Smart&start, una storia da azzeccagarbugli

Pubblicato il 17 Ott 2014

Si torna a parlare di Smart&start, il bando promosso da Invitalia che nella sua prima declinazione ha messo a disposizione delle aziende delle regioni del Mezzogiorno oltre 200 milioni di euro. Una montagna di denaro se confrontata con la dimensione media dei fondi di venture capital nazionali e soprattutto una montagna di denaro che non prevede equity. Uno strumento quindi per dare alle aziende dei denari con l’obiettivo di favorirne la crescita, uno strumento che, nonostante il nome, di innovativo rispetto ai tradizionali strumenti di erogazione di fondi pubblici del passato aveva ben poco in termini di modello operativo, e che quando fu annunciato fece gridare allo scandalo più di un venture capital italiano.

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Il nuovo Smart&start promette di essere diverso, di superare la limitazione geografica e di avere una dote ancora maggiore: si parla di 220 milioni di euro.

Benché come scritto qui le startup sarebbe meglio sostenerle con l’equity e non con i prestiti o con i finanziamenti a fondo perduto, ci si augura quantomeno che effettivamente il nuovo mando Smart&start sia migliore del primo, perché altrimenti si rischia che accada quanto accaduto a una startup che ha voluto inoltrarsi nel processo di partecipazione al bando.

Ecco la sua storia, nomi e riferimenti sono resi anonimi al fine di garantire alla startup la possibilità di continuare nella sua corsa alla crescita senza rischiare di trovarsi impacciata, anche se la sua decisione di raccontare apertamente l’esperienza dovrebbe essere colta positivamente da coloro che devono definire le regole del nuovo Smart&start perché possono trovarvi spunti interessanti per migliorarla. Anonimi sono anche i nomi delle banche coinvolte e quelli dei funzionari dei ministeri con i quali i nostri imprenditori hanno avuto a che fare durante tutto il processo.

#Con l’occasione della pubblicazione di questa storia Startupbusiness invita altre startup e aziende che hanno partecipato a Smart&start a raccontare, se lo desiderano anche le loro storie, sia che esse siano simili all’esperienza qui descritta sia che siano storie che danno conforto all’effettiva bontà del bando. Chiunque desideri raccontare la sua esperienza può inviare una mail a redazione@startupbusiness.it con oggetto ‘esperienza Smart&start’, naturalmente se si deciderà di pubblicare la storia sarà possibile farlo in forma anonima mentre la provenienza del messaggio deve essere per noi della redazione chiara e verificabile.#

Che non mi si venga a dire più che Smart&start è uno strumento a supporto delle startup e che “con questo finanziamento e la garanzia Medio Credito Centrale le banche le apriranno le porte”, come affermato da Invitalia… perché le banche vogliono tutte le garanzie del mondo… nel nostro caso il funzionario della banca ci ha confermato che la garanzia Medio Credito Centrale serve solo per consentire alla banca di valutare l’ipotesi di finanziare – con i prestiti – una startup… poi, comunque, i soci devono garantire per il 100% del finanziato!

Per fortuna altre banche (dopo averne girate diverse e grazie anche a qualche ‘ intercessione’…) si sono dimostrate disponibili, almeno a parole, a farci un mutuo con la garanzia solo sul rimanente 20% (visto che Medio Credito Centrale copre l’80%) o, addirittura, senza garazia (ma qua ‘ l’intercessione’ è stata più ‘significativa’…).

Tornando più direttamente a Smart&start…. Sorvolo sulle problematiche iniziali –si è tentato di inviare la domanda il giorno stesso dell’apertura del bando (visto che trattandosi di un bando a sportello avevamo lavorato tutta l’estate per arrivare pronti alla data del 6 settembre), ma la piattaforma è andata in tilt e mi ha costretto a rimanere in piedi per ben due giorni di seguito nel tentativo di uploadare i documenti (senza che poi, alla fine, si annullassero tutte le operazioni già fatte costringendomi a ricominciare ogni volta daccapo) e ricompilare quelle tabelle infernali che, alla fine, alla stampa della domanda (una volta inviata, per grazia divina) non siamo, comunque, mai riusciti a leggere in modo corretto (causa completa ‘disimpaginazione’ della stessa domanda. Sorvolo anche sul mancato supporto tecnico da parte di Invitalia che forniva informazioni non sul sito ufficiale ma solo via Facebook …

