Singapore e l’evoluzione della politica industriale. Modello di costruzione del sistema d’innovazione

Pubblicato il 24 Feb 2014

Singapore @ night - credits to Matthieu Shutten

Introduzione. Lo Stato di Singapore è il più piccolo del sud-est asiatico, è un’isola di soli 707 km² collocata all’estremo sud della penisola della Malesia e conta poco più di cinque milioni di abitanti (di cui il 76,8% cinesi, il 13,9% malesi e il 7,9% indiani) dei quali l’80% è bilingue e parla l’inglese. Nel 1965, anno dell’indipendenza dalla federazione malese, l’economia di Singapore era (ancora) rappresentata da un’economia agraria, sottosviluppata. Attualmente, invece, l’isola (seppur priva di risorse naturali) è uno dei Paesi più prosperosi al mondo. Questo grazie alla sua posizione geografica strategica, che nei secoli ha permesso al territorio di svilupparsi come importante centro di comunicazione, commercio e turismo. Esempio di capitalismo autoritario, Singapore è oggi caratterizzata da un forte intervento statale (Developmental State), finalizzato al sostegno, alla crescita ed all’internazionalizzazione dell’economia del Paese, fondamentale per l’esistenza di scambi economici e finanziari a livello mondiale. Appare, quindi, facile intuire come e perché la politica industriale locale sia basata sull’attrazione di investimenti diretti esteri (IDE) e il governo investa miliardi di dollari in infrastrutture, sovvenzioni (in particolare alla ricerca e sviluppo) e benefici fiscali per attirare sul territorio più imprese multinazionali possibili. Gli IDE sono cresciuti negli anni, seguendo un trend positivo – da 93 milioni di dollari nel 1970 a 39 miliardi di dollari nel 2010 – e nel contempo più di 36.400 imprese internazionali hanno trovato ospitalità sull’isola, 7mila delle quali rientrano nella categoria Grandi imprese multinazionali. Per diventare ciò che è, Singapore ha dovuto sviluppare specifiche strategie, rivederle in relazione a periodi economici specifici, modificarle e, cosa ancora più interessante, finanziarle per mezzo dell’elevato risparmio nazionale. Risultato? Una moderna economia caratterizzata da servizi pubblici efficienti e una popolazione altamente qualificata con un reddito pro-capite pari a 44.877 euro, il più alto nel sud-est asiatico. Un’avanzata Città-Stato globale, creativa e di successo, diversa dai modelli occidentali quali quello americano ed europeo, un esempio di sviluppo, un successo economico che sicuramente offre, attraverso un’adeguata e approfondita analisi, interessanti spunti per numerosi Paesi. Questo breve articolo vuole solo essere un sunto delle principali tappe di industrializzazione e conseguentemente di costruzione del sistema nazionale d’innovazione.

Modello di sviluppo industriale: principali fasi storiche. Fin dalla sua indipendenza, Singapore ha perseguito una politica industriale attiva, composta temporalmente da cinque fasi specifiche: 1) industrializzazione ad alta intensità di lavoro (1960-1965); 2) promozione dell’industrializzazione orientata all’esportazione (1965-1977); 3) creazione di industrie ad alta intensità di capitale e tecnologia (1979-1989);  4) enfasi sull’alta tecnologia, gli investimenti in ricerca e sviluppo e l’innovazione (1990-1999);  5) passaggio ad un’economia della conoscenza (2000- a oggi).

