Shark Prank

Pubblicato il 22 Mag 2015

Dopo avere visto la prima puntata di Shark Tank a chi di investimenti in imprese si intende è venuto da ribattezzarlo Shark Prank, insomma uno scherzetto, una burla. Un po’ burlone il programma effettivamente appare con gli shark che fanno battute e danno l’idea di divertirsi e le presentazioni delle imprese che in molti casi rasentano il ridicolo dando un po’ la sensazione che per finire in televisione si è disposti un po’ a tutto anche a progettare casette per i gattini (grande passione del popolo di Facebook) o a indossare cravatte improbabili e a pensare che i siti e le app di incontri servano per trovare il vero amore con il scientifico supporto dell’analisi grafologica. Mia figlia, quattordici anni, che vive per riflesso questo mondo delle imprese innovative perché ne sente parlare ogni giorno e perché ne ha viste sfilare a svariati StartupWeekend ed eventi simili ha così commentato: “per chi conosce il mestiere sul serio, Shark Tank è surreale”. Burlone e surreale non vuol dire necessariamente negativo ma nemmeno necessariamente positivo. Un investitore che da anni lavora per portare la cultura della imprenditoria in una zona della provincia italiana, che ha creato incubatori, che cerca di posizionare il suo territorio nella scacchiera internazionale, che di startup ne ha viste centinaia e investite decine questa mattina mi ha confessato: “ora l’uomo della strada penserà che le startup sono queste che ha visto a Shark Tank”. Ha ragione in parte perché alcune, poche, tra quelle che hanno sfilato e tra quelle che sfileranno nelle prossime puntate che, visto l’audience di tutto rispetto ( 1.382.000 spettatori per uno share del 6,39%) , andranno in onda (qui mi fermo perché altrimenti potrei cadere nella trappola dello spoiling) sono storie di imprenditori seri che hanno costruito le loro aziende in modo strutturato, che hanno affrontato le sfide che ogni imprenditore affronta, che si sono confrontati con un ecosistema che benché cresciuto negli ultimi anni, resta debole se si guarda la sua capacità di investimento complessiva, ma appare molto forte se si guarda la capacità di creare prodotti e soluzioni innovativi, non le idee che quelle possono averle tutti, ma la traduzione delle idee in qualcosa che si può sviluppare, costruire, portare sul mercato.

I giudici di Shark Tank Italia:
I giudici di Shark Tank Italia, da sinistra: Bonetti, Costanza, Cannavale; dietro Dettori e Vigorelli

Quelli che hanno partecipato alla prima puntata e di cui conosco storie e persone come Floome e Airlite di cui Startupbusiness ha scritto in passato, sono serissimi, preparati, consapevoli, altri due o tre tra coloro che si sono presentati hanno dato l’aria di essere altrettanto seri, il resto è pura retorica da prima serata, barzellette che in una business plan competition arriverebbero nemmeno alla prima selezione, business che un normale investitore caccerebbe direttamente nel cestino. Va bene fare spettacolo, insomma Italia 1 in prima serata non può permettersi dallo scostarsi molto dal suo modello che, come accade con tutti i canali televisivi, deve per forza ridurre la qualità per poter conquistare più pubblico, ma se si decide di fare un programma come Shark Tank sarebbe anche il caso di portare all’attenzione degli investitori (i due che conosco personalmente sono molto seri, e gli altri tre hanno comunque una storia professionale di altissimo profilo) e del pubblico affamato di nuovi spunti e stimoli, le idee migliori anche se non fanno ridere come gli antifurti per veicoli non più in produzione o i gelati per i palestrati. Ci sarebbe voluto più coraggio, meno ansia di farsi prendere la mano dal personaggio ridicolo o dalla storiella strappalacrime, sarebbe stata una ottima occasione per portare al grande pubblico un po’ di cultura dell’imprenditoria, un po’ della sfida dell’imprenditoria, un po’ della fatica dell’imprenditoria, occasione che è andata per la gran parte perduta. E poi, a mo’ di ciliegina sulla torta, la scritta ‘affare concluso’ quando investitore e imprenditore si sono trovati su cifre e quote, una scritta che suona come ‘chiuso il televoto’ quando invece è solo l’inizio di un processo che non è garantito porti all’investimento e questa è ‘falsa informazione al pubblico’ perché chi guarda Shark Tank, come direbbe Gianluca Dettori, mica c’ha scritto in faccia cretino.

@emilabirascid

(photo credits: Rossella di Maria, Shark Attack)

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