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Se l’azienda è mia, io sono l’azienda?

Accentrare su di sè tutte le responsabilità è il rischio dietro l’angolo per ogni imprenditore. Ma può compromettere il successo dell’azienda, che dipende dal gioco di squadra

Pubblicato il 13 Gen 2022

“Tu non sei la tua azienda” è una frase che colpisce sempre gli imprenditori, tocca un tasto molto delicato, poiché è fortemente radicata nella nostra cultura la convinzione: l’azienda è mia, quindi io sono l’azienda.
Spesso nel nostro immaginario collettivo si parla di grandi uomini che hanno portato al successo le aziende: Jobs, Bezos, Armani, Del Vecchio. L’ unico ingrediente che determina il successo: un uomo visionario, carismatico e capace che guida, plasma e traghetta l’azienda.

L’uomo diventa tutta l’azienda. L’azienda è al contempo al suo servizio e la sua più grande prigione.
A cosa porta questo modo di percepire la propria l’azienda?
Innanzitutto gran parte del carico emotivo che gli imprenditori vivono dipende proprio dalla personificazione dell’azienda, con il conseguente senso di responsabilità e di solitudine che può sopraffare soprattutto nei momenti più difficili e condurre a tantissimi casi di burnout.

Se io sono l’azienda, il successo o il fallimento dipendono solamente da me.
Se io sono l’azienda, faccio e modello in base a quello che io penso sia giusto.
Se io sono l’azienda, devo sapere, conoscere e intuire.

Un uomo solo a combattere una grande battaglia.
Molti sostengono di coinvolgere molto il team, di sentirsi una squadra, ma è necessario esplorare in maniera più profonda e inconscia i meccanismi interni che la maggior parte degli imprenditori produce e imparare a conoscerli per saperli riconoscere quando affioreranno.
Sentire che “tutto dipende da me” o “che devo essere io a trovare la soluzione” non solo pesa a livello emotivo ma ha anche un impatto enorme sulla salute dell’azienda stessa con questi effetti:

1) Si perde la connessione con quelle che sono le opportunità di crescita e quindi diminuisce la possibilità di generare innovazione.
Se sono io a dover avere le risposte, se sono io a sobbarcarmi tutte le responsabilità, il mio metro di valutazione per le nuove opportunità sarà legato a quanto io credo di farcela, a quanta fatica richiede a me, a quanto io penso che sia percorribile, a livello estremo a quanto penso di meritarmelo.

2) Questo atteggiamento deresponsabilizza il team che viene vissuto alla stregua di figli dei quali prendersi cura.
Avere cura, attenzione e amore per le persone è un aspetto essenziale della leadership ma questo non implica che non ci debba essere responsabilità, azione e impegno da parte della squadra a causa di un leader iper-responsabilizzato.

3) Si perdono di vista quelle che sono le reali componenti del sistema.
Il successo è dato da un mix di persone, una visione chiara che il team ha scelto di seguire, una cultura a sostegno di quel percorso, impegno diffuso e un’azienda strutturata ma in evoluzione per fare il cammino. Quando pensiamo di essere l’azienda quindi stiamo bloccando il suo potenziale poiché nessuno può fare impresa da solo.

Per spiegare questo in #Authenticleader utilizziamo la metafora della Formula 1 che ha 3 componenti interconnessi e tutti di pari rilevanza:
1) Un team meccanici, progettisti e preparatori che ha lavorato insieme per un obiettivo comune
2) Una macchina in continuo aggiustamento e in continua evoluzione per essere sempre migliore
3) Un pilota con competenza e passione
L’imprenditore non è il team
L’imprenditore non è la macchina.
L’imprenditore è il pilota.

Senza prestare attenzione al team e all’innovazione costante della macchina, si può anche essere piloti molto bravi, ma il campionato del mondo non lo si vince. Lo stesso vale se si ha un’ottima macchina ma non si è in grado di guidarla o se si ha un team eccellente ma demotivato dalla mancanza di passione, visione e impegno del pilota.
E’ l’insieme delle tre componenti quella che definisce il successo.
Quindi il ruolo dell’imprenditore è quello di guidare bene ed essere il miglior pilota possibile, crescendo come persona e come leader, creando un team che ha a cuore l’obiettivo comune e un terreno fertile dove effettivamente scaricare il potenziale. Il suo compito è anche quello di assicurarsi che la macchina sia efficiente e che ci sia un orientamento costante all’innovazione.

“Tu non sei la tua azienda” vuol dire comprendere che le decisioni vanno prese in funzione di quello che è giusto per l’azienda e quindi di qualcosa più grande di sé stessi.
“Tu non sei l’azienda” vuol dire che prendersi cura di sé è parte integrante del sistema ma non è il sistema stesso.
“Tu non sei l’azienda” vuol dire portare a bordo l’impegno, la responsabilità, la cura e la passione di tutti.
Mettere tutti gli elementi al posto giusto è essenziale. Ogni volta che non si presta attenzione, o si presta troppa attenzione solo a una delle parti, la probabilità di successo inevitabilmente scende perché fare impresa non è e non potrà mai essere un gioco in solitaria.

Photo by gustavo Campos on Unsplash

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