Burnout in home working, 3 segnali che devono preoccupare lo startupper

Pubblicato il 04 Feb 2021

Con lo smart working tutti lavorano di più, senza orari, proprio come tipicamente succede agli startupper e si rischia seriamente l’esaurimento nervoso.

La vita dello startupper era già impegnativa prima della pandemia, il rischio burnout sempre dietro l’angolo, ma ora che con pandemia e lockdown tutti sono a rischio di burnout, come se la passano i workhaloic? In particolare, come va con l’ home working?

Come lavorava lo startupper

Diciamo che lo startupper è tendenzialmente uno che il lavoro a casa se lo portava anche prima della pandemia, mentre i luoghi di lavoro in team erano coworking, business center, uffici (a volte approssimativi): insomma il lavoro di gruppo era in presenza, ci si incontrava e spostava parecchio. Una delle attività preferite e necessarie dello startupper, inoltre, è quella del networking: meetup, aperitivi, competition, hackathon, workshop, roadshow e altre svariate iniziative destinate a far aggregare novelli imprenditori, a farli fraternizzare tra di loro e con l’ecosistema.

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Tutte queste attività si sono naturalmente spostate online, le videoconferenze, le call, una dopo l’altra scandiscono le giornate e non sempre il cambiamento è negativo, sotto certi aspetti webinar e dintorni sono molto più efficaci degli incontri fisici per creare contatti, sono meno dispersivi. Il lato negativo è che sono troppe, si sta perdendo il controllo.

La giornata lavorativa si allunga

Stiamo cominciando a capire il valore di quei momenti che un tempo definivamo ‘morti’: l’attesa di un ritardatario, i tempi degli spostamenti, la pausa caffè (vera, lontano dal computer), momenti che in realtà erano boccate d’ossigeno che permettevano al galoppante cervello di riprendere fiato, a vederle col senno di oggi.

Sulla questione, che riguarda tutti i lavoratori, hanno già fatto qualche considerazione in tanti, Bloomberg dice che dallo scoppio della pandemia e dll’home working, in media la giornata lavorativa dura da una a tre ore in più, si fanno più riunioni e si mandano anche più mail, almeno 8 al giorno fuori dall’orario di lavoro.

In realtà, per la maggior parte di coloro che lavorano da remoto per le aziende, sembra che non esista più un ‘orario’ lavorativo: è vero che essendo le mail asincrone, si può rispondere quando si vuole, ma è difficile mantenere il punto quando a scrivere è il capo o dalla tua risposta dipendono i destini del mondo (secondo qualche collega).

Secondo una ricerca di Monster.com soffrono di burn out due lavoratori su tre, ovvero il 69 per cento dei lavoratori, il 20 per cento in più rispetto ai mesi che hanno preceduto il lockdown.

Perché? Perché non si stacca mai. Essere immersi costantemente solo nel lavoro è devastante per la vita sociale e familiare, così per il nostro cervello che ha bisogno di riposo e di pensare ad altro per rimanere brillante.

Un tema che a livello aziendale dovrebbe essere preso maggiormanete in considerazione dai datori di lavoro, prima che si arrivi al burnout: le aziende possono certamente stabilire delle corrette policy di smart working che stabiliscano ‘paletti’, non solo ‘obiettivi’. E dovrebbero anche imparare a cogliere i piccoli segnali che si possono vedere nei team anche a distanza, nelle call o nelle chat.

I campanelli di allarme anche per lo startupper

Tali segnali sono universali, valgono cioè per qualunque professionista. Ciò detto, anche lo startupper deve imparare a gestire la propria dedizione e avere cura del proprio team.

Secondo lo studio citato da Bloomberg, condotto da Harvard Business School and New York University su 3.1 milioni di lavoratori nel mondo, ci sono in particolare 3 serie di segnali che rappresentano tappe verso l’esaurimento e possono essere intercettate.

Come ricorda questo articolo, si comincia con la difficoltà a gestire chiamate e email: non si riesce ad arrivare in tempo al telefono, non si rispondere alle mail o procrastinare le consegne, questo già indica l’overload, il sovraccarico lavorativo.

Il passo successivo è che la qualità del lavoro scende, non si accettano gli errori e si tende a dare la colpa agli altri; il terzo è definito segnale di “esaurimento” completo è il silenzio alle riunioni, la mancanza di pazienza, ma anche l’amarezza, la mancanza di orgoglio per i risultati ottenuti.