Il problema vero è però quello sul contenuto del bando per cui le spese possono essere ammissibili. Nel nostro caso è stato effettuato un radicale taglio delle spese relative ai brevetti! Alla mia ripetuta richiesta di spiegazioni, via telefono, via Pec ecc… mi è stato risposto, inizialmente, e telefonicamente che loro avevano dovuto valutare migliaia di progetti… “anche relativi alla creazione di pizzerie con forno a legna e che, quindi, qualcosa era potuta “sfuggire”…

Poi mi è stata invocata una fantomatica ‘circolare interna’ sulla base della quale le spese per i brevetti non potevano essere finanziate… poi la Circolare è diventata quella ‘ ufficiale’ (Circolare 20/06/2013, n. 21303) sulla base della quale, per altro, in riferimento al punto 18. Spese ammissibili, comma c) Brevetti e Licenze, noi avevamo presentato regolari preventivi, (totalmente cassati). Motivazione: la voce della circolare si riferisce a Brevetti che l’azienda acquista da altri… non a brevetti propri! (ecco come incentivare l’innovazione in Italia. Compriamoci i brevetti di altri).

Un’ulteriore motivazione del taglio è stata addotta alla “mancanza del rapporto di ricerca positivo”… cosa assolutamente non vera! Noi non abbiamo allegato il rapporto di ricerca perché non avevamo allegato neanche i brevetti, avendo però affermato che ce li avevamo… All’atto del colloquio conoscitivo, però (che abbiamo fatto andando a Roma, sostenendo le spese di viaggio per l’intero team –perché dovevamo essere tutti-), laddove il dubbio fosse stato davvero questo, avrebbero potuto chiederci se lo avevamo o meno (e noi già, ripeto, lo avevamo)… invece: niente!

Durante quel colloquio abbiamo parlato dell’idea senza neanche entrare tanto nel dettaglio… perché tanto a loro serviva conoscerci per capire, essenzialmente, che tipi eravamo… se eravamo ‘affidabili’!

capponi_per_Azzeccagarbugli_Renzo
Tutte queste spiegazioni ovviamente le ho ottenute dopo mesi dalla comunicazione dell’ammissione al finanziamento, seppure con i tagli e dopo aver parlato con diverse persone… Dopo qualche mese, e numerose ricerche di ‘raccomandazioni’ per poter parlare con qualcuno ‘più in alto’ del revisore, visto che il responsabile del procedimento non è mai stato disponibile a colloquiare con me… dopo aver parlato direttamente con un altro funzionario del ministero dello Sviluppo finalmente si è avvicinata la data ultima entro cui decidere se accettare o meno il provvedimento.

Pur non avendo ancora chiari i benefici del bando che, ripeto, è un bando per ricchi (perché devi avere già dei soldi per poterne beneficiare, visto che devi anticipare tutte le spese e poi chiederne il rimborso) alla fine abbiamo accettato nella convinzione (dopo, tra l’altro essere andati nuovamente a parlare con loro direttamente a Roma –sempre a nostre spese – ed essere stati rassicurati circa il fatto che facilmente avremmo potuto accedere a un mutuo -cosa, come detto precedentemente non vera-) che questo finanziamento ci avrebbe consentito di accedere anche all’anticipazione, che avremmo potuto richiedere entro tre mesi dalla firma del contratto non fosse che, per concederti l’anticipazione Invitalia vuole una fideiussione (bancaria o assicurativa) che, ovviamente, né le banche né le assicurazioni, senza garanzie dei soci, ci hanno voluto fare… quindi niente anticipazione.

Il bando prevede il rimborso a due diversi Stati Avanzamento Lavori, il primo, entro il termine entro cui si devono spendere tutti i soldi previsti nell’ambito di Start, l’altro a chiusura del progetto (cioè entro 4 anni dal finanziamento).

Tante altre cose potrei dire ma, sostanzialmente, quello che al momento viene fuori da questa esperienza, che comunque spero di poter sfruttare, almeno per assumere qualcuno…, è che questo sia un bando per ‘finte startup’, startup che derivano da aziende che hanno già fatturato, canali di vendita attivi, ecc… e non certo per chi vuole provare a fare innovazione partendo da zero.

Nel frattempo che tutta questa kafkiana matassa si dipanasse, l’azienda ha perso una delle sue persone di punta che vista l’impossibilità di lavorare in Italia ha deciso di accettare una Borsa presso un istituto di ricerca all’estero.

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