Covid-19, un granchio (o meglio un ragno) dal sangue blu ci salverà

Il sangue del granchio atlantico a ferro di cavallo potrebbe essere l’arma segreta per dare vita al vaccino anti covid-19 ecco perché e come potrebbe funzionare.

Pubblicato il 27 Set 2020

Se è vero che il covid-19 è frutto di un salto di specie da parte di un virus, tecnicamente si chiama spillover (come scrivemmo qui ) che è passato dal pipistrello all’uomo, allora potrebbe essere un altro animale conosciuto con il nome di granchio atlantico a ferro di cavallo, dall’inglese Atlantic horseshoe crab, a contribuire in modo sostanziale alla definizione del vaccino contro il coronavirus Sars cov 2.

La faccenda è un po’ complessa ma è scientificamente interessante. Intanto il nome scientifico del granchio è Limulus polyphemus e in verità non è nemmeno proprio un granchio ma è più affine a ragni, zecche e scorpioni che al genere dei granchi. Altrettanto erroneamente è anche noto come fossile vivente perché ricorda esemplari di specie fossili risalenti a 200milioni di anni fa ma secondo gli scienziati benché sia molto simile all’apparenza è perché ha sviluppato una capacità di evoluzione limitata ma in verità si tratta di una specie comunque diversa da quella dei fossili  (riporta Wikipedia ) .

Ma perché questo strano animale potrebbe essere fondamentale per la messa a punto del vaccino anti-covid-19? Per il suo sangue che è decisamente molto particolare perché dotato di caratteristiche uniche. Per esempio benché sia originariamente incolore quando viene al contatto con l’aria diventa azzurro per via della presenza di rame e soprattutto perché capace di riconoscere i lipopolisaccaridi dei batteri Gram negativi e di isolarli, questa proprietà ha permesso di sviluppare il cosiddetto limilus test che consente di individuare facilmente le endotossine batteriche. È già stato dimostrato che le proprietà del liquido ematico dei limuli è anche in grado di inibire la proliferazione del virus dell’HIV e ora potrebbe rivelarsi l’arma vincente anche contro il covid-19.

In tutto ciò c’è anche da tenere conto la controversa modalità per la raccolta del sangue dei limuli che normalmente vengono catturati, gli viene estratto il sangue e sono poi rilasciati ma in questo processo una certa quantità, alcuni dicono non più del 3%, altri almeno un terzo del totale, muore e ciò naturalmente scatena gli strali degli animalisti e nel lungo termine mette a rischio la stessa sopravvivenza della specie, cosa che ovviamente sarebbe un danno. Per questo motivo molte case farmaceutiche stanno già lavorando a una versione sintetica del sangue del limuli al fine di riprodurne le proprietà uniche senza che sia necessario prelevarlo dagli animali vivi.

Il tema è stato affrontato sia da The Atlantic che ne ha scritto già nel 2018, sia da National Geographic che invece ha pubblicato un servizio lo scorso luglio associando proprio le proprietà del sangue del limuli alla ricerca finalizzata alla realizzazione del vaccino contro il covid-19 .

Entrambi gli articoli meritano una lettura per chi desidera approfondire l’argomento tanto controverso quanto affascinante e capace di farci apprezzare come la natura è in grado di agire in modi assai imprevedibili, articolati e complessi. La natura che in questi mesi ci ha ricordato la nostra vulnerabilità è capace anche di darci quelle risposte per renderci ancora più consapevoli della sua importanza e dell’importanza di fare tutto il possibile per tutelarla e proteggerla.

Photo by Michael Browning on Unsplash

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