Digital transformation, è l’ora dei pratical philosopher

Non solo competenze digitali. La digital transformation fa riscoprire alle aziende il bisogno di pensatori, filosofi, creativi, umanisti, non per dare risposte, ma fare domande

Pubblicato il 23 Apr 2018

Mentre lo sviluppo tecnologico indirizza e detta il passo alle imprese e al mercato più di quanto non sia mai accaduto in ogni altra fase storica, un numero sempre maggiore di aziende riscopre e ricerca competenze che niente hanno a che fare con tecnica, numeri e analisi dei dati. È l’ora della riscoperta del pensiero e dei pensatori in azienda, una tendenza che apre le porte delle imprese a filosofi, umanisti e creativi come nuove professionalità da coltivare e sulle quali investire.

Una laurea in ingegneria o un master in economia saranno sempre più competenze imprescindibili per chi vuole costruire una carriera in azienda, anche se essa è una startup, ma ci sarà sempre più spazio anche per i ‘pensatori’, coloro che hanno coltivato e approfondito soprattutto materie umanistiche, come la filosofia o l’arte e che possono aiutare le imprese a crescere coniugando pensiero, etica, sostenibilità e profitto.

Questo accade proprio quando alcuni dei lavori più routinari e ripetitivi sembrano ormai destinati a essere automatizzati e affidati ai robot: nello stesso momento le imprese si riscoprono ‘bisognose’ non solo di professionalità tecniche e scientifiche ma anche di ‘pensatori’ che possano aiutare la crescita di un business attraverso il superamento di crisi e di momenti di difficoltà, l’elaborazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e ambienti di lavoro, l’elaborazione di strategie di responsabilità.

Non ci sarà dunque da stupirsi dunque se in un futuro nemmeno troppo lontano scienziati, robot e filosofi lavoreranno fianco a fianco tra le mura della stessa azienda.

A tratteggiare i confini di questa tendenza è stato anche un recente articolo del Guardian “I work therefore I am: why businesses are hiring philosophers”.

Quello offerto dai “practical philosopher” è un servizio sempre più richiesto dalle imprese e dai manager della Silicon Valley che si trovano nella condizione di prendere decisioni difficili o affrontare momenti di passaggio. E cosa fa esattamente un filosofo in azienda?

“He doesn’t offer solutions; he asks questions that help the client gain fresh perspectives and insight. There’s a focus on critical thinking and examining values to explore what’s right and fair (Non offre soluzioni; pone domande che aiutano il cliente ad acquisire nuove prospettive e intuizioni. C’è un focus sul pensiero critico e l’esame dei valori per esplorare ciò che è giusto ed equo.)”.

Ma cosa c’entra il profitto con la filosofia (e quindi con l’etica)? C’entra, eccome. “The tension is not between philosophy and profit, but between deep wisdom and short-term profit maximisation, instead of long-term sustainable value creation (La tensione non è tra filosofia e profitto, ma tra saggezza profonda e massimizzazione del profitto a breve termine, invece che tra creazione di valore sostenibile a lungo termine)”. Soprattutto per le aziende innovative che grazie alla tecnologia possono registrare una crescita spesso veloce ed esponenziale è essenziale chiedersi se i propri principi siano ancora saldi o se vengano invece sacrificati in nome di una corsa folle al profitto a tutti i costi.

È proprio il pensiero filosofico l’arma che può aiutare le imprese, soprattutto quelle innovative, a coniugare le opportunità di business con i valori aziendali, implementando codici etici nell’organizzazione aziendale o lavorando agli obiettivi di responsabilità sociale d’impresa.

I filosofi in azienda aiutano leader e manager a interrogarsi sul ruolo che giocano i propri prodotti e servizi rispetto al quadro globale, per capire non solo se qualcosa può o meno avere senso o funzionare sul mercato ma anche se ce ne sia o meno il bisogno.

Ecco quindi che in un momento in cui il populismo più conservatore si lascia incantare da tentazioni neoluddiste mentre gli innovatori stanno iniziando a comprendere che anche la più elevata delle automazioni, l’intelligenza artificiale, non sarà mai capace di creatività e visione filosofica quanto una mente umana. In un momento in cui le aziende tecnologiche iniziano a comprendere che è oltre che serve guardare, in un momento in cui gli imprenditori di nuova generazione comprendono con sempre maggiore profondità che a guidare le loro imprese non può e non deve essere solo il desiderio di guadagnare soldi. Ecco è proprio in questo momento che anche il mondo del lavoro ci offre nuove prospettive, ci offre i lavori da sogno come quello di Alyzée Joy Montana Eloi (di cui abbiamo raccontato qui) , e ci offre una nuova visione delle scienze del pensiero umano perché solo così i singoli come le organizzazioni e le aziende possono meglio comprendere i cambiamenti paradigmatici e le implicazioni dell’evoluzione tecnologica e del suo impatto sull’uomo, sulla società, sull’ambiente, sull’economia, sulla storia perché per costruire un bel futuro serve avere un presente consapevole.

@emilabirascid

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