Europa

State of European tech, investimenti a 121 Mld$, valore totale a 3mila Mld$

L’edizione 2021 del report The State of European Tech di Atomico mette in luce la crescita convincente sia dei numeri sia della fiducia del settore tech in Europa

Pubblicato il 08 Dic 2021

L’appuntamento più importante che consente di tastare il polso dell’industria tech europea è la presentazione del report di Atomico realizzato insieme a Slush e Dealroom. Si chiama The State of European Tech e quest’anno è stato presentato nel corso di un evento online che si è tenuto il 7 dicembre 2021 e che ha visto oltre duemila persone collegate. Un evento che non si è limitato a presentare i dati ma che ha approfondito alcuni degli aspetti chiave dell’ecosistema tech europeo intervistando investitori, imprenditori, policy maker. Ma andiamo per ordine, partiamo dai dati.

Il numero ‘primo’ da conoscere è 121 che sono i miliardi di dollari investiti nelle startup europee nel 2021 (per comodità ricordiamo ai lettori che in Italia la cifra totale degli investimenti in startup nell’anno che sta per finire ha toccato quota 1,461 miliardi di euro ). Il valore di 121 miliardi di dollari significa quasi tre volte ciò che fu investito nel 2020 e oltre 10 volte ciò che fu investito nel 2015, il primo anno in cui il report Atomico fu pubblicato.

investimenti startup europa 2021
Il secondo numero da conoscere è tre bilioni di dollari (triliardi nella scala anglo sassone), ovvero tremila miliardi di dollari, ed è il valore dell’intero settore tech in Europa. Un valore che è triplicato tra il 2018 e il 2021. Il terzo numero da guardare per avere il polso dimensionale della crescita dell’ecosistema europeo è quello del numero di unicorni – quindi aziende che valgono più di un miliardo di dollari (o euro) – e di decacorni – aziende che valgono più di 10 miliardi di euro (o dollari) -: 98 sono gli unicorni sbocciati nell’anno e i decacorni sono raddoppiati diventato oggi 26.

Ma il report di Atomico non è solo numeri, durante l’anno infatti viene diffuso un questionario che chiede a persone attive nell’ecosistema di rispondere a una serie di domande anche di tipo qualitativo: una di queste domande, a mio avviso la più significativa, è relativa alla percezione che si ha dell’Europa in termini di fiducia sulla sua capacità di essere e diventare sempre più forte e giocare un ruolo a livello globale, un valore che si è rivelato positivo per il 75% di coloro che hanno risposto al questionario, era il 37% un anno fa, solo il 20% ha risposto che non vede grandi cambiamenti (era il 48% un anno fa), e solo il 5% si è dichiarato pessimista contro il 15% di un anno fa. La fiducia e l’ottimismo crescono quindi paralleli ai numeri e le due cose sono imprescindibili perché certamente i numeri positivi creano maggiore fiducia ma altrettanto certamente solo se vi è ottimismo, voglia di fare, stimoli, territori fertili si possono creare cose che poi generano la crescita dei numeri.

Vediamo altri numeri (il report completo è consultabile qui ), il totale del valore delle exit è pari a 275 miliardi di euro, di cui 140 generati da aziende che sono cresciute grazie al supporto dei venture capital, mentre è interessante anche segnalare come l’Europa oggi ospiti il 33% di tutti i deal di valore fino a 5 milioni di dollari siglati nel mondo, una percentuale che scende al 27 quando si tratta di deal con valore compreso tra i 5 e i 10 milioni di dollari e al 18% se si analizza il totale del capitale investito nel mondo, in tutti i tre i segmenti sono ancora gli Usa a guidare la classifica.

