Listupp, la sfida italiana a Shopalike

Pubblicato il 14 Apr 2015

E’ la nuova startup incubata da Nana Bianca (l’acceleratore di Firenze fondato da Paolo Barberis) e si sta affacciando con una presenza interessante nel mercato della moda online, il suo nome è Listupp. Sostanzialmente è un aggregatore di prodotti di abbigliamento in promozione, scontati, in offerta, ecc provenienti da altri siti. Non è un genere di piattaforma del tutto nuova sul mercato internazionale, (piuttosto nota Lyst che ha già realizzato diversi round milionari di investimenti, o Thefashion.com), ma  in Italia si pone in diretta concorrenza con la tedesca Shopalike.

Listupp parte con oltre 1 milione di articoli acquistabili, 24 mila marchi rappresentati, 15 negozi online, è disponibile su smartphone e tablet. Il look&feel del sito è raffinato senza rivoluzionare nulla rispetto agli ecommerce del fashion più noti, quindi l’utente si trova immediatamente in un contesto familiare e facile da utilizzare, con in più la possibilità di valutare le proposte di saldo suddivise per convenienza, dal 70% al 5%. Per dirla con la società,  Listupp offre un’esperienza di shopping unica nel suo genere. Chi sceglie Listupp avrà infatti la sensazione di sfogliare un catalogo di moda, in cui ogni elemento è stato accuratamente valutato e selezionato.

Questo grazie a una User Experience immediata e a funzionalità  innovative come il tracciamento del prezzo, che permette al sistema di tracciare e comparare il prezzo di un medesimo prodotto su store differenti, e il sale alert, che avvisa l’utente registrato non appena il proprio prodotto preferito andrà in sconto su uno degli e-commerce che lo hanno a catalogo.

Come tutti i siti “aggregatori” , Listupp (fondata da Alberto Baggio e Lorenzo Moschi) sul piano business può trarre grande profitto dalla crescente passione per lo shopping online, senza peraltro assumersi a livello tecnologico-finanziario rischi e incombenze connessi all’implementazione della parte amministrativa e gestione pagamenti dell’ecommerce. Il suo business in fondo è B2B, cioè fattura grazie e contratti di affiliazione o revenue sharing con i partner, cioè i brand e portali di cui aggrega i contenuti.

Se imbroccano con la “traction” sono a posto.

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