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Joint venture, cosa sono, come funzionano e perché sono utili

Le joint venture sono una formula di collaborazione tra più aziende spesso adottata per fare fronte alla concorrenza, ecco tutto ciò che serve sapere

Pubblicato il 31 Ott 2022

Quando la concorrenza del mercato aumenta, ecco che vengono costituite le joint venture. In Italia il concetto di joint venture non è ancora molto diffuso: è conosciuto a livello di grandi imprese, ma alle piccole e medie imprese rimane tuttora estraneo il vantaggio di questo strumento.

Che cos’è una joint venture

La joint venture è un’“alleanza”, una forma di collaborazione dove due o più aziende mettono in comune quello che hanno. Joint venture vuol dire “associazione temporanea di imprese”, attraverso cui solitamente esse si impegnano nella collaborazione di un progetto comune (industriale o commerciale) o stabiliscono una strategia di condivisione del proprio know-how o capitale per ridurre l’esposizione al rischio. Nel diritto europeo il termine joint venture è un concetto giuridico elusivo che può cambiare di significato a seconda del Paese di appartenenza, pertanto meglio definito dalle regole del diritto societario, proprio perché dal punto di vista giuridico, essendo una fattispecie atipica, come tale generalmente non è regolamentata dalla legge.

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Quali sono le caratteristiche principali della joint venture?

Le joint venture consistono in collaborazioni che prevedono uno scambio di asset aziendali tra due o più aziende, come per esempio clienti, linee di produzione, fondi, capitale.

In una joint venture le parti si uniscono per un obiettivo comune, mantenendo però una grande autonomia l’una dall’altra e non consentendo all’altra parte di rappresentarla, ma dichiarando di agire per conto dell’altra solo in ambito dell’accordo e obiettivo intrapreso. Ciò consente alle entità coinvolte nella joint venture di evitare le regole predefinite che si applicano alle partnership comuni, ovvero le società in nome collettivo (S.a.s o S.n.c.). Per questo le joint venture hanno sempre una data di inizio e fine specifica.

La pianificazione è fondamentale per non incorrere nei classici casi di rischio. L’amministrazione è condivisa e delle volte sono presenti differenze culturali, intese come sociali, manageriali e giuridiche.

Quali sono i tipi di joint venture?

Proprio per i motivi giuridici controversi, diversi Paesi hanno infatti adottato specifiche normative in tema di joint venture, per regolamentare alcuni aspetti della collaborazione. Da questi è nata la prassi di suddividerle in due fattispecie: societarie e contrattuali.

Contrattuali (Contractual JV)

Consistono in accordi associativi atipici fra imprese. Sono costituite solitamente per il raggiungimento di obiettivi precedentemente individuati e prevedono spesso un termine ben definito, una dead line per il raggiungimento di business targets.

Societarie (JV Incorporated o equity o Corporation)

Consistono in accordi tra due o più aziende sempre per raggiungere un obiettivo comune prefissato, ma fondando una società autonoma e distinta rispetto alle singole entità coinvolte. Viene quindi costituita una società “ad hoc” (newco), in cui i venturer sono gli azionisti o quotisti.

A loro volta, le joint venture negli anni sono state suddivise in base a diversi fattori e per questo si possono trovare varie classificazioni, proprio perché la loro natura è quasi illimitata. In base allo scopo che ciascuna di essa è destinata a perseguire quindi, le joint venture possono essere suddivise anche in:

Joint venture per la distribuzione

Lo scopo è di creare un’alleanza strategica per la vendita/distribuzione in un mercato estero di prodotti o servizi realizzati nel proprio. In questo tipo di joint venture, il più delle volte, il partner del Paese di origine fornisce i prodotti o servizi destinati ad essere venduti sul mercato estero, mentre il partner estero contribuisce fornendo contatti, strumenti di marketing, forza vendita e ad altri servizi correlati.

Joint venture per la produzione

Qui lo scopo è di produrre (in tutto o in parte) e/o assemblare i prodotti e servizi che siano stati, rispettivamente, ideati o realizzati nel Paese di origine per poi rivenderli sul mercato estero.

Joint venture per la ricerca e lo sviluppo

Le cosiddette R&S joint venture hanno lo scopo di costituire un’entità all’estero per unire le forze delle società partner e la rispettiva tecnologia nell’ambito di specifici progetti di ricerca e sviluppo.

In base invece al potere di controllo operativo – ovvero il processo attraverso il quale ogni entità coinvolta influenza il comportamento della joint venture – quindi in relazione al ruolo svolto da tutti i partner le Joint venture possono essere suddivise in 4 tipi:

  • JV indipendenti: l’organo di governo gode di notevole autonomia rispetto alle partecipanti;
  • JV dominante: una delle partecipanti gioca un ruolo gestionale determinante
  • JV a controllo congiunto “spartito”: ogni partner gioca un ruolo separato e distinto
  • JV a controllo “condiviso”: entrambi le partecipanti giocano un ruolo attivo per cui tutte le decisioni significative sono condivise

Quanto può durare una joint venture?

