editoriale

Il bizzaro uso del termine ‘mafia’ nell’industria tech

Tutto è iniziato con la PayPal mafia, ora si parla di OpenAI mafia, ma perché in inglese si usa questo termine legato al mondo tech?

Pubblicato il 04 Mar 2023

In italiano il temine ‘mafia’ ha un significato ben preciso e fa riferimento a organizzazioni criminali di tipo, appunto, mafioso originarie, generalmente, di aree del Mezzogiorno. A nessuno verrebbe in mente, in Italia, di associare il termine mafia ad altro che non sia una organizzazione criminale e comunque sempre con accezione negativa: la mafia del Brenta, mafia-capitale, (accezione geografica non necessariamente nel Mezzogiorno), eco-mafia, logo-mafia (organizzazioni criminali che operano in determinato settore, come, per esempio quello de rifiuti e della contraffazione dei prodotti). Sempre con significato negativo, sempre per indicare pratiche illegali, associazioni criminali o anche comportamenti illeciti. Nessuno, in italiano si sognerebbe di associare il termine mafia a qualcosa di positivo, a un’organizzazione che costruisce invece che distruggere, a un gruppo di persone che opera per l’ottenimento di un risultato virtuoso. In italiano.

Diverso accade in inglese e in particolare quando si fa riferimento all’industria tech. in questi particolari casi si concede al termine mafia, un’accezione del tutto nuova e non collegata ad azioni o attività illegali ma con lo scopo di indicare un gruppo più o meno ristretto di persone o organizzazioni che lavorano, più o meno in sinergia, per sviluppare un progetto.

Il primo caso, almeno quello diventato popolare, in cui il termine mafia è stato associato a qualcosa di relativo all’industria tech fu quello della PayPal mafia. La “PayPal Mafia” – descrive Wikipedia – è un gruppo di ex dipendenti e fondatori di PayPal che da allora hanno fondato e/o sviluppato altre aziende tecnologiche come Tesla, Inc., LinkedIn, Palantir Technologies, SpaceX, Affirm, Slide, Kiva, YouTube, Yelp e Yammer. La maggior parte dei membri ha frequentato l’Università di Stanford o l’Università dell’Illinois Urbana-Champaign. I membri sono circa una ventina e tra loro spiccano nomi come quello dell’investitore Peter Thiel, dell’imprenditore Elon Musk, del fondatore di Linkedin Reid Hoffman, di Jawed Karim che è stato co-fondatore di YouTube insieme a Steve Chen e Chad Hurley anche loro membri della PayPal mafia, Russel Simmons e Jeremy Stoppelman co-fondatori di Yelp, Yshan Wong CEO di Reditt e moltissimi altri compresi tantissimi investitori e fondatori di fondi di venture capital.

Questa accezione, ovvero l’uso del termine mafia per definire un gruppo di persone che trovatasi a lavorare insieme su un progetto che ha avuto successo e che ha dato il via a una serie di ulteriori sviluppi usata per la prima volta nel caso di PayPal, si è poi diffusa per indicare per esempio gruppi di imprenditori che hanno avuto molto successo e che sono poi diventati investitori e hanno gettato le basi per lo sviluppo e la crescita di ecosistemi startup in specifiche aree geografiche. Il termine ha cercato quindi di darsi una connotazione non necessariamente negativa, il tentativo è stato quello di mettere in luce caratteristiche come il cercare nuove strade senza aderire alle regole prestabilite, che è un po’ l’anima dell’innovazione, facendo leva sulla bizzarra associazione che sia i criminali sia gli innovatori sono refrattari alle regole imposte, ma, sappiamo bene, per ragioni e obiettivi ben differenti.

Sebbene la storia della PayPal mafia sia certamente affascinante, così come lo è quella delle altre circostanze in cui un gruppo di persone è riuscita a sviluppare progetti che hanno poi avuto successo e successivo impatto sull’ecosistema dell’innovazione d’impresa, già qualcuno ha espresso l’idea che sarebbe più opportuno utilizzare termini diversi, in un articolo di qualche tempo fa TechCrunch per esempio suggeriva come alternative Tribe, Chaos, Cabal, Expats, Posse nonché un generale aggiornamento all’approccio del concetto di ‘tech-mafia’ in generale .

Dopo PayPal è il turno di OpenAI

Una questione che, benché non abbia davvero mai creato grandi alzate di scudi è però capace di fare storcere il naso a molti, soprattutto agli italiani che raramente apprezzano l’utilizzo del termine mafia con un’accezione non negativa, torna ora in voga perché con il diffondersi dell’AI generativa e la grande attenzione che essa ha creato nel mercato, presso gli utenti e presso gli investitori , si è tornato a usare il termine mafia associato a un fenomeno tecnologico e così si parla di OpenAI mafia  e in generale di AI mafia . Anche in questo caso, come fu per PayPal, il fenomeno è certamente affascinante ed è da seguire perché coincide con l’evoluzione dell’AI generativa, con i suoi sviluppi tecnologici, con gli sviluppi applicativi, con gli sviluppi anche di tipo finanziario e anche in questo caso nel gruppo c’è Elon Musk e poi una serie di manager e ricercatori di OpenAi che hanno lanciato le loro nuove venture: David Luan con Adept AI Labs, Peter Chan con Covariant, Dario Amodei con Anthropic, Josh Tobin con Gantry, Matt Krisiloff con Conception, Maddie Hall con Living Carbon, Jeff Arnold con Pilot, Ludwig Peterson con Quill, Jonas Schneider con Daedalus.

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Resta però la domanda: è accettabile l’utilizzo del termine mafia in questi contesti? E’ possibile dare a tale termine un significato che non sia quello esclusivamente legato alla criminalità organizzata? È opportuno trovare e proporre alternative? Di certo da un lato c’è chi guarda con sospetto questa modalità dell’uso del termine, anche se spesso adottata da chi parla lingue diverse dall’italiano, e dall’altro c’è chi approva l’uso della parola mafia anche in tale contesto, anzi auspica che in un futuro non molto lontano l’unica mafia attiva ed esistente possa essere solo quella degli imprenditori tech ultra prolifici capaci di costruire aziende che non solo hanno successo come tali ma che si trasformano anche in veicoli capaci di avere un impatto consistente sull’ecosistema e la sua evoluzione. (Foto di Meilisa Dwi Nurdiyanti su Unsplash)

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