Sistema Paese

Startup e PNRR, ecco tutto ciò che serve sapere

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede una serie di misure a sostegno delle startup che puntano sul digitale, sulla sostenibilità e sulla imprenditoria femminile

Pubblicato il 04 Gen 2022

PNRR e startup

Si parla tanto del PNRR ormai con cifre e dati di ogni sorta. Ma quando si tratta dell’ecosistema delle startup, i numeri sembrerebbero rappresentare diverse incognite, soprattutto in un Piano tanto ambizioso e copioso.

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In questo articolo desideriamo fornire una guida semplice e intuitiva per poter orientarsi all’interno delle sue parti, inerenti all’ecosistema delle startup.

Il piano

Secondo il Presidente del Consiglio Mario Draghi l’economia italiana “deve tenere il passo con gli altri Paesi europei avanzati”. Una premessa che appare la prima spinta finanziaria del Piano, infatti l’andamento della produttività è “molto più lento in Italia che nel resto dell’Europa”: dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2%, mentre in Francia del 21% e in Germania del 21,3%. Tra i motivi dello scarso rendimento italiano relativo alla produttività ci sarebbero:

  • una mancata rivoluzione digitale per colpa delle piccole e medie imprese, spesso lente nell’adottare nuove tecnologie e muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto.
  • calo degli investimenti pubblici e privati, che ha rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e delle filiere produttive.
  • lentezza nella realizzazione di alcune riforme

L’anno di conclusione del Piano è stimato intorno al 2026. È previsto che il Pil aumenterà del 3,6% rispetto all’andamento tendenziale (l’occupazione salirà del 3,2%) e gli investimenti porteranno a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e l’occupazione giovanile, grazie al pacchetto di riforme al suo interno.

Le risorse del PNRR (311,9 miliardi di euro)

Il PNRR, o anche Recovery Plan, è un programma di ripresa temporaneo che punta a recuperare quelle che sono le perdite causate dalla crisi sanitaria ed economica e a creare un’Italia post covid più digitale, verde e capace di fronteggiare le sfide future. Per affrontare la pandemia di covid-19 il Governo ha dovuto affrontare misure restrittive (es. lockdown) che hanno causato solo nella primavera dell’anno scorso una caduta del Pil di circa il 18%. Le risorse impegnate hanno avuto un impatto sull’indebitamento netto di circa 113 miliardi di euro nel 2020 e circa 30 miliardi di euro nel 2021 (143,3 miliardi di euro). A questi bisogna aggiungere altri 32 miliardi di euro che sono oggetto dello scostamento di bilancio: quindi per fronteggiare la pandemia e crisi economica sono stati finora utilizzate risorse che avranno un impatto sull’indebitamento netto di circa 170 miliardi di euro.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è finanziato in larga parte dal programma Next generation EU (233,9 miliardi di euro), noto come Recovery fund (750 miliardi di euro in totale), fondo introdotto dall’UE e finanziato tramite l’emissione dei Recovery bond, titoli comuni europei di debito.

Il programma Next generation poggia a sua volta su 3 linee di finanziamento differenti:

  • Fondi di sviluppo e coesione (FSC) – 14,4 miliardi di euro
  • Pacchetto React-EU – 13 miliardi di euro
  • Dispositivo di Ripresa e Resilienza (RRF) – 196,5 miliardi di euro di cui 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 127,6 di euro in prestiti

per un totale di 223,9 miliardi di euro.

Ora, il Piano può essere finanziato ulteriormente con fondi SIE/PON (6,9 miliardi di euro), FEASR (1,0 miliardi di euro) o con i fondi della programmazione di bilancio 2021-2026 (circa 80 miliardi di euro), per un totale: 311,9 miliardi.

Struttura del PNRR

Il Piano si divide in obiettivi e condizionalità:

  • Obiettivi: transizione digitale ed ecologica Green (driver di crescita).
  • Condizionalità: riforme da attuare per sbloccare i fondi del Next Generation. Il Piano comprende un ambizioso progetto di riforme, quali: pubblica amministrazione (incentiva la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure amministrative), giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza.

