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Startup e sostenibilità, tutto quello che bisogna sapere per il 2024

Da diverso tempo si parla del rating di sostenibilità obbligatorio che le PMI innovative dovrebbero adottare nel 2024. E ora parrebbe anche per le startup

Pubblicato il 19 Dic 2023

In questo articolo di qualche tempo fa era stata fatta chiarezza sulla normativa europea che vede i fattori legati alla sostenibilità entrare finalmente nelle metriche, documenti e regolamenti aziendali: i fattori ESG.

La notizia di qualche giorno fa che vede la CSDDD essere stato trovato un accordo tra i negoziatori della Commissione europea (scorso 14 dicembre) potrebbe nuovamente confondere diversi imprenditori che si stanno adoperando nel dichiarare gli obiettivi per il prossimo anno.

Indice degli argomenti

La DNF

Il primo atto da considerare che identifica i fattori ESG è la direttiva 214/95/UE (NFRD) recepita in Italia con il Dlgs 254/16, ovvero una rendicontazione che obbliga le aziende ad adottare una informativa non finanziaria (DNF) di carattere ambientale, sociale (relazioni con i consumatori e collettività di riferimento), di gestione del personale, di tutela dei diritti umani e di lotta alla corruzione per un target di grandi imprese quotate e banche e assicurazioni quotate e non quotate.

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L’autorità ha conformato quindi ai temi ambientali i principi di corporate social responsability ovvero le linee guida dell’OCSE sulle imprese e i diritti umani.

Quindi la DNF riguarda solamente gli enti di interesse pubblico, come banche o assicurazioni, a prescindere dalla dimensione, e le aziende quotate, con almeno 500 dipendenti e uno stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro o un fatturato superiore a 40 milioni di euro. Per le PMI non quotate e le microimprese e startup la dichiarazione non è invece un obbligo.

La CSRD

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è la recente proposta della Commissione per una direttiva sul reporting di sostenibilità delle imprese (CSRD), che rivede la NFRD, e dunque una sua evoluzione: verrebbe esteso l’ambito di applicazione a tutte le società di grandi dimensioni e a tutte le società quotate in borsa, richiedendo l’audit (assurance) delle informazioni riportate e rafforzando così la standardizzazione delle informazioni riportate dando alla Commissione il potere di adottare standard di reporting di sostenibilità. Questo perché attualmente sull’argomento c’è un vero e proprio greenwhasing: a oggi anche a livello europeo vi è un’eccessiva semplificazione delle tematiche ESG, come nelle terminologie, per esempio quella di “investimenti sostenibili” che finora ha lasciato spazio all’interpretazione, con conseguenti implicazioni per il mercato. La CSRD ridurrebbe l’ambiguità della terminologia ESG e la loro educazione e comparabilità nel mercato.

Per “grandi dimensioni” si intendono quelle aziende che dal 1° gennaio 2025 alla data di chiusura dell’esercizio, superano 2 dei seguenti 3 criteri: 20 milioni di euro di totale dell’attivo, 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui; mentre dal 1° gennaio 2026 riguarderà anche le PMI quotate.

La CSDDD

La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) è la direttiva sulla responsabilità delle imprese in materia di ambiente e diritti umani. Questa direttiva in particolare integra la CSRD. La CSDDD riguarda la catena di fornitura delle aziende, anche se si trovano fuori dall’Unione Europea. La direttiva obbliga le aziende ad assumersi la responsabilità delle loro azioni sia per gli impatti che avvengono nel territorio UE sia al di fuori dell’UE. Se è vero che anche la CSRD implica gli impatti nella catena di fornitura, è comunque abbastanza generica in merito, mentre la CSDDD è molto più dettagliata sulle azioni che le aziende devono intraprendere. Una volta approvata, gli Stati membri avranno due anni per recepire la direttiva nella legislazione nazionale. Dopodiché, le imprese saranno tenute ad attuare i requisiti entro il 2026, in base al tipo di azienda.

Il CSDDD si applicherà solo alle aziende con più di 500 dipendenti e un fatturato annuo globale superiore a 150 milioni di euro.

Per alcuni settori a rischio come tessile, agricoltura, produzione alimentare, commercio di risorse minerarie, costruzioni, il limite è invece più basso: aziende con oltre 250 dipendenti e con fatturato superiore a 40 milioni di euro se almeno 20 milioni sono generati in uno dei settori sopra citati rientreranno nel campo di applicazione della direttiva.

ESRS volontario

Per andare in contro a ogni ragionevole dubbio sull’obbligo di rendicontazione e verso l’adozione volontaria dell’adeguata informativa di sostenibilità da allegare al bilancio, l’8 novembre 2023, l’EFRAG sustainability reporting ha pubblicato il draft del principio di rendicontazione di sostenibilità “ESRS volontario” per le micro imprese come startup e PMI non quotate. È uno standard che possono adottare quelle aziende non soggette all’obbligo della Direttiva UE 2022/2464 (CSRD), in vigore dal 5 gennaio 2023.

È sicuramente un’ottima notizia, in quanto, anche se si tratti di un draft, essendo in linea con i principi della CSRD, permetterà nel 2024 a quelle aziende, come le startup, esenti dall’obbligo, di aderire comunque alla rendicontazione di sostenibilità, utile poter lavorare e operare con le grandi imprese soggette a tale obbligo e che saranno obbligate a richiedere un reporting a tali startup in merito ai rating di sostenibilità adottati. (Foto di Photo Boards su Unsplash )

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