Fase 1. 1960-1965: industrializzazione ad alta intensità di lavoro. Nel periodo dal 1960 al 1965 il governo di Singapore, come soluzione alla disoccupazione di massa, iniziò una politica di sviluppo finalizzata alla ristrutturazione e diversificazione dell’economia nazionale per mezzo di una strategia d’industrializzazione (in sostituzione delle importazioni), attirando investimenti e facilitando l’ingresso degli stessi per mezzo di agevolazioni fiscali. Obiettivo, innalzare il livello di competitività industriale del Paese, utilizzando manodopera interna a basso costo. L’Agenzia di sviluppo economico di Singapore (Singapore Economic Development Board, istituita nel 1961 con lo specifico compito di definire i piani economici per gli anni futuri, promuovere l’industrializzazione e attrarre investimenti esteri) contribuì a trasformare l’area paludosa di Jurong lungo la costa occidentale nella prima zona industriale dell’isola. Vi era interesse in piccole fabbriche, che avessero necessità di semplice tecnologia, minime quantità di capitale ma soprattutto di alta intensità di manodopera e che, preferibilmente, producessero capi di abbigliamento, prodotti tessili, prodotti in legno e giocattoli. Gli studi universitari iniziarono a essere commercializzati e in ogni facoltà venne deciso il numero di studenti secondo i bisogni previsti dalla pianificazione economica. La ricerca in campi non produttivi e gli studi di tipo umanistico furono considerati un lusso che lo Stato non si poteva allora permettere. Attraverso lo sviluppo di questa industrializzazione leggera, che assorbiva la maggior quantità di lavoro disponibile, il governo di Singapore riuscì a ridurre inizialmente il livello di povertà e ad aumentare il livello di vita dei singaporensi.

Fase 2. 1965-1977: promozione dell’industrializzazione orientata all’esportazione. Dopo la separazione dalla Malesia, specificatamente nel 1968, Singapore cambiò strategia economica, volgendosi verso l’industrializzazione orientata alle esportazioni e combinata con investimenti statali in settori ritenuti strategici. Il piccolo mercato locale non era sufficientemente capace di fornire capitali necessari per lo sviluppo di industrie ad alta intensità di manodopera orientate all’esportazione e quindi, si rese necessario iniziare il processo di attrazione degli investimenti esteri diretti (IDE), destinati principalmente al commercio estero. Nei primi anni ‘70, Singapore investì con successo nell’industria elettronica: Texas Instruments, National Semiconductor, Setron Elettronic, Fairchild Semiconductor, General Electric e Matsushita sono alcune delle prime imprese multinazionali (IMN) attirate sull’isola. In quel periodo, la Città-Stato si trovò quindi a esportare principalmente prodotti elettronici di base, elettronica di consumo, componenti e periferiche per PC, pacchetti software e dischi di silicio assieme a prodotti tessili ed abbigliamento. Fu sempre in questo periodo che, sfruttando la posizione geografica strategica, vennero costruite importanti raffinerie di petrolio (Shell, Esso ecc.), le quali permisero a Singapore di affermarsi come il terzo più grande centro mondiale di raffinazione. Da questo momento in poi, le industrie petrolchimiche vennero identificate come attori di crescita chiave per l’ulteriore sviluppo economico e permisero, in quanto imprese ad alta intensità di manodopera, di risolvere definitivamente già attorno alla metà degli anni ’70 il problema della disoccupazione singaporense. Il governo, approfittando del processo di internazionalizzazione della produzione, seppe costruire nel tempo importanti vantaggi competitivi, che permisero da una parte di attirare numerose IMN sull’isola rispetto ai territori limitrofi e dall’altra di indirizzare la produzione sempre più verso l’alto della scala tecnologica. Dal 1968 l’Agenzia di sviluppo si focalizzò sul proprio ruolo principale, ossia promuovere gli investimenti esteri e domestici. Per ridurre il capitale d’investimento necessario, partecipò a varie joint-venture con diverse IMN allo scopo di attirare investitori stranieri e far sì che numerose IMN aprissero i loro uffici in loco. Nel 1975, durante il periodo di recessione mondiale, decise di aumentare le proprie joint-venture per avviare ulteriori progetti industriali e amministrò una serie di programmi d’incentivazione, tra i quali quelli riguardanti gli incentivi fiscali. Il governo di Singapore seppe di fatto orientare lo sviluppo industriale, dando alle IMN aiuti finanziari a supporto degli investimenti e sovvenzioni fiscali. Agevolazioni elargite alle sole IMN che avessero portato a Singapore tecnologia avanzata e si fossero impegnate a raggiungere determinati volumi di esportazioni, a creare (obbligatoriamente) catene produttive di sub-fornitura con le PMI locali e a formare la forza lavoro locale. Di conseguenza, il settore manifatturiero aumentò la partecipazione alle esportazioni, diventando (per alcuni anni successivi) il principale settore di esportazione di Singapore. Le IMN svolsero un ruolo centrale nell’industrializzazione di questo Paese e rappresentarono, fino ai primi anni ’90, il 90% delle esportazioni di prodotti industriali di Singapore. In linea con il processo di espansione – tra il 1971 e il 1976 – l’Agenzia di sviluppo aprì nuovi uffici sia in Europa (Zurigo, Parigi ecc.) sia negli USA (Houston) sia in Asia (Osaka). A metà degli anni ’70, a testimonianza che la base industriale fosse divenuta più solida e diversificata, il governo di Singapore intervenne per spostare la produzione dai settori tradizionali verso settori industriali con manodopera più qualificata e a elevato valore aggiunto come meccanica, elettronica, archiviazione dati e petrolchimica. Per lo sviluppo della meccanica di precisione furono attratte IMN come Philips, Rollei, Sunstrand Engineering e Seiko. Per preparare la forza lavoro alla nuova sfida, il governo di Singapore predispose piani per la formazione di tipo ingegneristico e supportò finanziariamente i lavoratori più anziani per migliorare le proprie competenze.