I progetti per essere ammessi devono soddisfare le seguenti condizioni:

  • avere piena coerenza con obiettivi del PNRR;
  • impatto positivo su crescita del Pil e crescita occupazionale;
  • i costi e gli impatti ambientali, economici e sociali devono essere quantificabili, motivati e ragionevoli;
  • esplicito legame e coerenza tra riforme e politiche di sviluppo;
  • indicazione delle tempistiche e modalità di attuazione e identificazione chiara del soggetto attuatore;
  • se i progetti in questione vanno a integrare progetti già esistenti devono essere in grado di dare un contributo credibile per rafforzarli;

Il PNRR si divide in 3 Assi, 6 Missioni, 16 Componenti e 48 linee di intervento:

Assi

1) Digitalizzazione e innovazione

2) Transizione ecologica

3) Inclusione sociale

Missioni e Partizione

Missioni Fondi da Next Generation (223,9 mld) Finanziamenti derivati dalla programmazione 2021-2026, SIE/PON

FEASR (80 mld)

Totale
Digitalizzazione 46,3 mld 12,95 mld 59,25 mld
Rivoluzione verde 69,8 mld 9,9 mld 79,7 mld
Infrastrutture 31,9 mld 1,24 mld 33,14
Istruzione e ricerca 28,5 mld 5,54 mld 34,04
Inclusione e coesione 27,6 mld 57,4 mld 85 mld
Salute 19,7 1,03 mld 20,73

Dunque, solo con Next generation (223,9 mld) una quota parte è assorbita dalla Missione 2 Rivoluzione e Transizione ecologica (69,8 mld). Ma se si vanno a integrare i finanziamenti derivanti dalla programmazione 2021-2026 il capitolo di spesa più importante diventa quello della Missione 5 Inclusione sociale (85, mld).

Va sottolineato inoltre che circa il 40% delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno.

Il PNRR e le startup

Di seguito gli investimenti diretti e indiretti previsti nel Piano per le startup innovative e il loro ecosistema (VC, acceleratori, incubatori ecc).

Startup per la digitalizzazione della cultura

Con la Missione 1 Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo (40,29 mld):

  • nella Componente 1 Digitalizzazione, Innovazione e Sicurezza nella PA (9,72 mld), con l’Investimento 1.2 Abilitazione e facilitazione migrazione al Cloud viene stanziato un miliardo per accompagnare la migrazione della PA al cloud, prevedendo un programma di supporto e incentivo al fine di trasferire basi dati e applicazioni. Le amministrazioni potranno scegliere attraverso una lista di provider. Per facilitare un tale processo significativo è creato un team dedicato a guida MITD, incaricato di censire e certificare i fornitori idonei per ogni attività della trasformazione e, successivamente, di predisporre pacchetti/moduli standard di supporto (che ogni PA combinerà a seconda dei propri bisogni specifici). In una logica di vera e propria di “migration as a service” si aiuteranno le amministrazioni nella fase di analisi tecnica e di definizione delle priorità, con risorse specializzate nella gestione amministrativa, nella contrattazione del supporto tecnico esterno necessario all’attuazione e nell’attività complessiva di project management per tutta la durata della trasformazione. È funzionale quindi anche lo sviluppo di un ecosistema di imprese e startup in grado di integrare e migliorare l’offerta e la qualità di prodotti software per la PA.
  • nella Componente 3 Turismo e Cultura 4.0 (6,68 mld) vengono stanziati con l’Investimento 1.1 Strategia digitale e piattaforme per il patrimonio culturale 0,50 miliardi per interventi sul patrimonio “fisico” che saranno accompagnati da un importante sforzo per la digitalizzazione di quanto custodito in musei, archivi, biblioteche e luoghi della cultura, così da consentire a cittadini e operatori di settore di esplorare nuove forme di fruizione del patrimonio culturale e di avere un più semplice ed efficace rapporto con la pubblica amministrazione. Una infrastruttura digitale nazionale raccoglierà, integrerà e conserverà le risorse digitali, rendendole disponibili per la fruizione pubblica attraverso piattaforme dedicate. Sarà inoltre sostenuta la creazione di nuovi contenuti culturali e lo sviluppo di servizi digitali ad alto valore aggiunto da parte di imprese culturali/creative e startup innovative, con l’obiettivo finale di stimolare un’economia basata sulla circolazione della conoscenza.

