Pi Campus, come funziona l’ecosistema per startup romano

Pi Campus, non è solo un fondo d’investimento, ma non è solo un coworking, un acceleratore o un incubatore. Una piccola Silicon Valley nel cuore di Roma?

Pubblicato il 20 Set 2017

Non è facile inquadrare Pi Campus in un’unica definizione: sicuramente non è un semplice fondo d’investimento. Ma non è neanche un coworking, un acceleratore o un incubatore (se non nella accezione di indie incubator che diamo qui). Una piccola Silicon Valley nel cuore di Roma? Forse, ma è meglio svincolarsi dai paragoni, anche perché Pi Campus rappresenta un ibrido, qualcosa di unico in Italia. Sul proprio sito si considera both a startup district and a venture fund: probabilmente “working environment” potrebbe essere un termine che racchiude al meglio l’essenza del Campus.

Ovviamente anche il processo di adesione al Campus è unico: non c’è alcuna possibilità di application o di affittare scrivanie come in un normale coworking: il modo più diretto per entrarne a far parte è quello di essere scelti. In seguito a uno scouting molto accurato si prediligono startup a uno stadio avanzato di sviluppo o già uscite da un percorso di accelerazione, che spicchino per un elevato potenziale di crescita. Ed è a questo punto che scatta il processo di finanziamento.

Finora Pi Campus ne ha portati a termine 34: un modello che prevede investimenti seed tra i 25.000 e i 200.000 euro circa, offrendo alle startup selezionate 6 mesi di permanenza gratuita all’interno dello spazio, dove trovare la possibilità di confrontarsi e condividere idee, soprattutto con altre startup che già da tempo risiedono nel Campus, sfruttando i loro know how e competenze più avanzati.  Ecco quindi che alla componente “virtuale” del fondo d’investimento si aggiunge una dimensione fisica, un luogo che mira a ricreare una ambiente favorevole alle idee e allo sviluppo: numerose villette immerse nel verde romano dell’Eur dove vengono ospitate le startup, uno spazio ideale dove poter lavorare in tranquillità, rilassandosi e concentrandosi al meglio.

Ogni villa possiede varie scrivanie attrezzate per i propri startupper, oltre a una cucina e ad alcune living room dove i “citizens” – così vengono chiamati i residenti di Pi Campus – possono incontrarsi e dar sfogo alla propria creatività. Ma non è tutto: palestra, sala giochi, un’area di book sharing, uffici dotati di docce e armadietti, corsi di spinning, ginnastica e sedute massaggi, il tutto completamente gratuito, più alcuni bonus: il più curioso? Chi smette di fumare riceve un aumento del 4% sullo stipendio!

Tra le startup ospitate troviamo, per esempio, wineOwine, portale che mette in risalto per i propri utenti i prodotti di piccoli viticoltori e cantine selezionate di alta qualità; Boom, azienda Usa con l’obiettivo di creare l’aereo passeggeri più veloce al mondo; oppure Le Cicogne, startup che aiuta i genitori a cercare una babysitter fidata, permettendo a quest’ultime di trovare un impiego (ve ne avevamo già parlato qui).

Marco Trombetti, co-founder di Pi Campus

Il tutto è nato grazie all’esperienza internazionale – e alla conoscenza degli ecosistemi aziendali statunitensi – di Marco Trombetti, imprenditore di successo nonché CEO di Translated, società di traduzioni nata nel 1999 che lavora con una rete di oltre 68mila professionisti di oltre 110 Paesi del mondo offrendo i suoi servizi in 80 lingue diverse. Trombetti ha potuto fondare Pi Campus (insieme alla moglie Isabelle Andrieu e a Gianluca Granero) sfruttando le proprie conoscenze portando una ventata di novità e di innovazione all’interno dell’environment italiano. Senza dimenticare le attività collaterali che hanno luogo periodicamente nel Campus: workshop, eventi o la recente Pi School, nata nel gennaio 2017. Tutti valori aggiunti di quella che si potrebbe considerare come una “isola felice” nel panorama delle startup italiane.

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