D-Orbit diventa Benefit Corporation

Pubblicato il 04 Set 2014

D-Orbit la startup italiana che ha messo a punto l’innovativo sistema per il recupero dei satelliti a fine vita – di cui Startupbusiness ha raccontato la storia del lancio di debutto – annuncia di avere ricevuto, dopo una puntuale fase di assessment da parte dell’ente certificatore B-Lab, il bollino di Benefit Corporation.

La circostanza – spiega una nota diffusa dalla società – attira nuova linfa sull'azienda che, per merito di un business costruito amalgamando le logiche del mercato e del profitto con quelle della salvaguardia ambientale e la sicurezza dei cittadini, dimostra che è possibile produrre prosperità economica nel rispetto dell’ambiente e delle persone.

D-Orbit, nata da poco più di tre anni, sviluppa dispositivi di decommissioning per satelliti da installare sugli stessi prima che questi vengano lanciati nello spazio per assolvere le proprie missioni e in grado di rimuoverli al termine della propria vita operativa, evitando che si trasformino in spazzatura spaziale e diventino un pericolo per le future operazioni nello Spazio e per la società in generale.

L’idea nasce dalla volontà dei suoi fondatori di fondere competenze tecniche con le problematiche di sostenibilità e sicurezza spaziale. Oggi lo spazio vive la stessa problematica a cui aria, terra e acqua sono stati condannati in anni passati: l’inquinamento. Estendere i sani principi della sostenibilità ad un settore come quello dello spazio, apparentemente tanto lontano dagli interessi della società quanto in realtà perennemente presente nelle azioni di vita quotidiana (si pensi ad internet, GPS, previsioni meteo, sicurezza aerea ecc) è diventato un must nella filosofia aziendale sia in termini di impatti positivi sui profitti dei principali players dell’industria spaziale sia in termini di benefici per l’intera società.

D-Orbit, quindi, fin dal suo nascere ha sempre messo in cima alle proprie attività il rispetto e la tutela della propria mission: preservare lo spazio orbitale per le future generazioni evitando l’incremento sistemico di ciò che gli scienziati chiamano “space debris” ed estendere i principi della sostenibilità al settore spaziale, garantendo al contempo chiari vantaggi competitivi ai propri clienti. Lo stesso CEO e fondatore della società Luca Rossettini dichiara a tal proposito “ D-Orbit è nata con l’intento di offrire un prodotto conveniente ai propri clienti che risolvesse un loro impellente bisogno e che al contempo potesse garantire uno sviluppo futuro del mercato spaziale sostenibile e profittevole. Nel DNA dell’azienda e in ogni persona di D-Orbit questo è chiaro”.

Operando in maniera innovativa nel suo modo di far business, la società italiana ha così guadagnato, dopo il rigido processo di valutazione dell’ente certificatore B Lab e la validazione finale, un marchio, quello di B Corp, di garanzia ed affidabilità ed è oggi riconosciuta come sinonimo di innovazione, rispetto e sostenibilità ambientale. “Passione, commttment e voglia di dare un contributo per rendere il mondo, allargato ovviamente, un posto migliore”, come afferma Rossettini, sono stati gli elementi che hanno facilitato il processo di certificazione.

In una società, dunque, che da anni consuma e sfrutta più di quanto potrebbe e in cui le performances delle imprese sono sovente soppesate in base alla ricchezza creata e ai profitti generati, senza tenere conto di come preservare questo profitto a lungo termine, le B Corporations, e tra queste D-Orbit, si contraddistinguono principalmente per il fatto di abbracciare un nuovo paradigma: valorizzare il potere conferitogli dal proprio business non solo per generare guadagni economici, ma anche per risolvere problemi sociali ed ambientali, che inconsapevolmente attanagliano le nostre società, producendo impatti positivi sulle persone e sul territorio che le circonda e quindi garantendo un successo e profitti a lungo termine.

Senza la pretesa di voler cambiare il mondo, ma soltanto nell’ottica di volerlo rendere un po’ migliore di quanto oggi sia, si va così diffondendo un nuovo tipo di azienda che non è né la tipica società solo a scopo di lucro né quella non-profit, bensì una via di mezzo: appunto la Benefit Corporation.

Nata in sordina e sotto modesti auspici, questo modello sta dilagando negli Stati Uniti, che ne ha già riconosciuto legalmente la forma statutaria, e sta prendendo piede in Europa e in Italia proprio in questi mesi..

E’ indiscutibile come fordismo, capitalismo, economie di scala e liberi mercati abbiano contribuito al raggiungimento del benessere materiale per fette consistenti della popolazione mondiale nell’ultimo secolo, ma il prezzo pagato per l’appagamento materiale non è occultabile. Troppo spesso logiche di mercato e di profitto assoluto non hanno infatti lasciato spazio a considerazioni di natura etica e morale, sradicando così facendo i valori della comunità, equità e solidarietà e seppellendo il rispetto per il prossimo, per la natura, per il bene comune, ecc.e all fine portando al fallimento stesso il business che ha generato.

Oggi, la comunità di B Corp ammonta a più di 1000 aziende in tutto il mondo: la maggior parte negli USA dove la B Corp ha trovato la sua prima configurazione e successivo riconoscimento giuridico; in Italia rarissimi esempi, come quello di D-Orbit, che destano curiosità e apprezzamento tra imprenditori, istituzioni e investitori.

Una tale riforma economica combinerebbe elementi di innovazione con prospettive di crescita intelligente e sostenibile, guadagni corretti e in molti casi, proprio come per quello degli space debris, riduzione della stessa spesa pubblica. Infatti nel momento in cui le nuove ed emergenti benefit corporation cominceranno a essere operativamente in grado di attutire le problematiche di dominio tipicamente pubblico, come le politiche per l’ambiente, la salvaguardia del territorio e il benessere sociale, le spese imputabili a queste voci potranno essere gradualmente ritirate dal bilancio pubblico (a tal proposito si pensi proprio alle risorse destinate al tema del monitoraggio spaziale di cui governi nazionali si fanno costantemente carico delegando l’Agenzia Spaziale Europea di assolvere il compito della sorveglianza e del tracciamento dei ‘rifiuti’).

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