Singapore Marina Bay
Singapore Marina Bay

Fase 3. 1979-1989: creazione di industrie ad alta intensità di capitale e tecnologia.  All’inizio degli anni ’80, a fronte della sempre più forte concorrenza da parte dei Paesi limitrofi che potevano contare su manodopera a minor costo, il governo di Singapore decise di avviare una profonda ristrutturazione dell’industria, spostandosi verso settori a più alta intensità di capitale, tecnologia ed elevati salari. Obiettivo di politica industriale, che venne raggiunto grazie al ruolo attivo svolto dallo Stato stesso nell’attrarre imprese multinazionali capaci di trasferire tecnologia, formazione e aggiornamento continuo alle loro imprese affiliate, locate in Singapore. A supporto di tutto ciò, vennero sviluppati vari incentivi tra i quali sgravi fiscali, prestiti a basso interesse, aiuti a supporto delle attività di ricerca e sviluppo, estesi programmi di qualificazione professionale, messa a disposizione di fabbriche per la produzione e joint-venture. In breve tempo, le imprese estere cominciarono ad arrivare: “prima a decine, poi a centinaia, creando (1981) più di 200mila nuovi posti di lavoro”. In questo modo, Singapore riuscì a potenziare e a diversificare l’industria in settori quali: elettronica, hard-disk informatici (l’isola divenne il primo produttore mondiale), personal computer, apparecchiature ICT, ingegneria di precisione, trasporti, produzione di parti per l’industria automobilistica e per l’industria aerospaziale, prodotti chimici (raffinazione del petrolio), farmaceutica e dispositivi medici. Processo reso possibile essenzialmente attraverso gli investimenti di numerose imprese tra le quali: Apple Computer, Seagate Technology, IBM, Hitachi, Glaxo, Petrochemical Corporation of Singapore ecc. Il mantenimento della competitività fu promosso dall’Agenzia di sviluppo e reso possibile attraverso la meccanizzazione, l’automazione e la robotizzazione e l’informatizzazione delle produzioni. Nel contempo, il sistema di istruzione e formazione professionale fu chiamato a rispondere (venne elaborato un ampio programma pubblico) al bisogno di manodopera più qualificata da impiegare in industrie ad alta intensità di capitale. In seguito al successo dei programmi di formazione tecnica, il governo di Singapore decise di creare un Parco Scientifico per condividere le attività di ricerca fra governo e industria, un Consiglio nazionale per l’informatica per diffondere l’informatica nelle scuole, uffici e abitazioni private, la triplicazione delle dimensioni delle due università di ingegneria, la creazione di un fondo di capitali di rischio dell’ammontare di 25 milioni di dollari per incoraggiare la nascita di imprese startup nazionali. Fu nel 1980 che il governo costruì il primo Science Park (nelle vicinanze della Università Nazionale di Singapore) per sostenere la ristrutturazione dell’industria nazionale. Il Parco Scientifico rappresentò l’avvio del futuro sistema d’innovazione di Singapore, concepito dal governo come sede per centralizzare le attività di ricerca e sviluppo e costruire un importante vantaggio competitivo nel campo della ricerca industriale. Obiettivo, insediare nel parco grandi IMN e far sì che esse sviluppassero le loro attività di ricerca in collaborazione con le università nazionali, nei laboratori messi a disposizione dal governo. Si crearono conglomerati (nei settori dell’elettronica, della tecnologia dell’informazione e dei nuovi servizi) grazie ai quali le imprese locali vennero integrate nelle catene internazionali di subfornitura delle stesse IMN. Di conseguenza, la promozione delle imprese nazionali divenne sempre più importante e così nel 1986 l’Agenzia di sviluppo inaugurò lo Small Enterprise Bureau per avviare programmi di sostegno per le stesse. Attualmente, nello Science Park sono insediate più di 350 IMN (Sony, ExxonMobil Chemicals, Silicon Graphics, Seagate Technology International, Centre for Wireless Communication, Institute of Microelectronics, National Science & Technology Board, MCI Worldcom Asia, Fuji Xerox ecc.), imprese locali e organizzazioni di ricerca. Fino alla fine degli anni ‘80, il finanziamento statale nei confronti delle attività di ricerca e sviluppo fu basso (nel 1988, 0,86% del PIL), sotto i livelli degli Stati OCSE. Nel corso del decennio, il settore industriale di Singapore crebbe fortemente: nel 1988 circa 3.700 fabbriche occupavano 353mila lavoratori e al termine degli anni ‘80 la produzione industriale rappresentava il 30% del PIL.