Startup green

Nella Missione 2 Rivoluzione verde e Transizione ecologica (59,46 mld) per la Componente 2 Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile (23,78 mld) con l’Investimento 5.4 Supporto a startup e venture capital attivi nella transizione ecologica sono stanziati 0,25 mld con l’obiettivo di incoraggiare e stimolare la crescita di un ecosistema di innovazione, con focus particolare sui settori della transizione verde (es. rinnovabili, mobilità sostenibile, efficienza energetica, economia circolare, trattamento rifiuti, batterie ecc), tramite investimenti di venture capital diretti e indiretti. A tal fine, l’intervento prevede l’introduzione di un fondo dedicato (Green Transition Fund, GTF) con strategia di investimento focalizzata sui settori specifici e a copertura delle diverse fasi di sviluppo, con investimenti nei fondi più rilevanti di venture capital con focus green, in startup e incubatori/programmi di accelerazione, affiancando i più rilevanti VC manager e operatori del sistema.

Startup innovative e Centri di ricerca

Nella Missione 4 Istruzione e Ricerca (30,88 mld), nella Componente 2 Dalla Ricerca all’impresa (11,44 mld) sono stanziati:

  • 1,60 miliardi con l’Investimento 1.4 (Potenziamento strutture di ricerca e creazione di “campioni nazionali di R&S” su alcune Key Enabling Technologies) per il finanziamento della creazione di centri di ricerca nazionale, che siano in grado di raggiungere, attraverso la collaborazione di Università, centri di ricerca e imprese, una soglia critica di capacità di ricerca e innovazione. A oggi sono stati individuati un insieme di potenziali centri nazionali su alcune tematiche (simulazione avanzata e big data, ambiente ed energia, quantum computing, biopharma, agritech, fintech, tecnologie per la transizione digitale industriale, mobilità sostenibile, tecnologie applicate e patrimonio culturale, tecnologie per la biodiversità), ma la scelta effettiva avverrà sulla base di bandi competitivi a cui potranno partecipare consorzi nazionali guidati da un soggetto leader coordinatore, anche tenendo conto della mappatura precedente. La struttura dei centri dovrà essere del tipo “hub and spoke”, con le funzioni amministrative centralizzate e quelle di ricerca parzialmente decentralizzate, secondo le competenze delle istituzioni di ricerca parti del consorzio. Elementi essenziali di ogni centro nazionale saranno: a) la creazione e il rinnovamento di rilevanti strutture di ricerca; b) il coinvolgimento di soggetti privati nella realizzazione e attuazione dei progetti di ricerca; c) il supporto alle startup e alla generazione di spin off. La selezione dovrebbe avvenire con appositi bandi, il primo dei quali verrà emanato all’inizio del 2022. La scelta fra le proposte che parteciperanno ai bandi avverrà con modalità analoghe a quelle adottate dall’European Innovation Council.
  • 1,30 miliardi con l’Investimento 1.5 (Creazione e rafforzamento di “ecosistemi dell’innovazione per la sostenibilità”, costruzione di “leader territoriali di R&S”) per gli ecosistemi dell’innovazione, luoghi di contaminazione e collaborazione tra Università, centri di ricerca, società e istituzioni locali che hanno finalità di formazione di alto livello, innovazione e ricerca applicata definite sulla base delle vocazioni territoriali. La misura attuata si concretizza attraverso il finanziamento entro il 2026 di 12 “campioni territoriali di R&S” (esistenti o nuovi) che verranno selezionati sulla base di apposite procedure competitive, con attenzione alla capacità di promuovere progetti di sostenibilità sociale. Ogni progetto dovrà presentare i seguenti elementi: a) attività formative innovative condotte in sinergia dalle Università e dalle imprese e finalizzate a ridurre il mismatch tra competenze richieste dalle imprese e competenze fornite dalle università, nonché dottorati industriali; b) attività di ricerca condotte e/o infrastrutture di ricerca realizzate congiuntamente dalle Università e dalle imprese, in particolare le PMI, operanti sul territorio; c) supporto alle startup; d) coinvolgimento delle comunità locale sulle tematiche dell’innovazione e della sostenibilità.
  • 0,30 miliardi con l’Investimento 3.2 (Finanziamento di startuup) integrando alle risorse del Fondo Nazionale per l’Innovazione, lo strumento gestito da Cassa Depositi e Prestiti, per sostenere lo sviluppo del venture capital in Italia. Attraverso questa iniziativa, implementata dal MiSE, sarà possibile ampliare la platea di imprese innovative beneficiarie del Fondo, finanziando investimenti privati in grado di generare impatti positivi e valore aggiunto sia nel campo della ricerca sia sull’economia nazionale. L’investimento consentirà di sostenere 250 piccole e medie imprese innovative con investimenti per 700 milioni di euro (partecipazione media pari a 1,2 mln di euro).