Come detto nel corso dell’evento di lancio del report Atomico ha organizzato anche una serie di interviste, la prima è stata con Wolt, azienda finlandese che si è resa protagonista di una exit del valore di 8 miliardi di dollari il cui co-fondatore e Ceo Miki Kuusi ha sottolineato come la storia della sua azienda dimostra in modo netto che si possono creare grandi aziende tecnologiche anche in Europa, in ogni parte d’Europa, e che non è più una questione appannaggio della sola Silicon Valley, insieme a lui nell’intervista condotta da Ilkka Paananen, Ceo di Supercell, anche Marianne Vikkula e Riku Mäkelä, rispettivamente responsabile per i nuovi mercati e Coo dell’azienda, nonché entrambi membri del board di Slush di cui Mäkelä è stato anche il Ceo. C’è stata poi la conversazione con Karl Lokko, co-fondatore di BlackSeed, fondo di venture capital che investe in imprenditori di colore, il quale ha enfatizzato come l’Europa può e deve differenziare il suo settore tech creando opportunità per imprenditori liberandosi di ogni possibile discriminazione di qualsiasi tipo. Ciò vale anche per le questioni di genere come ha messo in luce la conversazione tra Janneke Niessen, investitrice e attiva a supporto dell’imprenditorialità femminile, e Corinne Vigreux che è stata la prima co-fondatrice donna di un unicorno europeo, l’azienda Tom Tom di cui è oggi Cmo. Le due investitrici che parlavano da Amsterdam hanno anche sottolineato come i Paesi Bassi siano oggi uno dei terreni maggiormente fertili in Europa per lo sviluppo di aziende tecnologiche e hanno enfatizzato la grande importanza della formazione che deve essere sempre più allineata con le esigenze del cambiamento tecnologico. Sebastian Siemiatkowski, co-fondatore e Ceo di Klarna, la fintech europea che nel 2021 è cresciuta a ritmi impressionanti, ha raccontato a Niklas Zeenström di Atomico come il settore fintech sia oggi quello che in Europa sta sviluppandosi a ritmi più sostenuti e come sia capace di attirare grandi capitali ed è pertanto importante che questo specifico filone di innovazione continui a essere sostenuto sia a livello finanziario, sia di normative, sia di mercato. L’ultima delle interviste ha visto protagonista l’ex primo ministro britannico Tony Blair che ha risposto alle domande di Linda Griffin la quale è, tra le tante cose, anche co-fondatrice della European Tech Alliance, partendo da un refrain che viene spesso citato quando si pensa all’ecosistema tech europeo: il ruolo delle normative, la frammentazione regolatoria e le dinamiche geopolitiche che rendono il vecchio Continente un ambito meno omogeneo di quanto per esempio sono gli Usa. Si tratta di trovare un equilibrio sempre più raffinato tra chi definisce le regole e chi sviluppa l’innovazione, bisogna lavorare per fare dialogare i due mondi in modo continuo e permanente perché le tecnologie stanno cambiando ogni aspetto della nostra vita e quotidianità e perché non si può fare come accadde con la rivoluzione industriale quando i policy maker impiegarono troppo tempo per comprendere la portata del cambiamento. Oggi l’Europa ha dimostrato già di essere il contesto più abile nel mondo a definire un equilibrio tra i cosiddetti ‘shaper’ e i cosiddetti ‘maker’, tanto che in molte altre parti del mondo si fa sempre più spesso riferimento alle normative europee quale modello da adottare. Ciò non toglie però che è sempre più importante, anche alla luce dei numeri emersi dal rapporto di quest’anno, continuare a migliore il framework per contribuire a rendere l’Europa sempre più competitiva.

L’evento, condotto da Sarah Guemouri e Tom Wehmeier di Atomico si è rivelato una finestra aperta sullo scenario tech europeo che partendo dai numeri ha voluto approfondire le specificità, le caratteristiche che lo rendono unico e sempre più interessante anche per imprenditori e investitori internazionali perché capace di coniugare la capacità di realizzare imprese che producono business e risultati finanziari con l’attenzione verso aspetti come la lotta alle discriminazioni, l’attenzione all’ambiente e alla società, e, appunto, la continua ricerca dell’equilibrio tra sviluppo innovativo e normative.

Infine il report avanza anche alcune proposte per rendere più efficace quello che è stato definito come l’European tech flywheel, il volano che si è innescato e che ora è fondamentale continuare a fare girare al massimo per consolidare e accelerare il processo di crescita e fare dell’Europa una potenza globale anche quando si tratta di tecnologie e innovazione.

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