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Fase 4. 1990-1999: enfasi su alta tecnologia, investimenti in ricerca e sviluppo e innovazione. All’inizio degli anni ’90, Singapore cominciò a dover affrontare una maggior concorrenza da parte dei Paesi vicini, anche nei settori più strutturati come l’elettronica e i prodotti petrolchimici. Il governo decise pertanto di spostarsi ancora un passo più in alto nel processo industriale, producendo beni a più alta intensità tecnologica e conoscenza. Due i motori della strategia economica statale: 1) produzione industriale a capitale intensivo e ad alta tecnologia e 2) servizi ad alto valore aggiunto. L’economia iniziò a diversificarsi e il terziario divenne pertanto il settore prevalente (28% del PIL), lasciando però all’industria manifatturiera un ruolo ancora importante (25% del PIL). Dalla metà degli anni novanta, l’Agenzia di sviluppo spostò l’attenzione verso il rafforzamento dei settori strategici: prodotti chimici, elettronica, ingegneria e fotonica. Sfruttando la leadership raggiunta negli anni, Singapore iniziò a sviluppare anche “un’industria della scienza biomedica” includendo di fatto anche il settore farmaceutico, delle tecnologie mediche e delle biotecnologie nelle industrie chiave. Inoltre, nel 1990 per sostenere la costruzione di “un’industria creativalocale, l’Agenzia di sviluppo costituì una “Creative Services Strategic Business Unit” a supporto del settore creativo, che includesse film, musica, arte, design e media. Nello stesso anno, riconobbe l’importanza della Cina nel prossimo futuro e per questo istituì un’unità speciale la “Focus China Business Unit Special“, che si specializzò nel costruire relazioni d’investimento con questo Paese. Sempre nel decennio di riferimento, vi fu un’ulteriore crescita della produzione di prodotti elettronici e di componenti per PC, che permise a Singapore (a partire dal 1999) di divenire il più grande produttore al mondo di dischi rigidi informatici. Circa 3/4 della produzione venne realizzata dalle multinazionali estere, la maggior parte dei beni industriali prodotti in stabilimenti di loro proprietà ed esportati verso gli Stati Uniti, l’Europa e l’Asia orientale. Per sostenere la crescita economica, Singapore dovette creare vantaggi competitivi e iniziò a investire in ricerca e sviluppo, puntando in particolare sulla ricerca industriale. Fino alla fine degli anni ’90, lo sviluppo tecnologico fu in gran parte dipendente dalle IMN, anziché dalle imprese locali. La Città seppe far leva sui loro investimenti, attuare (con un approccio top-down) una rapida espansione delle attività di ricerca e sviluppo presso le loro imprese affiliate e affiancarne l’attività innovativa (di prodotto e di processo) con la creazione di nuove istituzioni pubbliche di ricerca e sviluppo orientate esclusivamente al loro supporto. Pertanto l’attività di ricerca e sviluppo, in entrambi i settori pubblico e privato, si concentrò sulla ricerca applicata e incrementale. Sebbene il livello di spesa pubblica in ricerca e sviluppo rimase basso, negli anni ’90 il trend cambiò grazie alla National Science and Technology Board (NSTB) la cui missione fu quella di sostenere la ricerca rilevante per l’industria (Industry Relevant R&D) e il lancio di due piani tecnologici nazionali di durata quinquennale (1991/1995; 1996/2000). Questi piani, oltre ad aumentare in modo significativo la portata ed il livello di attività di ricerca e sviluppo, canalizzarono ingenti risorse finanziarie (rispettivamente 1,6 miliardi di dollari e 3,2 miliardi di dollari) per costruire infrastrutture e incentivi a supporto delle attività di ricerca e sviluppo svolte dalle multinazionali. Nel 1991, fu fondata l’Università Tecnologica di Nanyang (NTU) con lo scopo di formare i futuri ingegneri. A tal proposito, il National Science and Technology Board fondò e diresse, fin dai primi anni ’90, una serie di istituti pubblici di ricerca industriale con l’obiettivo di promuovere l’integrazione fra ricerca pubblica e industriale per sostenere la crescita e lo sviluppo di specifici settori tecnologici. Questi istituti di ricerca pubblici [Singapore Institute of Manufacturing Technology (1989), Institute of Molecular & Cell Biology (1987), Institute of Micro-electronics (1991), Data Storage Institute (1992), Institute of Materials Research & Engineering (1996), Institute of High Performance Computing (1998)] svolsero un ruolo centrale nel sostegno all’industria sia per la formazione di ricercatori e ingegneri sia per le attività di ricerca e sviluppo, con lo scopo di rafforzare i settori chiave di Singapore. In forma lenta ma constante, in circa 20 anni, il governo di Singapore costruì un sistema d’innovazione nazionale basato su: erogazione di fondi pubblici a venture capitalist, che si fossero stabiliti nella Città-Stato; aiuti diretti per lo sviluppo di progetti ad alta tecnologia alle IMN, che si fossero localizzate a Singapore; formazione imprenditoriale e capitale di avviamento per le nuove imprese tecnologiche; aiuti finanziari a supporto dei migliori ricercatori (élite internazionale), che intendessero trasferirsi a Singapore e che operassero preferibilmente nel campo delle biotecnologie; premi e riconoscimenti per gli imprenditori meritevoli; incentivi per l’assunzione di rischi imprenditoriali. Lo Stato, con l’assunzione di un ruolo attivo e predominante, rese possibile la nascita e lo sviluppo di legami sempre più stretti tra imprese, università, istituti di ricerca pubblici e dipartimenti di ricerca e sviluppo interni alle IMN, localizzate nei parchi tecnologici progettati e costruiti ad hoc, strutture da interpretare come infrastrutture scientifiche di rango internazionale (si veda mappa).