Startup al femminile

Nella Missione 5 Inclusione e Coesione (19,85 mld), nella Componente 1 Politiche per il lavoro (6,66 mld), con l’Investimento 1.2 Creazione di imprese femminili sono stanziati 0,40 miliardi per innalzare i livelli di partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. In particolare, il progetto è volto a: promuovere l’imprenditoria femminile; sostenere la realizzazione di progetti aziendali innovativi per imprese già costituite e operanti a conduzione femminile o prevalente partecipazione femminile; sostenere l’avvio di attività imprenditoriali femminili attraverso la definizione di un’offerta che sia in grado di venire incontro alle necessità delle donne in modo più puntuale (es. misure per la conciliazione vita-lavoro, ecc.); creare un clima culturale favorevole ed emulativo attraverso azioni di comunicazione mirate che valorizzino l’imprenditorialità femminile, in particolare, presso scuole e università.

Dal punto di vista operativo sarà creato e messo a regime il Fondo Impresa Donna a sostegno dell’imprenditoria femminile che rafforzerà finanziariamente:

  • Una serie di misure già esistenti come NITO e Smart&Start (la prima misura supporta la creazione di piccole e medie imprese e autoimprenditoria, la seconda supporta startup e PMI innovative) i cui schemi saranno modificati e calibrati per dedicare risorse specificatamente all’imprenditoria femminile
  • Il nuovo Fondo per l’imprenditoria femminile (previsto dalla Legge di Bilancio 2021).

Vantaggi e svantaggi

Lo svantaggio più importante riguarda la sostenibilità del debito pubblico italiano. Infatti i soldi del PNRR sono prestiti che saranno contabilizzati come nuovo debito e ad aggiungere a uno stock già importante che se letto in rapporto al Pil nel 2020 è stato pari al 158%. Il debito potrà essere sostenibile forse se la Banca centrale e l’euro sistema smetterà di acquistare su larga scala il debito italiano. Certo è che il debito pubblico continuerà a essere sottoscritto e sostenibile se utilizzato a fini produttivi, ovvero se considerato “debito buono”, in grado di farci fare un salto di qualità, anche perché i bassi tassi di interesse non sono di per sé garanzia di sostenibilità, ma la percezione della qualità del debito contratto è altrettanto importante. È proprio quel “Resilienza” messo alla fine del nome a essere una spia linguistica che fa riflettere: non si può interpretare pensando di tornare a quelli che eravamo prima della pandemia. Bisognerà essere in grado di portare il Paese su una crescita più robusta e, soprattutto, duratura rispetto a quella del 2019. (Photo by Christian Lue on Unsplash )

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