presentati quattro elevator pitch di startup che si sono distinte in termini di innovazione e risultati raggiunti: Apps Builder (www.apps-builder.com), Risparmio Super (www.risparmosuper.it), Qurami (www.qurami.com) e Bragia ( www.bragia.it).

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