Fase 5. 2000 a oggi: passaggio a un’economia basata sulla conoscenza. A partire dagli anni 2000, Singapore (così come alcuni Stati europei) ha dato origine a un cambiamento rapido verso quella che oggi si definisce economia della conoscenza. L’obiettivo delle autorità singaporensi è stato quello di mantenere al 25% il contributo dell’industria al PIL e al 20% la percentuale di manodopera impiegata nel settore. Dagli anni 2000 il governo ha sostenuto (accanto ai settori elettronica e petrolchimica, i due poli nazionali di eccellenza industriale), l’informatica e le telecomunicazioni con una politica volontarista d’individuazione e di posizionamento nei “settori prioritari” (top-sector approach), fortemente generatori di valore perché basati sulla conoscenza, quali l’industria biomedica, l’industria delle tecnologie ambientali e dell’acqua e dei media digitali interattivi, nuovi pilastri della crescita economica della Città-Stato. Obiettivo, ottenere 86mila nuovi posti di lavoro in questi tre settori specifici entro il 2015 con un apporto di valore aggiunto pari a 15 miliardi di euro e investire fortemente in ricerca e sviluppo, tecnologia e innovazione, perché considerati motori della crescita economica.

Lo sforzo di questo Paese nel creare un’economia basata sulla conoscenza è stato mostrato dall’aumento dei finanziamenti soprattutto nelle attività in ricerca e sviluppo e dal fatto che essi siano raddoppiati nel corso di dieci anni, passando dall’1,34% del PIL nell’anno 1996 al 2,65% del PIL nell’anno 2008. Il finanziamento statale per la ricerca e sviluppo è stato pari a 5 miliardi di dollari per il periodo 2001/2005, di 8 miliardi di dollari per il successivo quinquennio 2006/2010 e con l’ultimo piano strategico in corso di attuazione (il Research, Innovation and Entreprise 2011/2015) il bilancio per la ricerca e sviluppo è stato elevato a 12,9 miliardi di dollari. Entro il 2015 il governo ha previsto di portare le risorse destinate alle attività di ricerca e sviluppo al 3,5% del PIL per collocarsi così facendo nel ristretto gruppo dei Paesi di testa a livello mondiale (Giappone, Finlandia, Svezia, Taiwan, Corea del Sud). Il numero delle persone occupate in attività di ricerca e sviluppo è in continua crescita: dal 2000 al 2012 è raddoppiato, crescendo da 14.500 a 30mila unità (due su cinque sono ricercatori pubblici, gli altri sono ricercatori del settore privato). Singapore si colloca al settimo posto a livello mondiale per numero di ricercatori in rapporto alla sua popolazione e il numero di possessori del dottorato di ricerca (i ricercatori considerati più strettamente associati con la ricerca di base) è passato da 970 persone nel 1990 a 7.754 persone nel 2011.

Nel corso del primo decennio degli anni 2000, il Sistema d’innovazione di Singapore si è spostato verso un approccio più equilibrato che ha di fatto permesso una promozione delle capacità indigene di innovazione, incluse l’attività di ricerca fondamentale e strategica di lungo periodo e la creazione di imprese locali ad alta tecnologia. Nel 2001 per sostenere questo genere di economia incardinata sulla conoscenza, il governo ha istituito l’Intellectual Property Office of Singapore (IPOS) posizionandosi al primo posto in Asia per temi riguardanti la protezione dell’Intellectual Property. Nel 2002 il National Science and Technology Board (NSTB) è stato trasformato in Agenzia per la scienza, tecnologia e ricerca (A*STAR). L’unica differenza rispetto al precedente NSTB è che essa è stata divisa in due Consigli di ricerca: il Consiglio di ricerca per la scienza e l’ingegneria (responsabile per elettronica, chimica e ingegneria) e il Consiglio per la ricerca biomedica (responsabile per farmaceutica, tecnologia medica, biotecnologia e sanità). A*STAR ha il compito di sostenere lo sviluppo economico di Singapore utilizzando la scienza come strumento di sviluppo economico, finanziando la ricerca e sviluppo, promuovendo e coordinando ricerca e sviluppo collaborativa con le imprese multinazionali. A tal proposito, l’agenzia finanzia e gestisce un certo numero di istituti di ricerca, nei quali vengo svolte rilevanti attività concentrate principalmente in scienze biomediche, fisiche e ingegneristiche. Promuove la creazione di nuove imprese (spin-off e startup) e l’imprenditorialità in genere. A*STAR è un’entità dipendente dal ministero del Commercio e dell’industria e proprio questo le ha permesso di concentrarsi su progetti ad alto rendimento commerciale. Essa è inoltre è intestataria di 2.300 domande di brevetto e proprietaria più di 800 brevetti registrati, la maggior parte dei quali effettuati in collaborazione con l’Università Nazionale di Singapore. La filiale commerciale, Exploit Technologies, attua il trasferimento delle tecnologie e ha il compito di farne fruttare al massimo il potenziale commerciale.

