Scardinare il capitalismo di guerra, perché dobbiamo tornare a collaborare per il bene di tutti

Il mondo va alla guerra, la china sovranista, nazionalista, protezionista è volano che accresce in modo esponenziale il rischio di trasformare le guerre commerciali in guerre belliche.

Concetti come interesse nazionale, sovranità economica e tecnologica, dazi e tariffe, ragion di Stato che si impone su quella economica, derive autarchiche, demonizzazione della globalizzazione, definizione di uno scenario a somma zero dove cresce la contrapposizione, dove cresce il concetto di ‘noi’ contro ‘loro’, dove i benefici economici, sociali, ambientali sono annullati da scellerate politiche orientate a costruire barricate, sono gli elementi del grande rischio che il mondo si trova oggi ad affrontare. 

Combattere i dazi con altri dazi, chiudere le relazioni commerciali, impedire alle aziende di investire o ricevere investimenti, applicare in modo discriminato strumenti come la golden power, nazionalizzare le imprese, rendere vincolanti decisioni politiche anche quando vanno in contrasto con la convenienza economica di imprese e organizzazioni, sono tutte componenti di una deriva che è cresciuta come una metastasi nella società di oggi. 

Deriva che ha nulla di positivo, non lo è la corsa al riarmo, non lo è il depotenziamento delle organizzazioni internazionali, non lo sono le barriere che impediscono alle persone, e quindi alle idee e alle competenze, di circolare, nulla di ciò consente al mondo di crescere, al benessere di svilupparsi, all’innovazione di fiorire. 

E’ dimostrato che nei decenni in cui si è scelto di lavorare insieme, in cui ci si è aperti uno con l’altro, in cui si è fatto in modo che i commerci e le relazioni fossero ampiamente possibili in uno scenario multilaterale, il mondo è cresciuto, l’economia è cresciuta, l’impatto sociale è stato positivo. Ciò che ora accade va in netto contrasto con quella esperienza e le sue conseguenze possono essere davvero preoccupanti. 

Comprendere a fondo ciò che accade, superare la soglia dell’informazione di primo livello, degli strali lanciati da politici, di destra o sinistra non fa differenza, che puntano a controllare economia, società, relazioni internazionali con dazi, sovvenzioni, politiche industriali discutibili e anti economiche, è il primo passo per scardinare la narrativa di questi anni che si sta insinuando pericolosamente a tutti i livelli della società. 

Per farlo un buon modo è leggere il libro scritto da Albero Saravalle e Carlo Stagnaro che si intitola ‘Capitalismo di guerra. Perchè viviamo già dentro un conflitto globale permanente (e come uscirne)’. (Fuori Scena / RCS MediaGroup – 219 pagine – 17,50 euro). 

Saravalle, docente di Diritto dell’Unione europea all’Università di Padova, e Stagnaro, direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, raccontano lo scenario in modo netto e completo, dipanano la complessità degli eventi in modo cristallino, accompagnano il lettore nel guardare l’intera faccenda in modo nuovo invitandolo ad abbandonare la narrativa imposta dal quotidiano per guardare oltre e soprattutto per comprendere come i modelli basati su contrapposizioni, su presunti interessi nazionali, su sovranismi, su dinamiche autarchiche sono, ancor prima di diventare volani capaci di elevare il rischio di conflitti armati, un grosso danno per la vita di tutti noi, per la lotta agli effetti del cambiamento climatico, per lo sviluppo dell’innovazione e della ricerca scientifica, per la circolazione dei capitali e delle idee. 

È un libro che non solo fa riflettere ma a tratti anche arrabbiare per quanto tempo stiamo perdendo, per quante energie stiamo sprecando, per quante opportunità stiamo mortificando che invece potrebbero concorrere ad accelerare il processo verso un mondo migliore. È un libro che guarda al futuro con la consapevolezza del presente, che non si nasconde dietro teorie ma analizza i fatti di tutti i giorni trovandone le debolezze e proponendo delle alternative, a partire dalla necessità di tornare a usare le giuste parole abbandonando retorica e slogan populisti. 

E’ un’analisi che prende atto delle ragioni per cui si è arrivati a questo punto, che non fa sconti a chi ha contribuito maggiormente ad alimentare questa deriva, a partire dai Paesi che hanno innescato le guerre ancora in corso, ma nel suo realismo approfondito e dettagliato e senza indugiare in fantasiose soluzioni, si impunta sul messaggio che deve diventare patrimonio intellettuale di tutti: la necessità di uscire al più presto da questo sentimento globale di conflitto intellettuale, sociale, economico, bellico.  

‘Il segreto della felicità è la libertà, e il segreto della libertà è il coraggio’ recita una frase attribuita a Tucidide, ora più che mai è il momento di avere quel coraggio che serve per uscire dagli schemi imposti, dalle logiche di conflitto, per tornare a un mondo capace di lavorare insieme per il beneficio di tutti, così come già ampiamente accaduto in passato. 

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