In effetti tutto ciò rientra nella definizione di burn-out inclusa nella classificazione internazionale delle malattie (ICD-11) come sindrome professionale che dice:

“Il burn-out è una sindrome concettualizzata come risultante dallo stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo. È caratterizzata da tre dimensioni:

– sentimenti di esaurimento dell’energia o di esaurimento;
– aumento della distanza mentale dal proprio lavoro, o sentimenti di negativismo o cinismo relativi al proprio lavoro;
– ridotta efficacia professionale.

Perchè lo startupper non può permettersi il burnout

Vuoti, esausti, privi di idee, passivi, senza interesse e iniziative. Questo è il burnout, che certamente non giova a nessuno, ma per chi sta lanciando un’impresa  (o anche per l’imprenditore avviato) la situazione è più complicata che per il dipendente. Quest’ultimo ha la possibilità di chiedere un’aspettativa o periodo di malattia e l’azienda va avanti anche senza di lui, mentre chi ha un’azienda sulle spalle non può permettersi questo lusso, soprattutto quando l’azienda è piccola e in fase di avvio. Semplicemente non c’è nessuno che possa sostituirlo e mettere tutte le attività di una startup in stand-by non è una soluzione il più delle volte praticabile perché si perde il lavoro già fatto e il momento giusto.

Come affrontare i primi segnali di esaurimento

Lo psicologo del lavoro David Burkus suggerisce 4 pratiche indicazioni:

1. Stabilisci degli orari di “lavoro”

Richiede una grande disciplina soprattutto all’inizio, ma se si vuole evitare di lavorare troppo, è necessario pianificare quando si lavora e quando no. Anche se potresti aver bisogno della massima flessibilità, questo non è un motivo per scartare l’idea di avere un programma e rispettarlo. Niente ti impedisce di avere una grande idea mentre guardi un film nelle tue ore libere,  ma l’ideale sarebbe catturare l’idea (fissarla in un appunto, una nota) in modo che tu possa ritornarci quando il tuo ufficio “apre” il giorno seguente. Se ricevi ping e notifiche al di fuori del tuo orario di lavoro, dovrai imparare a ignorarli e rispondere negli orari di lavoro.

2. Sviluppare un rituale post-lavoro

Se si riesce a stabilire degli orari di lavoro, la ciliegina sulla torta è avere un rituale per festeggiare la fine della giornata. Questo potrebbe consistere in compiti come svuotare la casella di posta elettronica, programmare nel tuo calendario quando affronterai attività procrastinate, rivedere l’agenda del giorno successivo o settimanale.

Si dice che lo scrittore Cal Newport, alla fine di ogni giornata di lavoro, rivede la sua lista di compiti e il suo programma per le successive due settimane per assicurarsi di avere un piano per realizzare ogni compito. Poi spegne il suo computer e pronuncia queste parole magiche: “Spegnimento programmato …. completo”. La magia è che le parole sono un input preciso al cervello per entrare in un’altra modalità.

3. Cambiare i dispositivi quando si cambia modalità

Questo è un altro trucco, cambiare dispositivo alla fine della giornata cioè avere le cose di lavoro su un computer e magari le cose personali solo sullo smartphone o su un tablet. O semplicemente stabilire che dopo una certa ora il computer non si apre più.

Se lavori dal tuo computer personale e non ne vuoi un secondo, allora considera di impostare un nome utente diverso per lavoro e personale nel sistema operativo. Poi basta uscire da You@Work e accedere a You@NotWork.

4. Esci di casa

Prendi delle pause, sia durante la giornata di lavoro che durante le ore non lavorative, per stare un po’ nella natura che c’è vicino a te, il tuo giardino , un parco, perché è provato che la pausa più ristoratrice che si possa fare è una quella nella natura, per il benessere fisico e mentale.

Anche se fare una passeggiata all’aperto può sembrare l’opposto di quello che vuoi fare quando sei stanco o occupato, una rapida passeggiata nel tuo quartiere, nel parco o nel cortile ti lascerà una sensazione molto migliore rispetto al sedersi sul divano e guardare un’altra serie tv

Photo by Chris Benson on Unsplash

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