Il governo ha fatto di tutto per trasformare Singapore in un centro internazionale di ricerca e sviluppo: nel 2004 è stato costituito il Comitato ministeriale per la ricerca e sviluppo (MCRD) presieduto dal Primo ministro; per mezzo dei due piani strategici quinquennali (2001/2005 e 2006/2010) sono sati individuati tre ulteriori settori strategici (tecnologie ambientali e  per l’acqua, le scienze biomediche e i media digitali interattivi); nel 2006 è stata creata la National Research Foundation (NRF, presieduta da un comitato di ministri e da personalità internazionali), organo consultivo con il ruolo di determinare la direzione della ricerca scientifica individuando i settori strategici e prioritari per il Paese, creare centri di eccellenza e avviare la cooperazione tra università nazionali e importanti università estere; infine, sebbene l’investimento pubblico in ricerca e sviluppo (pari all’1% del PIL) era per lo più destinato alla ricerca di base e alla ricerca mission oriented, nel 2009 il 62% della ricerca e sviluppo è stato effettuato dal settore privato, con una percentuale che nel 2010 corrispondeva al 2% del PIL nel 2010. Entro il 2015 l’obiettivo è quello di innalzare la percentuale di finanziamento a 2,5%. Per far si che ciò avvenga, l’Agenzia di sviluppo fornirà incentivi fiscali e borse di ricerca e sviluppo per attrarre le IMN disposte ad aprire importanti centri di ricerca e sviluppo nel Paese. Così facendo si pensa possano aumentare i posti di lavoro e svilupparsi le capacità autoctone, permettendo di rafforzare lo “status” della Città-Stato come un “luogo perfetto” dove effettuare investimenti.

Nell’anno 2003 il governo di Singapore ha avviato la costruzione del distretto One-North (un’area di più di 200 ettari nel sud-est di Singapore nelle vicinanze del campus dell’Università Nazionale, dell’Ospedale Universitario, del Politecnico e del Science Park), definito “parte dello sforzo sistemico di Singapore nel portare l’economia nazionale nell’era della conoscenza”. Il progetto, che terminerà nel 2025 e verrà a costare sette miliardi di dollari, accoglie tre importanti distretti della conoscenza co-insediati: Biopolis, Fusionopolis e Mediapolis.

