Sospendere i brevetti sui vaccini anti covid-19 non è la soluzione

Pubblicato il 09 Mag 2021

Chiedere ai produttori del vaccino contro la covid-19 di rinunciare ai loro brevetti sarebbe un errore, sia perché la cosa in effetti non risolverebbe i problemi di approvvigionamento, sia perché rappresenterebbe un pericoloso precedente capace di avere effetti a lungo termine sul processo generale che produce innovazione e sul suo sostentamento.

L’idea alla base di coloro che vorrebbero che i brevetti fossero sospesi, al netto di motivazioni politiche populiste, è che in tal modo si potrebbero produrre più vaccini in siti opportunamente attrezzati in varie parti del mondo e così accelerare la loro diffusione in modo capillare. È una motivazione più che giusta perché fino a che non vi sarà una copertura vaccinale globale sufficiente nessuno sarà effettivamente al sicuro e la pandemia non terminerà. Su questo siamo tutti d’accordo: vaccinare in fretta e vaccinare tutti in tutto il mondo è ciò che va fatto.

Il punto è quindi capire se la strategia della sospensione dei brevetti sarebbe in grado di portare effettivamente a questo risultato e la risposta è meno scontata di ciò che sembrerebbe. Intanto va detto che i produttori di vaccini in questo momento stando rendendo disponibili le dosi a un prezzo di costo, quindi senza margini (fa eccezione Pfizer che secondo il New York Times sta fatturando miliardi di dollari e Moderna che non ha altri prodotti oltre al vaccino, mentre AstraZeneca e Johnson & Johnson vendono senza profitto, maggiori dettagli in questo articolo) , va poi detto che alcuni di loro, per esempio Moderna, hanno già fatto sapere che qualora qualcuno infrangesse il brevetto del loro vaccino l’azienda rinuncerebbe ad azioni legali, e fino a ora ciò non è accaduto a significare come anche in un regime di sospensione dei brevetti resterebbero comunque una serie di altri ostacoli da superare per ottenere il risultato di produrre in modo maggiormente capillare.

Intanto la sospensione dei brevetti non sarebbe di fatto sufficiente perché conoscere il brevetto non significa conoscere le modalità di produzione, non significa sapere come farlo, non significa avere tutti gli ingredienti e le procedure per farlo, non significa poter garantire il necessario livello di sicurezza e qualità del prodotto, per fare questo non basta avere libero accesso al brevetto ma servono competenze che non sono attualmente diffuse, soprattutto quando si tratta dei vaccini mRna che utilizzano una metodologia del tutto innovativa.

Inoltre la sospensione del brevetto, oltre a essere di fatto ininfluente sul processo che vuole aumentare la capacità di produzione e la relativa capillarità, costituirebbe un precedente capace di minare nel profondo le modalità con cui l’innovazione si realizza e si finanzia. Se oggi siamo in possesso di un vaccino che è stato sviluppato in tempi rapidissimi, benché frutto di un processo di ricerca partito già da anni, è proprio perché le aziende che hanno messo a punto tali vaccini hanno potuto contare su risorse anche provenienti da brevetti che hanno, e in generale la protezione della proprietà intellettuale è un qualcosa che va tutelato quale parte integrante del sistema che ci permette oggi di avere aziende e organizzazioni che investono in ricerca e sviluppo e che quindi fanno innovazione (si veda questa intervista a Enrica Acuto di Jacobacci & Partners sul tema ). Va inoltre ricordato che una buona fetta di queste attività di ricerca è stata finanziata dai governi quindi, pur restando valide tutte le considerazioni sui brevetti, è doveroso tenere in considerazione il ruolo di supporto finanziario dei capitali di origine pubblica (un articolo di BBC dello scorso dicembre fa una puntuale analisi dello scenario sia dei finanzimenti sia dei profitti legati ai vaccini)

È importante però che ci sia ora questo dibattito perché ci permette non solo di sottolineare come la strada della sospensione dei brevetti sia poco felice, vedremo poi cosa deciderà la World Trade Organization a valle del confronto tra le posizioni dei vari Paesi, ma soprattutto ci permette di riflettere sulla necessità di cercare nuove strade maggiormente efficaci e funzionali per sviluppare metodologie finalizzate ad aumentare la produzione dei vaccini e a renderla maggiormente capillare senza che sia necessario destabilizzare il sistema dell’innovazione e con il vero e concreto obiettivo di sviluppare in modello che possa funzionare al meglio sia oggi per combattere la pandemia, sia in futuro per fare fronte a nuove emergenze e per trovare soluzioni condivise ai problemi globali.

Tutto ciò senza togliere nulla alla necessità di rafforzare il programma Covax che ha come obiettivo l’accesso equo ai vaccini anti covid-19, a tal proposito ognuno di noi può dare il proprio contributo per portare i vaccini ovunque donando alla campagna Go Give One della World Health Organization grazie alla quale ognuno di noi può fare una donazione per acquistare uno o più vaccini (ogni vaccino costa circa sette euro) per le popolazioni più povere e così contribuire ad accelerare la fine della pandemia globale (donate!).

@emilabirascid

Photo by Daniel Schludi on Unsplash

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