La joint venture contrattuale ha una durata pari al periodo di tempo necessario per il raggiungimento dell’obiettivo per il quale essa è stata accordata. Due o più aziende condividono i propri target per ottenere un risultato comune.

Diverso è il caso delle joint venture societarie, le quali possono prevedere anche un tempo indeterminato.

Come si fa una joint venture?

Spesso l’errore comune è di pensare che la joint venture sia puramente una forma di accordo o contratto formale. Certo, il contratto scritto esiste, ma è solamente uno strumento che viene dopo aver strutturato tutta la joint venture. L’accordo infatti serve solo a ribadire formalmente i compiti, durata ed obiettivi comuni.

Anche se una delle aziende coinvolte all’inizio si rendesse conto di poter raggiungere da sola lo stesso obiettivo, sarebbe comunque il caso di identificare gli obblighi di non concorrenza all’inizio della negoziazione, in quanto in futuro si potrebbe essere vincolati da tali accordi. Per questo prima di creare una Joint Venture bisognerebbe fare delle verifiche preparatorie. Innanzitutto, verificare il sistema legale del Paese d’interesse. Per la scelta del partner, cruciale, occorre analizzare il suo know-how, risorse finanziarie e professionali, ed infine le sue strutture produttive. Poi bisogna prestare attenzione a molti elementi giuridico-fiscali, soprattutto quando si costituisce all’estero, per poter realizzare la miglior strategia fiscale e prevenire spese evitabili come ad esempio la doppia imposizione.

La complessità delle joint venture societarie fa sì che quasi sempre esse non siano disciplinate da un unico contratto (JV agreement), ma da una pluralità di contratti operativi ad esso e tra loro connessi.

La sottoscrizione del contratto di joint venture e dei singoli contratti avviene in due momenti distinti e successivi, essendo la prima rinviata al momento in cui la nuova società sia stata effettivamente costituita e così i suoi organi sociali siano stati insediati.

Il closing dell’operazione avviene, perciò, in un secondo momento, dopo che la società in comune sia stata costituita e la joint venture abbia ottenuto le autorizzazioni richieste dalla legge:

– nell’ambito dell’Unione europea, le autorizzazioni prescritte dal REG. CE N. 139/2004 DEL CONSIGLIO DEL 20 GENNAIO 2004 relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese – quando la joint venture dia luogo ad una concentrazione tra imprese e abbia dimensione comunitaria

–  al di fuori dell’Unione, nei Paesi in via di sviluppo o che comunque abbiano introdotto delle Foreign Investment Rules and Regulations, dopo che le autorità locali abbiano espresso parere favorevole all’avvio delle attività della joint venture.

Nel contratto principale (JV main agreement) le parti determinano condizioni, termini e modalità per la costituzione e la gestione comune della nuova società da essi partecipata, identificano le relazioni giuridiche che verranno ad instaurarsi tra ognuno di essi e la nuova società, ed individuano gli obiettivi della loro joint venture nonché le azioni che questa dovrà intraprendere nel tempo in vista della realizzazione degli stessi.

I contratti operativi (operational agreement), invece, disciplinano gli obblighi che di ciascun partner nei confronti della nuova società, individuando gli strumenti da mettere a disposizione della joint venture per consentirle di svolgere la sua attività. I contratti operativi dettano quindi, ad esempio, le regole attraverso cui i partner mettono a disposizione della joint venture il loro avviamento commerciale, i loro prodotti ed i loro servizi.

È necessario registrare una joint venture?

Per le joint venture societarie nel main agreement vanno disciplinati aspetti fondamentali quali la costituzione e la registrazione della nascente società indicando chi tra i partners dovrà assolvere a tali compiti. Per il tipo societario, di solito si tratta di una società di capitali che opera seguendo la normativa nazionale di riferimento.  Vengono individuate le quote di partecipazione dei soci al capitale sociale e ad i limiti per l’investitore straniero a detenere una partecipazione di maggioranza.

Per la composizione degli organi sociali la prassi vuole che gli stessi siano composti in modo proporzionale alla partecipazione di ciascun partner alla joint venture – purtroppo non sempre viene rispettato. Infatti spesso i partner anche se sono nel consiglio di amministrazione, per essere sicuri che la società sia correttamente gestita, si fanno rappresentare da terzi soggetti (officer) al fine di avere un maggior controllo delle attività della nuova società e, in particolare sull’effettivo perseguimento degli obbiettivi originariamente definiti. C’è da aggiungere però che la partecipazione di rappresentanti non garantisce per forza che le decisioni vengano prese con il consenso di tutti i partner della joint venture.

Quali sono i vantaggi della joint venture?