Biopolis -fase 1

Biopolis (nell’immagine in alto), Centro internazionale per la ricerca in biomedicina avviato nel 2003, prevede cinque fasi per la realizzazione di 400mila m² di spazi. Grazie a Biopolis, A*STAR ha posto le basi per lo sviluppo delle capacità scientifiche di ricerca biomedica, per l’innesco di capitale umano e industriale e per la crescita delle capacità nella ricerca traslazionale e clinica. Nel cento si sono insediati gli istituti nazionali di ricerca biomedica e circa 50 laboratori di IMN biofarmaceutiche. La comunità di ricerca dell’industria biomedica è passata da 2.150 ricercatori (2002) a oltre 5.400 ricercatori (2011), tra i quali un centinaio di scienziati clinici. Quasi la metà di loro lavorano a Biopolis e costituiscono un mix di scienziati locali ed internazionali provenienti da entrambi i settori, pubblico e privato. Biopolis fornisce loro strutture d’avanguardia (laboratori per il sequenziamento del DNA, la citometria a flusso, la spettrometria di massa, i microscopi elettronici, la risonanza magnetica nucleare, ecc. gestiti da tecnici specializzati) e servizi di supporto alle imprese. L’obiettivo è aiutare le IMN biomedicali a ridurre i costi di ricerca e sviluppo, in modo che possano concentrare gli investimenti nella scoperta di farmaci e nello sviluppo degli stessi. A*STAR, per mezzo della costruzione di Biopolis, ha creato un bene pubblico complesso riuscendo a dotare Singapore di un vantaggio competitivo nell’attrazione di importanti imprese biomedicali e quindi nel conseguente radicamento sul territorio di un settore considerato fondamentale nell’economia della conoscenza come l’industria biomedica. Con l’apporto delle IMN, il settore è cresciuto rapidamente e la produzione è quintuplicata da sei miliardi di dollari (2000) a 29,4 miliardi di dollari (2012). Nello stesso periodo l’occupazione in questo settore è cresciuta da seimila a 15.700 addetti. Nel 2012 il valore aggiunto apportato dall’industria biomedica di Singapore è stato stimato 15,3 miliardi di dollari. Fusionopolis, nuovo distretto internazionale di ricerca e sviluppo che riunisce 1.600 tra ingegneri e ricercatori nei campi delle scienze fisiche, ingegneria, media e ICT, è stato inaugurato nel 2008 con lo scopo di rafforzare l’innovazione industriale e sostenere la trasformazione di Singapore. Fusionopolis, la cui progettazione verrà ultimata nel 2014, comprenderà almeno dieci edifici su una superficie di 30 ettari. Tra le imprese estere insediate vi sono Thales il gigante dell’elettronica, Vestas Wind Systems, leader mondiale nella produzione di energia eolica, Nitto Denko azienda giapponese di ricerca nell’elettronica organica, Edgilis, azienda di consulenza in ingegneria, Linden Lab (società statunitense), Steria Asia (società di servizi).  