La rovente estate di Bio-On

Bio-On, accusata da Quintessential capital management di avere una business poco chiaro e un prodotto obsoleto contrattacca per difendere la sua tecnologia di bioplastiche

Pubblicato il 05 Ago 2019

Il 23 luglio scorso la società Bio-On quotata all’Aim di Borsa Italiana aveva una capitalizzazione di mercato superiore al miliardo di euro. Un unicorno insomma. Il 2 agosto tale valore si attestava a poco più di 350 milioni di euro con un prezzo per azione passato da oltre 50 euro a meno di 20. Un tracollo dietro cui c’è l’attacco del fondo statunitense Quintessential Capital Management (Qcm) guidato da Gabriel Grego.

La cronaca della faccenda è sintetizzabile così: Qcm pubblica un documento e anche un video in cui afferma che Bio-On (di cui su Startupbusiness ha scritto in diverse occasioni, in ultimo qui) ) è in sostanza una scatola vuota sia dal punto di vista delle tecnologie sia da quello del business. Lo fa affermando che le bioplastiche della società bolognese fondata da Marco Astorri sono in realtà una tecnologia obsoleta e che i numeri di business sono un artificio creato con un meccanismo che prevede la vendita di licenze ad aziende controllate dalla stessa Bio-On. Accuse molto gravi e il mercato reagisce facendo perdere in un solo giorno oltre 750 milioni di euro di capitalizzazione all’azienda che ha il suo stabilimento principale a Castel San Pietro Terme. Bio-On reagisce immediatamente affermando che Qcm ha mire speculative, che già in passato il fondo Usa ha attaccato aziende ma che questa volta l’attacco è infondato. Astorri e i suoi corrono immediatamente ai ripari e già il giorno 24 luglio fanno circolare smentite e documenti che rispondono punto per punto alle accuse di Qcm. Il 26 luglio Astorri in veste di presidente e amministratore delegato di Bio-On e Guy Cigognani, in veste di vicepresidente ed entrambi azionisti, annunciano di avere acquisito settemila azioni della società per un controvalore di circa 211 mila euro, una operazione di parziale management buy back mirata a mostrare al mercato che loro stessi sono i primi a difendere la bontà del progetto dando concretezza al noto proverbio inglese che recita ‘put your money where your mouth is’. Sempre il 26 luglio in un’altra nota Astorri e Cicognani spiegano l’esistenza della società Virdhi da loro fondata e con sede a Honolulu, altro elemento che per Qcm va considerato tutt’altro che chiaro nel quadro dello scenario complessivo di Bio-On. Passano altri tre giorni e il 29 luglio Bio-On presenta sul suo sito due video-testimonianze da parte di sue scienziati di altissimo profilo: Paolo Galli, descritto come uno tra gli scienziati più influenti al mondo nell’industria della plastica, e Paola Fabbri, Phd in ingegneria dei materiali e professoressa associata dell’Università di Bologna dipartimenti di Ingegneria civile chimica, ambientale e dei materiali. Le due testimonianze sono disponibili qui  e qui e spiegano perché le tecnologie di Bio-On sono solide dal punto di vista scientifico e quindi anche di mercato. Il 29 luglio il valore del titolo rimbalza fino a portarsi a 30 euro per azione per poi tornare a scendere.

Il 31 luglio la società Walter Tosto specializzata in componenti per l’industria di processo nei settori della chimica, petrolchimica, oil and gas ed energia, diffonde in comunicato in cui si afferma che Luca Tosto, titolare dell’azienda che ha fornito i reattori per l’impianto di produzione di bioplastiche di Castel San Pietro Terme, ha investito una consistente somma di denaro in Bio-On nel corso degli ultimi giorni. Altro segnale indirizzato alla Borsa al fine di fare ripartire la fiducia verso l’azienda da parte degli azionisti e riportare il valore del titolo a livelli accettabili (alle ore 12 del 5 agosto valeva poco più di 21 euro).

Ultimo atto della vicenda – almeno fino a oggi – è la nota che che Bio-On ha diffuso questa mattina in cui afferma che il giorno 1 agosto ha depositato un esposto presso la Procura della Repubblica di Bologna, che è stato reso noto anche alla Consob, in relazione alle accuse di Qcm il cui report, sempre secondo Bio-On, riporta – riferisce la nota –  (i) informazioni oggettivamente false;  (ii) informazioni che poggiano su assunti scorretti o, comunque, comunicate al mercato in maniera fuorviante;  (iii) informazioni vere, immediatamente ricavabili dalla documentazione societaria, presentate tuttavia subdolamente come frutto di un’asserita attività d’inchiesta, svolta in via originale da Qcm.

Da parte sua Qcm ha fino a oggi mantenuto le sue posizioni – riportano varie fonti di cronaca – confermando le accuse contenute nel report che ha voluto intitolare: ‘Bio-On: una Parmalat a Bologna?’.

Continueremo a seguire l’evolversi della vicenda che ora è di fatto in mano all’autorità giudiziaria nella speranza di conoscere presto le ragioni che hanno portato Qcm ad attaccare Bio-On e di conoscere se effettivamente Bio-On è solida sia tecnologicamente sia a livello di business come afferma (e anche come tende a propendere chi scrive per quanto conosce la storia dell’azienda e delle persone che l’hanno creata).

Nel frattempo possiamo fare qualche riflessione sulla vicenda: l’innovazione è complessa e quando si sviluppa una nuova azienda e si decide di applicare, giustamente, nuovi modelli di business il rischio che la strategia non venga capita è sempre alto. Qui l’unico vero giudice deve essere il mercato, è lui che decide se la strategia è buona o no, se l’azienda cresce e si sviluppa significa che la strategia è giusta, ma a volte il giudizio del mercato non è sufficiente, serve essere solidi e trasparenti e prepararsi anche agli attacchi che possono arrivare: può essere un attacco simile a quello di cui è vittima Bio-On in questi giorni, oppure, più semplicemente, può essere la violazione di un brevetto che magari arriva da un’organizzazione molto più grande e molto più forte finanziariamente e strutturalmente, i brevetti sono importanti in certi casi (non sempre) ma è anche importante avere consapevolezza che vi può essere il rischio di difenderli e qualora accada ciò richiede molto tempo e molte risorse finanziarie. E qui siamo al prodotto. Con prodotti molto innovativi è altrettanto complesso mettersi in condizione di fare comprendere al mercato il valore degli stessi, soprattutto nelle fasi in cui il prodotto non è ancora disponibile e i suoi benefici sono ancora da mettere alla prova. Qui intervengono ulteriori fattori che devono essere tenuti in considerazione: disporre di un advisory board indipendente fatto da persone che hanno competenze tecniche relative al prodotto è una scelta opportuna fin dal primo giorno, disporre di analisi altrettanto indipendenti da parte di enti qualificati che possono all’occorrenza essere rese pubbliche è altrettanto utile, tali analisi tornano utili anche durante la fasi di due diligence quando, per esempio, un investitore vuole approfondire la proposta prima di mettere soldi nell’azienda. Anche la presenza di un investitore con un solido track record e magari una specializzazione nel settore aiuta a dare ulteriore credibilità (oltre che risorse) all’azienda.

@emilabirascid

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