Nel mondo dell’elicicoltura, spesso considerato ancorato a metodi tradizionali e gesti artigianali, c’è chi sta introducendo soluzioni tecnologiche all’avanguardia per migliorare le rese, ridurre l’impatto ambientale e intercettare la crescente domanda di un prodotto particolarmente apprezzato e radicato nella tradizione italiana. Ubaldo De Santis, co-fondatore di Snelix, racconta a Startupbusiness come la startup pugliese stia ridefinendo l’allevamento di chiocciole, coniugando innovazione e rispetto per la tradizione locale.
“L’idea di Snelix nasce dal desiderio di Simone, il mio socio, e mio di dare vita a un progetto imprenditoriale che fosse diverso rispetto alle attività digitali che già seguivamo. Simone mi propose di avviare un allevamento di chiocciole, ispirato alla tradizione della sua famiglia: all’inizio ero scettico, non conoscevo il mercato delle lumache. Ma, da buon curioso, ho iniziato a documentarmi e ho scoperto un comparto estremamente tradizionale, con procedure superate e privo di innovazione. Abbiamo iniziato a testare sul campo i limiti dell’elicicoltura tradizionale, ispirandoci poi a settori più avanzati come il vertical farming. Ci siamo detti: ‘Non puoi allevare mucche o maiali su più livelli, ma le chiocciole sì’. È nata così l’idea di sfruttare le logiche verticali e il microclima controllato per migliorare resa, performance e impatto ambientale, costruendo un modello tecnologico che potesse rivoluzionare l’intero settore”.
La scelta di fondare l’azienda in Puglia: “Il contesto pugliese ha inciso in modo determinante. Dal punto di vista biologico, le condizioni climatiche e la presenza della varietà Helix aperta opercolata, la monacella, ci hanno subito mostrato un terreno fertile. Si tratta di una chiocciola molto pregiata ma impegnativa da allevare, soprattutto perché scava anche 30-40 cm per proteggersi durante il letargo. Tuttavia, questa sfida rappresenta anche un vantaggio competitivo, perché la monacella ha caratteristiche organolettiche e di conservazione straordinarie. Inoltre, la Puglia ha una tradizione gastronomica fortemente legata alla chiocciola, specialmente nel Salento, dove si celebra la famosissima Sagra della Moniceddha. Questo ci ha permesso di partire da una domanda locale solida e di inserirci in un ecosistema che già conosce e apprezza il prodotto. A livello strategico, poi, il radicamento territoriale ci ha consentito di attingere a un know-how empirico trasmesso di generazione in generazione, che abbiamo unito alle nostre competenze digitali per innovare realmente il settore”.
“La nostra prima mossa è stata ascoltare e imparare dalle generazioni precedenti: volevamo preservare l’eredità culturale legata alla chiocciola senza snaturarla. Abbiamo quindi osservato i metodi tradizionali, ne abbiamo compreso i limiti e ci siamo chiesti come superarli con tecnologie attuali. Oggi l’allevamento di Snelix si basa su un controllo preciso del microclima: regoliamo temperatura, umidità, ventilazione, cicli luce-buio e altri parametri chiave, grazie a sistemi di automazione e sensoristica. Questo ci consente di ridurre gli scarti, migliorare le performance biologiche e rendere la chiocciola disponibile praticamente tutto l’anno, elevando al contempo la qualità. Siamo partiti dal rispetto delle radici, portando però l’innovazione di processo che mancava al settore”.
Le lumache sono un alimento piuttosto comune in alcune regioni d’Italia, come si costruisce una solida base di consumatori? “Al sud Italia c’è un legame culturale molto forte con le chiocciole: non è un cibo ‘esotico’ bensì parte della tradizione. Al Nord, invece, potrebbe essere percepito come un prodotto di nicchia. Per costruire una base di consumatori, puntiamo molto su educazione alimentare e su momenti esperienziali: showcooking, degustazioni, partecipazione a fiere e storytelling sui valori nutrizionali e ambientali della chiocciola. In più, le lumache sono una proteina ‘nostra’, che fa parte della storia alimentare italiana da secoli: basti pensare all’antica Roma o all’uso rurale come ‘proteine dei poveri’. Il nostro compito è riscoprirne il valore in chiave moderna e sostenibile”.