I partner di una joint venture condividono certamente le spese, ma anche i ricavi, avendo quindi meno costi con compartecipazione dei rischi e accesso a nuove tecnologie e mercati. Il fatturato sicuramente potrà aumentare come anche il flusso di cassa operativo: immaginando una Joint Venture in cui l’asset di scambio siano i clienti, l’azienda pagherà il costo del cliente acquisito solo dopo averlo acquisito e quindi i soldi che si sarebbero investiti in campagne marketing, non venendo utilizzati, rimarranno nella cassa e potranno essere utilizzati per altre spese o investimenti. Altro vantaggio consiste nell’abbassamento o azzeramento totale del costo di acquisizione clienti e l’acquisizione di nuovi mercati. Inoltre le Joint Venture sono misurabili, ovvero i partner posso controllare il ritorno e decidere di abbandonare la Joint Venture qualora il ritorno non sia più vantaggioso. I partner con la joint venture possono perfezionare i propri business, aggirando ostacoli come le licenze commerciali che richiedono tempo o i requisiti normativi nel collaborare con un’azienda partner che ha già soddisfatto tali requisiti. Infine non ci sono limiti: ovvero si possono creare infinite Joint Venture con infinite tipologie di scambi ed accordi riducendo così la concorrenza.

Quali sono gli svantaggi della joint venture?

L’amministrazione è condivisa e comporta una limitazione dell’autonomia imprenditoriale che interessa tutte le parti coinvolte. Quindi spesso per ogni decisione presa nasce la necessità di raggiungere un accordo. Molto spesso la perdita di controllo rappresenta una delle paure che si provano quando si è in procinto di fare una Joint Venture. Ma ovviamente, il controllo totale non si perderà qualora il processo venga strutturato sin dall’inizio con il proprio partner, prima di siglare l’accordo.

Quali sono i rischi della joint venture?

Per alcuni i rischi della joint venture possono essere di natura strategica o quando si tratti di un mercato complesso. La gestione comune crea un problema di quote che può confondere: chi detiene la maggior parte di quote può confondere la joint venture con una società di capitali. Per questo una divisione paritaria delle quote crea sempre meno problemi. In merito alle differenze culturali poi riguardanti l’aspetto manageriale e giuridico, stabilire una linea guida sui comportamenti delle Joint venture e stabilire con precisione quali siano gli ambiti d’azione della società può essere d’aiuto: nelle joint venture societarie, se l’asse manageriale è ancorato all’amministrazione di provenienza (esempio tra un’azienda in Svizzera e una in Italia) può sorgere il rischio che il centro decisionale sia fisicamente e non solo lontano dal cuore degli affari (esempio in Cina). Per questo è consigliato spostare l’asse manageriale (in questo caso per esempio svizzero e italiano) presso il punto di interesse (in questo caso in Cina) per rendere la joint venture più dinamica.

In che modo le joint venture condividono i profitti?

La condivisione dei profitti dipende dalla natura e tipologia di joint venture ed accordo intrapreso.

Per quanto riguarda le JV contrattuali le parti coinvolte potrebbero convenire di contribuire in proporzione alla misura della loro partecipazione all’investimento a un fondo volto a far fronte alle spese di interesse comune che rappresenta lo strumento per soddisfare la necessità di cassa derivanti dall’esecuzione del contratto. Oppure, ad esempio, se l’obiettivo dell’alleanza è quello di arrivare ad essere leader di mercato in un determinato Paese per la vendita dei propri servizi, il profitto potrebbe essere il 50% degli utili avuti in quel determinato Paese al raggiungimento dell’obiettivo.

Per quanto riguarda le JV societarie i profitti sono suddivisi su base formalizzata in un soggetto autonomo governato in modo diretto o indiretto da due (o più) parti caratterizzate da esplicite funzioni di preferenza e da distinti sistemi di management; per questo i profitti possono essere suddivisi tra le Parti in base alla percentuale di quote societarie possedute nella Joint Venture.

Quali sono alcuni esempi di joint venture?

Le joint venture quindi possono essere di ogni tipo e dimensione e non c’è davvero limite alla loro varietà. Basti pensare a due compagnie telefoniche che propongono un servizio nuovo o ad una catena di hotel che collabora con un distributore per portare i prodotti nei propri alberghi. Un esempio famoso che spesso viene citato è quello della Sony Ericsson. Le due entità hanno collaborato all’inizio degli anni Duemila con l’obiettivo di diventare leader mondiale nei telefoni cellulari. Ma alla fine, dopo diversi anni come joint venture, l’Ericsson è diventata di proprietà della Sony. Oppure la joint venture tra Comcast e Walt Disney per creare un’applicazione di video streaming in concorrenza a Netflix, ovvero HULU, piattaforma di notevole successo negli Stati Uniti. Nel nostro Paese uno degli ultimi casi è certamente quello tra Poste Italiane e Sennder, quest’ultimo un gruppo europeo attivo nella digitalizzazione del trasporto merci su strada, come anche la joint venture tra il Gruppo Feltrinelli e Messaggerie Italiane, quest’ultima attiva nelle vendite online di libri e di altri prodotti e servizi editoriali. (Photo by Toa Heftiba on Unsplash )

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