Mediapolis, creato in risposta alla rapida espansione del settore dei media del Paese, quando verrà completato con i suoi 19 ettari sarà un pezzo vitale dell’ecosistema per i media di Singapore, dove i migliori del settore potranno esprimersi, crescere e prosperare. Si concentrerà sullo sviluppo di contenuti multimediali di alta qualità così come nella ricerca e sviluppo in media digitali interattivi. Sarà supportato da una forte e solida infrastruttura IT e un ambiente di business sinergico. La maggior parte dei 20 istituti di ricerca (scienze biomediche, fisiche ed ingegneristiche) di A*STAR si trovano locati a One-North, fra Biopolis e Fusionopolis, con un totale di 2.900 ricercatori dei quali più del 50% provengono da 60 Paesi diversi. Tra questi, gli istituti avviati dall’anno 2000 in poi sono i seguenti: 2000, Genome Institute of Singapore; 2001, Bioinformatics Institute; 2002, Institute for Infocomm Research; 2002, Institute for Chemical & Engineering Sciences; 2003, Institute of Bioengineering & Nanotechnology; 2003, Bioprocessing Technology Institute; 2005, Singapore Bioimaging Consortium; 2006, Singapore Stem Cell Consortium; 2006, Singapore Immunology Network; 2006, Singapore Institute for Clinical Sciences; 2006, Singapore Consortium for Cohort Studies; 2007, Institute of Medical Biology; 2008, Experimental Therapeutics Centre; 2009, National Metrology Centre. In questi istituti lavorano in totale circa cinquemila tra ricercatori e altri dipendenti, in settori che vanno dalla ricerca aerospaziale alla genomica. A quest’ultimi possono accedere le IMN, per lo sviluppo dei prodotti, trasferimento di tecnologia e marketing. In parte, i costi sono recuperati dallo Stato attraverso progetti comuni e la vendita di brevetti.

Conclusioni. Un processo di politica industriale iniziato nel 1960 e tuttora ancora attivo oggi più che mai; più di mezzo secolo per trasformare Singapore nel quarto centro finanziario mondiale e primo Paese per la concentrazione di milionari, davanti a Hong Kong, Svizzera, Qatar e Kuwait. Un processo che soprattutto nell’ultima fase – grazie al ruolo interpretato da A*STAR, la più importante agenzia governativa – si è focalizzato sulla promozione del talento e della ricerca scientifica, creata per fare di Singapore un ecosistema innovation-driven, fondato sulla conoscenza. Una delle principali città cosmopolite mondiali, dove il 50% dei lavoratori è straniero, con un ruolo strategico nel commercio internazionale, negli scambi finanziari e nei traffici portuali.  Primo ecosistema per l’innovazione al mondo capace di creare e sviluppare una comunità scientifica internazionale  diversificata  con lo scopo di sostenere i più alti standard di ricerca scientifica in diverse aree di competenza e di lavorare a in modo integrato a tre diversi livelli: sviluppa il capitale umano con programmi di educazione e formazione in Science&Technology; rafforza il capitale intellettuale con  supporto attivo ai centri di ricerca e crea capitale industriale, promuovendo l’applicazione commerciale delle conoscenze scientifiche e della tecnologia, coinvolgendo il settore produttivo e sostenendo gli investimenti in ricerca e sviluppo. Imparare, studiare, capire ed analizzare non fa di certo male. Diamoci da fare! 

 Contributor: Laura Maffei

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