Snelix ha ricevuto recentemente un investimento da Farming Future e ToSeed: “È stato un percorso costruito su relazioni e visione condivisa. Il primo contatto è avvenuto grazie a Giovanni De Caro (Volano), che avevo incontrato a uno Startup Weekend. Lui ci ha messo in contatto con Luigi Galimberti, founder di ToSeed. Luigi ha definito il settore dell’elicicoltura come un ‘mercato cappato’: la domanda è sempre più alta, l’offerta nazionale spesso insufficiente e con evidenti problemi di tracciabilità. La nostra tecnologia promette di destagionalizzare e di rendere sostenibile un modello che altrimenti resterebbe fermo. ToSeed ci ha poi presentato a Farming Future, un fondo specializzato in agrifood e sostenibilità. Hanno immediatamente colto il potenziale di Snelix: stiamo risolvendo un problema strutturale di mercato con un approccio scalabile, basato su vertical farm tecnologiche e un controllo rigoroso di ogni fase produttiva. L’investimento ci ha permesso di passare dal proof of concept alla realizzazione di un primo demo plant su scala industriale. Con il primo round di investimento abbiamo potuto validare la nostra tecnologia e approfondire la risposta biologica delle chiocciole in microclima controllato. Ora stiamo lavorando su un demo plant modulare, dove gestire sia la fase di riproduzione sia quella di ingrasso, con lo scopo di arrivare a un prodotto finito pronto per il mercato. Il piano prevede di consolidarci sul territorio nazionale, dove c’è un enorme mismatch tra domanda e offerta, per poi espanderci anche in Europa: pensiamo soprattutto alla Spagna e alla Francia, Paesi con un consumo strutturalmente elevato di lumache. Inoltre, vogliamo diversificare le linee di business, sfruttando bava, guscio e deiezioni per fertilizzanti e cosmetica, sempre in un’ottica di economia circolare”.
Innovazione è portare una nuova visione ma è anche tenere in primo piano gli aspetti legati alla sostenibilità: “La sostenibilità è il principio attorno a cui ruota tutto il nostro progetto. L’elicicoltura è già di per sé una forma di produzione proteica con un impatto molto più basso rispetto a bovini o suini: consumi idrici, emissioni e terreni necessari sono notevolmente ridotti. Ma noi vogliamo spingere oltre, adottando sensoristica e automazione per ottimizzare ogni risorsa e avere un sistema produttivo efficiente, replicabile e rigenerativo. Le nostre snail farm sono progettate per mantenere un ciclo a basso consumo d’acqua ed energia, con un’attenzione costante ai parametri ambientali. Vogliamo far sì che la nostra sia una soluzione agricola nuova: intelligente, modulare e rispettosa dell’ecosistema. Fare impresa in un settore tradizionale richiede pazienza e determinazione. Ci siamo trovati di fronte a barriere culturali, diffidenze e problemi pratici di setup. Tuttavia, non abbiamo mai pensato di mollare: ogni volta che emerge un ostacolo, ci chiediamo ‘come risolviamo?’ anziché ‘ne vale la pena?’. È l’approccio mentale che fa la differenza: la passione per questo progetto e la convinzione che ci sia un mercato reale da servire ci hanno sempre spinto a continuare”.
L’importanza di operare nel contesto di un ecosistema che sia di supporto: “La Puglia è ricca di fermento, creatività e idee interessanti. Manca però una struttura di supporto robusta che accompagni i progetti dal proof of concept all’execution vera e propria. È vero che ci sono bandi e incubatori, come SprintX, guidato da Diego Antonacci, che ha fatto un ottimo lavoro in fase early stage, ma spesso, superata la fase iniziale, mancano capitali sufficienti e percorsi di accelerazione adeguati al settore agrifood. Per crescere in modo sistemico servono finanziamenti più mirati, meno burocrazia e meccanismi di erogazione dei fondi più snelli. L’innovazione in ambito agricolo è strategica, e spero che nei prossimi anni la regione faccia un ulteriore salto di qualità in questa direzione”.
“Fra cinque anni vogliamo essere il punto di riferimento in Europa per l’elicicoltura tecnologica, con un modello produttivo altamente scalabile, costi di manodopera ridotti, impatto ambientale minimo e qualità premium. Non ci fermeremo ai confini nazionali, perché la chiocciola è un prodotto con potenzialità globali, specialmente in mercati forti come quello francese e spagnolo. Oltre a questo, guardiamo già al futuro più estremo: stiamo studiando la possibilità di allevare chiocciole in microgravità, perché biologicamente potrebbero essere le prime proteine allevabili nello spazio. Sembra fantascienza, ma rappresenta l’evoluzione logica di un modello di vertical farming che non si limita alla Terra. Quanto all’elicicoltura italiana, credo che vedremo sempre più startup portare idee innovative, facendo dialogare tradizione e tecnologia. È un percorso inevitabile e, per noi, estremamente entusiasmante”.
Dalle parole di Ubaldo De Santis (nella foto insieme agli altri co-fondatori) emerge l’immagine di un’elicicoltura pugliese che, attingendo alla tradizione e al legame profondo col territorio, si proietta verso un futuro altamente tecnologico e sostenibile. Snelix vuole diventare il player di riferimento per un’alimentazione proteica alternativa, con un impatto ecologico ridotto e un potenziale di mercato in continua espansione. Una sfida ambiziosa, che punta a rendere la chiocciola una risorsa di eccellenza, dalla Puglia fino alle frontiere dello spazio.
Nota per il lettore: l’autore è CEO di Beeco e collabora con fondi di investimento attivi nell’ambito agritech, che potrebbero aver sostenuto o sostenere in futuro alcune delle startup menzionate.
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